Mentre gran parte dell’Europa si prepara (a partire dal mese di luglio) a commemorare il centenario del primo conflitto mondiale, vengono alla luce nuovi studi sulla guerra dei sette anni (1756-1763). La firma del trattato di Aquisgrana nel 1748 aveva sancito la fine di un’altra guerra, quella di successione austriaca: come spesso accade agli accordi internazionali e non, molti dei soggetti coinvolti, rimasero assai insoddisfatti.
Di Veronica Arpaia, per Storia in Rete
La Francia dovette restituire l’odierno Belgio all’Austria e fu costretta inoltre ad accettare una proroga dell’asiento a favore della Gran Bretagna; la Prussia ottenne la Slesia mentre le contee di Angera, Vigevano, Voghera e Bobbio andarono al re Carlo Emanuele III di Sardegna. Senza procedere oltre nel descrivere i numerosi aspetti della pace, è utile aggiungere che già nella prima metà del ‘700 i conflitti avevano iniziato a coinvolgere anche i territori coloniali, si aprivano così le notti buie di nuove geografie: erano passati poco meno di due lustri, quando scoppiò la guerra dei sette anni.
Lo scontro tuttavia, non era dovuto alla rivalità legata alle successioni dinastiche ma alla volontà di ogni singola potenza (europea s’intende) di prevalere sull’altra per il controllo dei commerci e dei traffici marittimi; furono quindi maggiormente implicate l’Inghilterra e la Francia. (Linda Colley ha pubblicato un interessante saggio biografico in merito alla guerra dei sette anni, L’Odissea di Elizabeth Marsh, Einaudi, Torino 2007. Nel 2013 ha visto la luce uno studio di Marian Füssel, La Guerra dei sette anni, Il Mulino, Bologna).
Di recente, al largo di Croisic, una cittadina nella Loira con poco più di 4000 abitanti, è stato ritrovato il relitto di una delle navi francesi, le Thésée, coinvolta nelle suddette vicende. Affermano questi nuovi studi d’oltralpe, che lo scafo avrebbe svelato non già, come prima si pensava, il naufragio del legno francese a causa del maltempo, ma un errore del suo comandante. L’ammiraglio Kersaint di Coëtnempren, infatti, seppur avvertito dal timoniere della necessità immediata di virare, ne tenne conto solo qualche (fatale) minuto più tardi, dimenticando peraltro di dare l’ordine di chiudere i boccaporti. L’inabissamento avvenne nel giro di pochi attimi, era il 20 novembre del 1759. Si trattava di uno degli scontri nodali del conflitto, la battaglia dei cardinali, così chiamata dal nome dell’omonima scogliera francese non lontana dall’isola Dumet, sempre nella Loira. Kersaint avrebbe dovuto raggiungere la nave ammiraglia, le Soleil Royal sulla quale si trovava il parigrado Conflant, noto tra le gerarchie francesi per la sua eccessiva prudenza.
La flotta nemica era invece guidata dall’ammiraglio Hawke, considerato oltremanica il precursore di Nelson e il cui motto era “laddove c’è spazio per il nemico, ce n’è anche per me”. Lo studio francese lascia intendere che, a segnare la supremazia inglese, non furono quindi il maltempo o la supposta (e oramai proverbiale) superiorità numerica della marina britannica ma l’incapacità e la troppa circospezione, come abbiamo visto, dei suoi nemici, costretti di lì a poco a rinunciare alle colonie (Antille, India, Senegal) e al Canada. Conflant, novello temporeggiatore, in una lettera al suo ministro, così si era emblematicamente espresso :”Malgrado la mia prudenza e nonostante tutte le nostre precauzioni, combatterò con tutta la gloria possibile, ma è ciò che al tempo stesso cercherò di evitare”. Una confessione che aggiunge forza alla tesi nata a seguito del ritrovamento di cui abbiamo parlato. La guerra dei sette anni è considerata da molti storici, il primo vero conflitto mondiale.