Il Pd dovrebbe andare cauto nel sostenere una legge contro le fake news, visto che non passa giorno che un suo esponente di vaglia non ne produca. E la falsa notizia è un doppio peccato, se a diffonderla è un ministro dei Beni culturali su un tema appunto culturale, come il passato, più o meno recente. Un tweet di stamane di Dario Franceschini recitava infatti stentoreo «Nel 21-22 il fascismo cresceva sempre più. Popolari socialisti liberali avevano la maggioranza in Parlamento, fecero nascere i governi Bonomi, Facta1, Facta2. La litigiosità e le divisioni li resero deboli sino a farli cadere facendo trionfare Mussolini. La storia dovrebbe insegnare»
di Marco Gervasoni del 17 settembre 2019
Certo, prima di tutto la storia dovrebbe insegnare a non falsificare il dato storico. Lasciamo perdere l’interpretazione dell’avvento del fascismo, che risale a antiche letture giovanili di qualcuno come Franceschini, che pur l’argomento dovrebbe conoscerlo, visto che si laureò in Giurisprudenza con una tesi sulla storia del Partito popolare ferrarese negli anni Venti del secolo scorso. Un’interpretazione dell’avvento del fascismo discutibile e datata: non fosse altro che quei liberali, che secondo il ministro avrebbero dovuto combattere il fascismo, erano infatti stati eletti, poco tempo prima, alla Camera, in un «listone» in cui c’erano anche i… fascisti, Mussolini in primis. E lasciamo perdere che anche nel Pp vi era una tendenza piuttosto favorevole a costituzionalizzare il fascismo, in cambio ovviamente dell’inserimento come leggi dello stato di alcune richieste cattoliche.
Questa è interpretazione, anche se comunque fallace. E twitter non è luogo di ermeneutica storiografica. No, la fake news, l’errore da matita rossa, che ancora ai tempi di Franceschini avrebbe causato la bocciatura in un esame di Storia contemporanea, riguarda i socialisti che, scrive il nostro ministro della… Cultura, avrebbero sostenuto i governi Bonomi e Facta.
Ma come, i socialisti ultra-massimalisti di Giacinto Menotti Serrati, che volevano fare la rivoluzione bolscevica, solo un po’ più lentamente dei compagni separati comunisti Bordiga, Gramsci e Togliatti? Talmente massimalisti che nell’ottobre 1922 buttarono fuori dal Psi la guardia gloriosa dei riformisti, Turati Treves e Matteotti? Questi socialisti, di fatto bolscevichi, alleati di popolari e liberali? No, infatti furono strenuamente all’opposizione di Bonomi e Facta.
Fantastoria. Franceschini deve essersi confuso con il piccolo Partito socialista riformista di Ivanoe Bonomi, nato nel 1911, che di socialista aveva però solo il nome, visto che era un agglomerato di notabili e massoni, molti dei quali favorevoli al fascismo in cui sarebbero entrati da lì a breve.
Quello dell’analogia, si sa, è un demone. Pensare che le situazioni storiche si ripresentino nella stessa forma e che, appunto, la storia insegni, è tipico di chi non la conosce se non per sentito dire. Se poi quello preso dal demone è un politico, che vuole forzare il passato per giustificare le meschinerie del presente (invitare Renzi-Matteotti a non scindersi perché altrimenti arriva il Salvini-Mussolini) il risultato è ancora più sconfortante.
Ma con un governo il cui ministro dell’Istruzione si dice felice che gli studenti marinino la scuola per Greta, nulla di più facile che il tweet franceschiniano di fake history l’anno prossimo diventi il tema di storia della maturità.