La Polonia sfida Mosca e Berlino. Minaccia di fare piazza pulita dei monumenti sovietici provocando l’ira della Russia, e chiede alla Germania conto e soddisfazione (nonché un lauto risarcimento) per le atrocità del regime nazista. Ma queste mosse del governo di Varsavia, che sembrano concentrate sul passato, rivelano in realtà interessi politici attualissimi.
di Giuseppe Agliastro da del 4 agosto 2017
Lo scorso mese il presidente polacco Andrzej Duda ha dato via libera a nuovi emendamenti alla cosiddetta legge sulla «decomunistizzazione» e ha bandito i simboli dei regimi totalitari. Il punto è che le nuove norme mettono a repentaglio i tanti monumenti della propaganda sovietica disseminati in territorio polacco e, soprattutto, statue e memoriali dedicati alla vittoria sovietica sulle truppe di Hitler e ai soldati dell’Armata rossa caduti in Polonia. La Russia ha reagito in maniera decisa: è «una provocazione oltraggiosa», ha tuonato il ministero degli Esteri di Mosca minacciando non meglio precisate «conseguenze».
Mentre il Senato russo ha addirittura chiesto a Vladimir Putin «misure restrittive nel campo della cooperazione bilaterale con la Polonia» e sanzioni contro alcuni deputati di Varsavia. Dal Cremlino hanno fatto sapere che «il capo di Stato per ora non ha preso nessuna decisione», ma i rapporti tra i due Paesi restano tesi. Lo sono da anni, visto che la Polonia, una volta sul lato orientale della cortina di ferro, è diventata una strenua avversaria di Mosca: è uno degli Stati in cui si concentrano sempre più militari della Nato sullo sfondo della corsa agli armamenti in Est Europa tra Russia e Alleanza atlantica, e dove gli Usa vogliono schierare elementi del loro Scudo spaziale. Una «strage» di monumenti sovietici peggiorerebbe però senz’altro le cose e per la Russia sarebbe un vero sacrilegio.
«L’Urss – spiegano da Mosca – ha pagato il prezzo più alto per liberare la Polonia. Nelle battaglie col nemico sono morti, e sono poi stati sepolti, oltre 600.000 soldati e ufficiali dell’Armata rossa. Riposano in territorio polacco anche centinaia di migliaia di prigionieri sovietici morti nei campi di concentramento tedeschi». Varsavia assicura che i cimiteri di guerra non saranno toccati, ma la differenza di fondo è che per la Polonia quelle dell’Urss non erano forze di liberazione, ma di occupazione. Come del resto dimostra il patto Molotov-Ribbentrop con cui Hitler e Stalin volevano spartirsi il Paese. E non gioca a favore di Mosca neanche l’eccidio della foresta di Katyn, dove nel 1940 la polizia segreta sovietica (Nkvd) trucidò oltre 22.000 prigionieri polacchi. Il presidente polacco Lech Kaczynski stava andando proprio a rendere omaggio alle vittime di Katyn quando, nell’aprile del 2010, il suo aereo si schiantò nella nebbia a Smolensk, in Russia occidentale, uccidendo lui, la moglie Maria e altre 94 persone. Secondo gli investigatori fu un errore dei piloti a causare la tragedia, ma in Polonia non manca chi nutre sospetti verso la Russia, e le relazioni tra Mosca e Varsavia da allora si sono notevolmente deteriorate.
Anche tra Polonia e Germania è però recentemente sorto qualche dissapore, specialmente sulla riforma della giustizia polacca e sulla questione dei migranti. Non è da escludere che ci sia anche questo dietro la possibile richiesta a Berlino di un «enorme» risarcimento per gli orrori e le distruzioni dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale al momento al vaglio del Parlamento polacco. Il conservatore Jaroslaw Kaczynski, fratello gemello di Lech Kaczynski e leader del partito di maggioranza Diritto e giustizia, non ha dubbi: «Il governo – ha dichiarato – si sta preparando a una controffensiva storica».