E’ questo un problema che ha sempre angustiato gli scienziati, quello di riuscire a comprendere le cause della terribile esplosione che sconvolse la Siberia un secolo fa. Il 30 Giugno 1908, infatti, accompagnata da un fragoroso boato, una gigantesca esplosione colpì la zona siberiana presso il fiume Tunguska, evento che rimase impresso nella memoria dei (pochi) contadini che assistettero all’evento.
Marco Rossi su il MeteoGiornale –
Oltre 60 milioni di alberi vennero abbattuti e bruciati, l’esplosione venne avvertita ad oltre 1000 km di distanza, con un’energia sviluppata al momento dell’impatto valutabile in diversi Megatoni, ma le prime ricerche sulla zona vennero effettuate solo dopo molti anni, ad opera dello scienziato russo Kulik, negli anni Trenta.
Malgrado le ricerche effettuate, non venne ritrovato il cratere di impatto, e neanche nelle più recenti spedizioni effettuate dall’Università di Bologna si è raggiunta la sicurezza di aver individuato tale cratere (individuato, ma con molte incertezze, nel Lago Cheko presente in zona).
Il problema dell’impatto del 1908 tiene in apprensione gli scienziati: se un simile evento accadesse ai nostri giorni, su di una zona densamente abitata, provocherebbe devastazioni di grande portata.
Gli scienziati della NASA basano la loro teoria dell’impatto di un corpo cometario sul fatto della comparsa delle “nubi nottilucenti” su Londra, pochi giorni dopo tale evento.
Tali nubi illuminavano quasi a giorno le notti londinesi, tanto da permettere di leggere il giornale alle 3 di notte!
Queste nubi, tipiche delle zone polari, si formano a grandi altezze nella mesosfera, a quasi 100 km di quota, e sono costituite da particelle di ghiaccio a temperature molto basse (-117°C) che riflettono la radiazione solare, illuminando le notti della superficie terrestre.
Sono state osservate numerose nubi nottilucenti in corrispondenza dei lanci dello “Space Shuttle”, la navicella spaziale che, per ogni viaggio, libera circa 300 tonnellate di vapore in alta atmosfera (nella zona della Termosfera).
Tale vapore, congelandosi, ha dato origine a numerose nuvole di questo tipo nelle zone polari.
La teoria sostiene che la cometa di Tunguska si sia nebulizzata all’incirca alla stessa altezza, immettendo grandi quantità di vapore acqueo tra la termosfera e la mesosfera, generando un fenomeno fisico particolare denominato “turbolenza bidimensionale”, che spiegherebbe come mai le nubi nottilucenti si siano formate sull’Europa, a migliaia di miglia di distanza dall’impatto.
E spiegherebbe anche come mai non è stato trovato un cratere di impatto sulla zona: la cometa si sarebbe volatilizzata molto prima di raggiungere la superficie terreste.
La ricerca è stata pubblicata dalla rivista “Geophysical Research Letters”.
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Marco Rossi
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Inserito su www.storiainrete.com il 1° luglio 2009