Nella mia recente biografia La Regina Vittoria mi sono proposto di mostrare che questa appassionata regina non era affatto puritana, ma assolutamente capace di «deliziarsi». Un’ampia conferma di questo punto di vista arriva da Buckingham Palace con la mostra «Victoria and Albert Passionate Patrons: Art and Love». (Vittoria e Alberto mecenati appassionati: arte e amore), aperta fino a ottobre nella Queen’s Gallery.
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di Richard Newbury da La Stampa del 30 marzo 2010
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Vittoria e Alberto avevano avuto entrambi un’infanzia difficile. Vittoria aveva perso il padre a otto mesi e per tutta la vita avrebbe cercato figure paterne. In più sua madre e il suo amministratore – e amante – Sir John Conway cercavano di dominarla psicologicamente, sperando di accedere alla Reggenza. Fino al momento in cui divenne Regina, ad appena 18 anni, riuscendo a evitare la Reggenza per poche settimane, Vittoria non solo aveva sempre dormito nella camera di sua madre, ma non era mai uscita non accompagnata. Le sue prime parole, diventata regina, furono: «Finalmente sola!». Alberto, secondogenito del Duca Ernesto di Sassonia-Coburgo, era di tre mesi più giovane di Vittoria. Aveva una madre briosa che, non reggendo più le ripetute infedeltà del marito, aveva cercato consolazione nel ciambellano di Corte, il barone von Mayern. Quando Alberto aveva cinque anni i genitori divorziarono e lui non rivide mai più sua madre. Ebbe allora tentazioni suicide, come raccontò una volta a sua figlia Vittoria. La madre sposò l’amante e alcuni arrivano a pensare che Alberto, così sognatore e poetico, così poco Coburgo nel suo amore per le arti, fosse suo figlio.
L’analogia delle loro infanzie fece sì che Vittoria e Alberto cercassero la stabilità nella famiglia e nella fedeltà sessuale. Questo significò una famiglia numerosa – nove figli in 17 anni, una quantità di gravidanze che Vittoria patì molto – ma anche una vita sessuale entusiasmante. La ragazzina malinconica era stata capace di scegliere il più perfetto principe azzurro in quello che Bismarck chiamava «l’allevamento di stalloni d’Europa»: i Sassonia Coburgo.
Fu amore a prima vista. «Alberto è davvero molto affascinante e incantevole, con gli occhi azzurri e un naso squisito e una bocca così bella con i suoi baffetti delicati e poi leggere, leggerissime basette; una figura magnifica, spalle larghe e vita sottile; il mio cuore batte. Balla così bene e ha un aspetto davvero spettacolare». Notò pure le sue cosce muscolose dentro «stretti calzoni di cashemere (con niente sotto) e stivali alti». Quattro giorni più tardi fu lei a fargli la proposta di matrimonio perché era sicura che lui «non si sarebbe mai preso la libertà» di chiedere in moglie una Regina.
«Carissimo, adorato Alberto, io prego giorno e notte di poter essere sempre più degna di te, carissimo, carissimo Alberto», scriveva questa donna testarda, caparbia, ostinata, imperiosa, che ancora si struggeva per una figura paterna. La prima notte di nozze lo stallone si comportò magnificamente, come la fioritura di sottolineature, doppie sottolineature e lettere maiuscole nel diario di lei cerca di esprimere. È tutta una «beatitudine oltre ogni immaginazione», tutto è «gratificante e sbalorditivo al massimo». Tuttavia, quando Alberto espresse il desiderio di prolungare di due giorni la loro luna di miele, lei replicò: «Dimentichi, mio carissimo amore, che io sono la sovrana e che il lavoro non si ferma ad aspettarmi».
Questo inevitabile scontro di ruoli istituzionali nella monarchia e nel matrimonio si sarebbe risolto attraverso il linguaggio dell’arte, della musica e del teatro, che unirono Venere e Marte, l’aspetto sensuale e quello intellettuale. La splendida mostra di Buckingham Palace, carica di intimità, documenta come l’Arte – pittura, antichi maestri, disegno, architettura – fosse l’unico linguaggio che Vittoria e Alberto parlavano su un piano di parità, il solo capace di far quadrare il cerchio del loro matrimonio. Vittoria e Alberto si offrivano reciprocamente in dono opere d’arte. Per i suoi 24 anni lui ricevette «il dipinto segreto» della regina Vittoria, da appendere nel suo spogliatoio come «quadro preferito del mio caro Alberto»: lei in déshabillé, appoggiata a un cuscino cremisi, i capelli sciolti, le spalle nude, in una posa molto intima e seducente. Per i 23 anni di Vittoria, lui fece fare dallo scultore prussiano Emil Wolf una statua in marmo di se stesso raffigurato come guerriero greco, con un gonnellino corto, gambe nude e una Vittoria nuda appoggiata sulla corazza. La statua fu considerata così originale che nel 1849 ne fu fatta una copia, con un gonnellino più lungo e i sandali ai piedi.
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Inserito su www.storiainrete.com il 20 maggio 2010