La ricerca di Louis Hambis sul popolo asiatico riproposta nel nuovo libro di Iduna
di Michele Salomone da Barbadillo del 15 giugno 2022
Quando si parla dei Mongoli, i più identificano il detto popolo esclusivamente con l’epoca e l’epopea di Gengis Khan (1155-1227), il guerriero dei guerrieri, il conquistatore e predatore, colui che creò dal nulla un Impero divenendone Sovrano incontrastato. Considerato mito nazionale, grazie a lui i Mongoli divennero un’entità che per secoli condizionò la politica di tutta l’Eurasia. La cavalleria mongola – giusto per fare un esempio – anche dal punto di vista bellico, fu una delle più potenti al mondo. Ma sarebbe alquanto capzioso ridurre la Storia dei Mongoli alla solo epoca in cui ha imperversato Gengis Khan e periodi successivi.
Per il francese Louis Hambis (1906–1978), esperto di storia e civiltà dell’Asia, i Mongoli hanno avuto una radice ed una identità ben pre-esistente all’epoca di Gengis Khan. Secondo gli studi e le ricerche portate avanti nel corso degli anni dal noto accademico, i Mongoli di Gengis Khan furono «parte di un insieme di fatti le cui origini si perdono nella preistoria». Hambis lo documenta compiutamente ne «I Mongoli», libro di recente pubblicato da Iduna di Sesto San Giovanni.
Siberia ed Asia sono i teatri geografici dai quali, secondo l’autore, fin dalla preistoria si sono verificati movimenti di popoli da occidente ad oriente e da settentrione a meridione. L’incontro-scontro fra le culture «preistoriche» e quelle «più evolute», protrattosi nel tempo, fece emergere i Mongoli le cui origini sarebbero da ricercare fra gli Shih-wei, nel periodo 386-534, quindi in un’epoca di gran lunga antecedente a quella in cui troneggiò Gengis Khan. Dallo studio si può quindi intuire che, al di là delle indiscutibili doti di Gengis, i successi del conquistatore devono essere trovati anche nelle antichissime radici culturali ed identitarie del popolo Mongolo risalenti appunto alla preistoria ed epoche successive, come acutamente descritto dal professor Hambis.
Certo, non è stato facile il lavoro di ricerca ed analisi portato avanti nel corso degli anni dallo studioso francese anche perché, trattandosi di eventi alquanto remoti, non è stato agevole il reperimento di documenti e notizie riguardanti un popolo antichissimo privo, almeno inizialmente, tra l’altro, di una propria scrittura.
L’opera, non tralasciando gli aspetti religiosi, delinea pertanto il percorso dei Mongoli fino al recente passato. Apprezzabile è infine l’onestà intellettuale di Louis Hambis che, in epoca non sospetta – è morto nel 1978 – tiene a precisare che la visione dei fatti potrebbe «venir modificata dalle future ricerche archeologiche, storiche, linguistiche».