di Dario Ronzoni per “www.linkiesta.it”
Non era un padre amorevole. Come marito era pessimo. La maggior parte del tempo la dedicava (lavoro a parte) a bere e alla cura delle api.
Alois Hitler, padre di Adolf, morì a 65 anni nel 1903 e non poté mai sapere cosa sarebbe diventato suo figlio. Ma, in modo indiretto, ne fu in gran parte responsabile. È quello che sostiene Roman Sandgruber nel suo “Hitlers Vater” (Molden), testo basato su alcuni documenti inediti che permettono di gettare nuova luce su un personaggio di cui si sa ancora poco.
Si tratta di 31 lettere che sono state affidate allo scrittore dalla pronipote di Josef Radlegger, costruttore stradale e amico del padre di Hitler. Fu lui a vendergli la tenuta di Hafeld, dalle parti di Lambech.
Nelle carte si discute di questioni burocratiche, di pettegolezzi di paese, ma anche delle incombenze quotidiane. Tutte note preziose per fare luce su uno degli aspetti meno noti della vita del Führer, gli anni dell’infanzia.
Secondo Sandgruber, il figlio avrebbe ereditato i tratti meno piacevoli della personalità del padre. Arroganza, autoritarismo, cocciutaggine, eccesso di autostima. Ma anche opinioni radicate come l’odio verso la religione, il disprezzo per l’autorità e per la nobiltà. E, soprattutto, l’antisemitismo.
Alois Hitler non era una persona gradevole. Collerico, duro, non spiritoso, visse sempre con difficoltà il fatto di essere nato figlio illegittimo (il suo cognome di origine, Schiklgruber, era quello della madre) e senza una istruzione reale. Entrò nell’esercito e trovò lavoro come guardia di frontiera dell’Impero asburgico. Un mestiere che lo obbligò a diversi trasferimenti nella sua vita, cui corrispose un più alto numero di relazioni, coniugali ed extraconiugali.
Si sposò tre volte: la prima a 36 anni, con Anna Glassl, cinquantenne benestante. Non ebbero figli. Dopo una separazione (causata dai continui tradimenti dell’uomo), si risposò con Franziska Matzelberger, una cameriera, con cui ebbe due figli. Rimasto vedovo, si sposò infine con Klara Pölzl, con cui aveva già avuto una relazione e che, dopo il cambio di cognome, era diventata sua lontana parente.
«Come padre, come marito, come persona, fu un fallimento», spiega Sandgruber. «Era rimasto senza amici e senza una vera casa». Coltivava aspettative velleitarie, era duro sull’arido lavoro da burocrate. A casa urlava con i figli e quasi non parlava con la moglie. L’unica cosa che lo rilassava erano le api.
Adolf lo temeva, ma al tempo stesso lo venerava. «Si nota quasi una forma di imitazione del padre», continua lo scrittore. Il figlio ne copia la firma, riprende lo stile di scrittura. Assorbe anche la diffidenza – anzi, il disprezzo – nei confronti dell’educazione scolastica e la sicurezza nell’essere un autodidatta.
Tra le scoperte, si nota che la madre di Hitler non era remissiva quanto si è sempre pensato. «Non era affatto poco istruita e non era certo sottomessa al marito», scrive Sandgruber. Al contrario, nelle lettere compare come una donna sveglia, desiderosa di essere considerata nelle decisioni da prendere. «Le piace essere impegnata», scriveva Alois. «Ed è brava nel tenere la casa».