Laurence Rees: “Accusare l’avversario di fascismo è pigrizia e ignoranza”

I più letti

Laurence Rees, storico britannico: “La gente definisce ‘fascisti’ i propri nemici perché è pigra e priva di istruzione”. Il britannico pubblica uno studio in cui, dopo aver esaminato “Nella mente nazista”, sottolinea dodici avvertimenti della storia: “Vediamo i valori di Hitler ovunque”

    Julián Herrero da La Razon del 7 ottobre 2025 – traduzione SiR

    Il nuovo libro di Laurence Rees pubblicato in Spagna è segnato da un incontro, quello che lo storico britannico ha avuto con un ex membro delle Waffen SS. Nulla corrispondeva a ciò che aveva in mente. Da lì sono scaturite una serie di domande e indagini che hanno portato alla realizzazione di questo «En la mente nazi», edito da Crítica [per l’Italia “La mente nazi”, Bompiani NdR].

    – Cosa è cambiato in lei?

    – Ho smesso di fidarmi dei pregiudizi. Era molto diverso da come lo immaginavo. Mi sembrava intelligente, aveva senso dell’umorismo e aveva svolto un lavoro molto importante dal quale si era appena ritirato, eppure, quando parlava di questi temi della guerra, era come se si trattasse di una realtà parallela. Non mi aspettavo nulla di simile. Mi aspettavo che dicesse: “Mi dispiace moltissimo. È stata una cosa terribile. Agivamo tutti sotto ordine…”, ma non era affatto così… Questo è il mito popolare di cui avevo sentito parlare. E l’ironia è che quando ho iniziato a conoscere persone che facevano parte della polizia segreta di Stalin e che avevano commesso atrocità, davano la stessa risposta, assicuravano che se non avessero commesso quegli atti avrebbero sparato loro. A quel punto è emersa una questione umana sulla mentalità che era alla base di tutto questo: com’è possibile che queste persone abbiano commesso alcune delle atrocità più terribili della storia, se non le più terribili, e pensassero di aver fatto la cosa giusta?

    – E incontra spesso negazionisti delle questioni che ci occupano oggi?

    – Sono ovunque. Ma la cosa interessante è che lui non era un negazionista dell’Olocausto. Non negava che tutto questo fosse successo. Aveva semplicemente un modo del tutto fantasioso di interpretarlo. E non è affatto raro, ad esempio Rudolf Hess. È un modo di affrontare gli eventi per assolversi dalla colpa. La sua visione dell’Olocausto diventa una follia: «Siamo coraggiosi perché abbiamo riconosciuto che gli ebrei erano il problema». Non c’era una negazione, è come una reinterpretazione radicale. Oggi vediamo che molti politici semplicemente negano le cose, ma fanno anche questa reinterpretazione radicale di ciò che accade.

    – Quali valori del nazismo ritrova oggi?

    – Ovviamente l’antisemitismo, ma anche il razzismo, la rabbia, la violenza nazionalista, la convinzione che la democrazia abbia fallito, il desiderio di distruggere i diritti umani per infrangere lo Stato di diritto e per distruggere la libertà dei giornalisti di scrivere ciò che pensano.

    – Quando le persone hanno ricominciato a vantarsi del loro razzismo?

    – Il nazismo è nato da una crisi, dalla sconfitta nella prima guerra mondiale e in particolare da una tremenda crisi economica. Anche dal fallimento della democrazia nell’affrontare i problemi che affliggevano gran parte della popolazione. Sia l’antisemitismo che il razzismo possono rimanere latenti per molto tempo e poi riemergere. Lo abbiamo visto in Bosnia durante le guerre jugoslave: persone che avevano convissuto felicemente per anni indipendentemente dal loro background etnico o religioso, in una situazione di crisi hanno immediatamente ripreso a manifestare il loro razzismo.

    – E quali sono i pericoli di unificare gli “altri” sotto l’etichetta di “fascisti”?

    – È molto più facile odiare l’altro che entrare in qualsiasi tipo di dialogo. Hitler disse a metà degli anni ’20, e mi sembrò molto rivelatore, che l’odio è l’unica emozione stabile. L’odio può unire le persone quasi più di qualsiasi altra emozione. La gente usa la parola “fascista” o ‘nazista’ per descrivere i propri nemici perché sono pigri e privi di istruzione, ma a parte questo, è perché chiamare qualcuno “nazista” è lo standard di riferimento del male. Un modo abbreviato per dire “sei incredibilmente cattivo”. E questo mi fa impazzire perché ovviamente oggi nessuno è nazista perché il partito, il NSDAP, non esiste più. Non puoi chiamare qualcuno il prossimo Hitler perché tutta la struttura genetica e le circostanze sono scomparse, non ci sono più, quindi nessuno può tornare ad essere Hitler. I suoi valori li vediamo ovunque, ma nessuno è nazista.

