Italo Caproni è il nipote di Giovanni Battista Caproni, pioniere dell’aeronautica italiana e fonte d’ispirazione per un personaggio centrale di Si alza il vento (Kaze Tachinu), opera di Hayao Miyazaki distribuita nelle sale italiane dal 13 al 16 settembre 2014. Jirō Horikoshi, protagonista di Si alza il vento, incontra il Caproni filmico in sogno, e questi funge da mentore e figura guida del giovane progettista. È nostro piacere e onore porgere a Italo Caproni alcune domande.
da AnimeClick del 15 settembre 2014
– Signor Caproni, le faccio una domanda preliminare. Avendo visto il film, può tratteggiare un parallelo tra la figura storica di suo nonno e quella costruita da Miyazaki?
Sono indubbiamente uguali; come il maestro Miyazaki sia riuscito a caratterizzare così bene mio nonno mi stupisce. Si vede che la sensibilità artistica permette di intendersi e capirsi anche a distanza di tempo e spazio. Addirittura alcune delle battute del film sembra che fossero effettivamente pronunciate da mio nonno.
– Questo dunque per quanto riguarda il legame ideale tra Miyazaki e suo nonno. Cosa ci può dire invece del suo legame personale con Miyazaki?
Il mio legame con il maestro Miyazaki nasce principalmente dal fatto di aver visto le sue opere quand’ero piccolo ed essere stato profondamente influenzato dal suo amore per la natura, per il volo e per l’essere umano in generale.
Inoltre il Maestro è stato così gentile da rispondere ad alcune lettere che gli inviai anni fa, ed a omaggiarmi di due quadri del suo nuovo film (vedi gallery a fondo pagina, NdR), che andranno nel museo dedicato al nonno.
È stato così a gentile inoltre ad avermi fatto il più grande regalo desiderabile, dichiarandomi suo amico.
– Le dispiacerebbe se partiamo dal suo incontro con “Porco Rosso”?
Naturalmente è grazie a quest’opera che ho incominciato la corrispondenza col maestro Miyazaki ed essa ha quindi un posto speciale nel mio cuore.
Senza Porco Rosso, non avrei mai avuto conferma della grande passione di Miyazaki per l’aeronautica, sospettata solamente dal famoso episodio 145 della serie Lupin o da Il fiuto di Sherlock Holmes.
Deve considerare che, quando è uscito Porco Rosso, Internet non era esattamente diffuso come adesso, e quindi non avevo idea della passione del maestro, né esattamente di chi fosse. Anche l’essere riuscito ad impossessarmi della VHS del film (cosa alquanto difficile grazie alla politica Disney del tempo) è dovuto solo al fatto che ero in America quando è uscita, e un rivenditore locale, visto il mio interesse per l’animazione, me ne diede una copia importata dal Giappone.
– È vero che, grazie a lei, Marco Pagot ha “ricevuto una medaglia”?
Sì, è verissimo, l’ha appuntata personalmente il maestro Miyazaki a Marco per i suoi atti eroici.
La cerimonia nasce dal fatto che cercavo un regalo per il maestro durante la prima della proiezione veneziana di Si alza il vento. Cercando fra il materiale di archivio sono venuto in possesso di una raccolta di studi e disegni di medaglie del 1920 per piloti ardimentosi. In quel momento ho pensato: «Per un eroe di carta ci vuole una medaglia di carta». Così, presi gli schizzi, ho portato al maestro l’intero pacco affinché scegliesse la medaglia adatta all’eroico suino.
Il maestro ha scelto quella con la bandiera italiana più grande, e mi ha successivamente restituito il pacco dicendo che non era il caso di tenerlo.
– Passiamo all’altra pellicola “aeronautica” del maestro. Il suo ruolo nel fornire al regista materiale documentale è indubbiamente stato fondamentale per la realizzazione di “Si alza il vento”.
Sì, è vero, ma se devo essere completamente onesto il merito va anche alle Poste giapponesi.
Mi spiego: quando negli anni ’90 uscì Porco Rosso, rimasi profondamente impressionato dalle capacità di Miyazaki e dall’amore per l’Italia e per l’aviazione che ne scaturiva. Mi convinsi profondamente che avrei dovuto aiutare l’uomo a conoscere di più la nostra aviazione storica. Quando qualche anno più tardi entrai in possesso de Gli aeroplani Caproni, un libro del 1921 a tiratura familiare limitatissima contenente i dati tecnici dei primi 150 aeroplani di mio nonno, decisi (con molta difficoltà, lo ammetto) che il maestro Miyazaki ne avrebbe fatto buon uso.
Al tempo avevo solo due informazioni: il nome del regista e dello studio, e quello della città giapponese in cui si trovava lo studio stesso. Sapevo anche, però, che le Poste giapponesi sono famose per recapitare sempre puntualmente la loro posta. Ho fatto quindi un atto di fede, e avendo solo queste informazioni feci un pacco e lo spedii in Giappone.
Otto mesi dopo, all’incirca, mi giunse la lettera di ringraziamento del maestro: piansi mezza giornata dalla commozione (per una fotografia della lettera, vedi gallery a fondo pagina, NdR).
