La straordinaria storia di Tatsuo Osako è riemersa dal passato sotto forma di un diario corredato da 30 fotografie ingiallite che parlano di un capitolo poco conosciuto dell’Olocausto: lo sforzo di alcuni funzionari giapponesi che, all’inizio degli anni ’40, riuscirono a salvare migliaia di ebrei dalla morte nei campi di sterminio.
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di Alessandro Carlini da Lettera43 del 18 ottobre 2010
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Nelle istantanee sono ritratti profughiimpegnati in un viaggio estenuante fra due continenti. Dall’Europa raggiungevano infatti la Manciuria, allora controllata dai giapponesi. Benché Tokyo fosse alleata di Berlino, gli ebrei vennero aiutati soprattutto grazie all’operato dell’ufficio per il Turismo giapponese, nel quale lavorava Tatsuo.
Come ha raccontato il Daily Mail il 18 ottobre, il funzionario nipponico, allora molto giovane, doveva assistere e accompagnare i rifugiati nell’ultima parte della loro odissea, attraverso il mare del Giappone. Era una sorta di “traghettatore”, ma in questo caso, a differenza del Caronte del mito classico, il suo compito era aiutare le persone a raggiungere la salvezza.
Una volta giunti nei porti giapponesi, gli ebrei in fuga proseguivano per altri Paesi. Non prima però di aver ringraziato il loro salvatore. Non possedendo nulla, lasciavano a Osako una fotografia e una dedica. Poche parole per ringraziare chi aveva salvato loro la vita.
«Un ricordo a uno straordinario giapponese», scriveva Rozla, ragazza che arrivava dalla Polonia. Ma nel diario sono presenti testimonianze in molte altre lingue, tra cui tedesco, rumeno, francese e norvegese. Tutte parlate da chi era in fuga dalle persecuzioni.
Il giovane impiegato raccolse le foto nel suo diario, ma dopo la guerra non ne parlò con nessuno, nemmeno con la moglie. Comportamento comune a molti altri “Oskar Schindler” della storia. Uomini che, come fece l’imprenditore tedesco al quale nel 1993 Steven Spielberg ha dedicato un film di successo, rischiarono la vita per salvare gli ebrei dai nazisti.
A riportare alla luce la storia di Osako, scomparso nel 2003, è stato un suo ex collaboratore, Akira Kitade, che partendo dal diario e dalle fotografie ha cominciato a cercare gli eventuali discendenti degli ebrei salvati dal collega. Per questo si è rivolto al museo dell’Olocausto di Washington e al centro Yad Vashem di Gerusalemme.
Grazie al suo lavoro certosino è stata già creata una lista, che un po’ ricorda quella di Schindler, in cui compaiono 2000 nomi di ebrei fuggiti dall’Europa con i lasciapassare per raggiungere il territorio giapponese.
La storia del funzionario dell’ufficio del Turismo è legata a doppio filo con quella di un altro grande benefattore del Sol Levante, in questo caso noto e riconosciuto dalle autorità israeliane: Chiune Sugihara, un diplomatico nipponico che, operando in Lituania dove era console, riuscì nel 1940 a fare espatriare dall’Europa almeno 6000 ebrei.
Ricevuto l’incarico nel novembre del 1939, poco prima dell’invasione sovietica, Sugihara un giorno ebbe l’occasione di incontrare nel suo ufficio un giovane ebreo che aveva trovato una via di fuga verso Curaçao, nelle Antille olandesi, uno dei pochi posti al mondo che non richiedeva visti d’ingresso.
L’uomo gli chiese un permesso di transito per attraversare l’Unione sovietica fino al Giappone, da dove si sarebbe imbarcato per la colonia, ottenendolo senza difficoltà. La voce si sparse presto nella comunità ebraica, e il consolato fu preso d’assalto.
Sugihara nel 1985 è stato insignito in Israele del titolo di “giusto fra le nazioni”, il massimo riconoscimento per i non israeliti che hanno salvato ebrei. Adesso la speranza è che presto anche Osako possa avere il suo albero nel giardino dello Yad Vashem di Gerusalemme.
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Inserito su www.storiainrete.com il 30 ottobre 2010