    –Con questo saggio è riuscito a capire la mente nazista?

    –Non mi riferisco a una grande mente nazista. Non tutti i nazisti erano d’accordo su ciascuno di questi punti, ma tutti o quasi tutti sottoscrivevano i primi due punti perché le teorie del complotto erano cruciali, così come lo era il punto “noi contro loro” con il tema del razzismo e dell’antisemitismo. La mente nazista è la mente umana e questo per me è importante.

    –All’epoca le teorie del complotto erano cruciali, ma attualmente sono in aumento: aerei che ci irrorano, la Terra è piatta…

    –È terrificante. Tutto è legato all’odio verso gli esperti. È una delle cose interessanti che ho notato durante il Covid, che la gente ha iniziato a usare il termine “esperto” come se fosse un insulto. È curioso perché immagina di avere un cancro: vorresti essere curato da qualcuno che non ha molta idea di questa malattia o da qualcuno che ha passato tutta la vita a cercare di capirla? Questo rifiuto ha a che fare con l’assurdità che sta fiorendo. Personalmente, non entro nei social network perché tutti i negazionisti dell’Olocausto, che non si definivano tali, ma “scettici”, hanno iniziato a perseguitarmi online. Una parola che ho iniziato a trovare molto sospetta. Non cercano di capire, vogliono solo un meccanismo per sostenere il pregiudizio che già hanno. E allora mi sono arreso. Parlare con uno scettico dell’Olocausto sarebbe come farlo con qualcuno che crede che la Terra sia piatta: potresti portarlo su un razzo e mostrargli che il mondo è rotondo e lui ti direbbe “quante cose folli è capace di fare la CIA per convincermi”.

    –E cosa significa che questi “troll” siano passati dai social network ad alcuni governi?

    –I politici dipendono dai voti e molta gente della popolazione sostiene questo tipo di cose. Se una teoria cospirativa si diffonde molto, è difficile essere eletti se ti alzi e dici che quello che stanno dicendo è una sciocchezza. Non voglio dire che i politici mentano deliberatamente per abbracciare queste idee, ma forse non adottano le posizioni che dovrebbero adottare. È possibile che cerchino di mitigare ciò che dicono le teorie del complotto. Per me questo è il problema più grande che c’è. Perché credo che gli esseri umani abbiano una predisposizione alle teorie del complotto.

    –Abbiamo complottisti alla guida della sanità negli Stati Uniti, per esempio.

    –La mia famiglia mi dice che il mio problema è che sono troppo pessimista e che dovrei essere più ottimista. Sono stato a Washington un paio d’anni prima dell’insurrezione al Campidoglio e lo vedevo come un esempio. Ero ottimista… e guarda cosa è successo. Neanche nei miei peggiori incubi avrei potuto immaginare che sarebbe successo qualcosa del genere. Il problema è che siamo troppo compiacenti nei confronti delle istituzioni che ci circondano. L’unica risposta a questo è la vigilanza. Se vivi in una democrazia sei fortunato, e se non la proteggi può scomparire.

    –Il problema dei giovani, dove crescono i sostenitori delle cospirazioni, è quello di dare per scontati i diritti con cui sono nati?

    –Assolutamente sì. Ma insieme ai diritti arrivano anche le responsabilità. Quello a cui stiamo assistendo in molti paesi è una sorta di erosione interna della democrazia. Presto molta attenzione alla libertà dei giornalisti e al modo in cui vengono scelti i giudici. La gente non capisce la grande fortuna che è vivere in democrazia, né quanto siano fragili e quanto rapidamente possano scomparire. Questo è ciò che mi preoccupa enormemente.

    –Come vede il futuro dell’Europa, considerando la sua risposta ai problemi che la circondano, come la guerra in Ucraina, i dazi, il conflitto israelo-palestinese…?

    –Non mi azzardo a parlare di politica europea. L’unica cosa che posso dire è che bisogna iniziare dalle piccole cose. Bisogna mantenere un certo livello di vigilanza perché il diritto di protestare e manifestare è una cosa che è molto facile togliere alla gente.

    LASCIA UN COMMENTO

    Per favore inserisci il tuo commento!
    Per favore inserisci il tuo nome qui

    - Advertisement -

    Ultimi articoli

    Dopo 360 anni ecco il nome della “Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer

    Risolto il mistero de “La ragazza con l'orecchino di perla”: rivelata la vera identità della modella del dipinto di...
    - Advertisement -

    Articoli simili