Per i successivi vent’anni ho inviato al maestro tutto il nuovo materiale che riuscivo a trovare mano a mano che usciva nelle librerie italiane. Resta comunque impressionante lo studio dei dettagli del film. Indubbiamente è stato largamente usato il libro del 1921.
– Il legame tra le industrie aeronautiche Caproni e la Ghibli sono non indifferenti. Si pensi al nome stesso dello studio, ispirato al bimotore “Caproni Ca.309 Ghibli”. Ha qualcosa da raccontarci in merito?
Molto, ma devo prima finire di documentarmi.
Posso solo dirvi che il padre di Miyazaki possedeva una fabbrica di costruzioni di parti d’aereo, e dovete considerate che, al tempo, nel mondo della “nuovissima” aviazione si conoscevano tutti.
La storia del nome ispirato al bimotore Ghibli è effettivamente vera, confermata nella lettera inviatami dal maestro stesso.
– Quali sono le sue aspettative rispetto all’effetto che il passaggio italiano del film avrà sulla scoperta o riscoperta della figura storica di Gianni Caproni?
Spero sinceramente che la presenza in un film così bello di un personaggio storicamente oscurato e poi dimenticato come mio nonno porti a un reinteressamento alla sua figura e alle sue opere. La sua è una meravigliosa storia italiana, che merita indubbiamente di essere conosciuta ed amata.
– C’è tutto un sommerso relativo agli albori della navigazione aerea, fatto di idrovolanti pensati per rotte transatlantiche, di competizioni romantiche come la Coppa Schneider, di traversate pionieristiche, con destini a volte tragici a volte eroici. Le va di intrecciare storia e fantasia, collegando l’avventura tecnologica di suo nonno e quella artistica di Miyazaki?
Sarebbe un discorso molto lungo e affascinante, stiamo parlando del primo periodo dell’aviazione eroica italiana e mondiale. Consideri che tutti i vari film che trattano l’argomento sono normalmente ambientati in quel periodo storico, anche se stranamente quasi mai in Italia.
Per quanto riguarda il legame fra Miyazaki e mio nonno, sono entrambi dei sognatori che hanno osato spingersi “un bel po’ più in là” di quanto ritenuto fattibile tramite il loro buon gusto.
Guardi Miyazaki: durante i suoi primi lavori era come mio nonno, perennemente in bolletta, ma non si è mai arreso ed ha continuato a creare.
Anche Porco Rosso doveva essere un mini-film, ma Miyazaki, sapendo che il suo lavoro era buono, se n’è infischiato, è andato avanti ed ha vinto.
Prendiamo ad esempio i due aeroplani più citati da Miyazaki, cioè il Ca58 e il famosissimo Ca60. La battuta sulla questione di stile estetico che si sente nel film non è indifferente. Prima si sogna una cosa e poi la realtà si adeguerà. Il Ca60 si ruppe alla partenza, ma l’idea delle traversate oceaniche civili rimase.
La questione della bellezza era fondamentale per mio nonno. Pensi che, quando è andato a studiare in quello che allora veniva considerato estero (siamo ai tempi dei cavalli), la prima cosa che scrisse a sua madre fu se per favore gli mandava la sua scatola di colori per dipingere.
– Ci parla del suo rapporto col cinema d’animazione e con l’animazione giapponese in particolare?
Il mio rapporto con l’animazione è molto semplice: sono nato durante quella che è stata definita la “grande invasione”, e quindi ho avuto modo di assaggiare quest’arte già da bambino.
L’importanza educativa di tali opere non va sottovalutata, basti pensare al ciclo del World Masterpiece Theatre (Meisaku della Nippon Animation), che ha aperto a mezzo mondo i classici per l’infanzia occidentali. Quando crescendo ho avuto modo di documentarmi su chi ha ideato o su come sono state create queste opere meravigliose, ho voluto approfondire la mia conoscenza sulle stesse.
Molto mi ha aiutato abitare vicino a “La Borsa del Fumetto” di Milano e il poter viaggiare per altre parti del mondo, conoscendo quelli che al tempo erano considerati dei puri svitati.
Si sa che il tempo è galantuomo.
– Ultima domanda. Ha avuto occasione di riferire a Miyazaki le sue impressioni dopo la visione del film? Sappiamo di una corrispondenza tra lei e il maestro. Cosa ne pensa della sua intenzione, più o meno definitiva, di lasciare la regia?
Sì, gli ho inviato oggi stesso alcuni commenti del pubblico sentiti alle varie proiezioni (ebbene sì, ne ho seguite diverse).
Per quanto riguarda la sua intenzione di “andare in pensione”, mi ero già “opposto” l’anno scorso durante l’annuncio fatto a Venezia. Sono molto contento che abbia seguito il mio consiglio.
Gli dissi infatti di darsi solo a cose piacevoli, dopo un periodo di riposo più o meno prolungato, in quanto ai suoi fan sarebbe comunque bastato un disegnino, uno storyboard, un mini-film.
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