Laura Larcan per “il Messaggero” del 14 maggio 2021
La lunga spada celtica del IV secolo a.C., rinvenuta qualche anno fa a San Vittore nel Lazio, che ha svelato a sorpresa, dopo il restauro, una decorazione unica, con due stelle a otto punte di stile macedone, identiche a quelle che ornano l’urna funeraria di Filippo II, padre di Alessandro Magno.
E ancora, una meridiana tascabile del I secolo d.C. ancora perfettamente funzionante nei suoi ingranaggi mobili, l’erma scolpita in marmo con il volto di un sileno, ritrovata nella cantina delle Terme di Diocleziano, le urne cinerarie di Pompei concepite in blocchi unici di alabastro e cristallo di rocca lavorati a sbalzo, corone d’oro zecchino di rari virtuosismi che sembrano uscite fuori da una maison di gioielli del XXI secolo.
Sono solo alcuni dei suggestivi reperti millenari che orchestrano la grande mostra Tota Italia. Alle origini di una Nazione, in scena alle Scuderie del Quirinale di Roma da domani al 25 luglio. Una inaugurazione, ieri, tenuta a battesimo dallo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal ministro della Cultura Dario Franceschini. Un titolo evocativo e ambizioso.
Fu Augusto, il Princeps, a scrivere per la prima volta «Tota Italia» nelle sue memorie, in quel 32 a.C. quando al tramonto di guerre civili e con l’eco lontana di invasioni straniere, la penisola viene percepita come un’unità non solo geografica ma soprattutto culturale. Ci vollero quattro secoli di incontri e scontri tra popolazioni arcaiche e civiltà italiche, per ricucire una trama di identità nazionale tra affinità e differenze.
La mostra racconta proprio questa impresa storica. E lo fa nel modo più romantico (e patriottico) possibile, raccogliendo lungo i due piani delle Scuderie del Quirinale 450 reperti straordinari, prestiti di piccoli grandi musei distribuiti sul territorio. Con un grande merito. Quello di aver selezionato anche tante opere, dal IV secolo a.C. al I secolo d.C. mai viste, quasi sconosciute, chiuse da sempre nei depositi.
La cura di Massimo Osanna (che ha guidato la rinascita di Pompei e ora ai vertici della Direzione generale dei Musei statali) e Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano, garantisce la qualità. «La mostra nasce da un profondo lavoro di ricerca sull’Italia antica – spiega Mario De Simoni presidente delle Scuderie del Quirinale – con l’idea di far percepire la vasta ricchezza del nostro patrimonio, fatta di tanti tesori sommersi, e di capolavori sommi». Come tutti gli spettacoli che si rispettino, d’altronde, anche Tota Italia ha il suo divo: il Pugilatore, bronzo di commovente bellezza, simbolo della rassegna.
«Uomo provato, ma non abbattuto, che seppur ferito e sanguinante, sfoggia la consapevolezza della sua forza, simbolo del nostro tempo», commenta Mario De Simoni. E accanto alla star, tanti attori co-protagonisti, meno noti, ma di pari bellezza.
Il viaggio è una sorpresa continua. I Grifoni da Ascoli Satriano, fieri con le loro ali spiegate e feroci nell’attaccare la preda, che sembrano usciti da una scena del Trono di Spade (e chissà se l’autore della serie cult David Benioff l’abbia mai vista quest’ opera).
E il Trono Corsini, nel suo marmo lattiginoso scolpito su modelli etruschi, che condensa nelle sue decorazioni a rilievo culti, riti, usi e costumi di civiltà italiche diverse. Il mosaico dei popoli, colonizzati e colonizzatori, lungo la penisola, è rievocato nel corredo della tomba dei due guerrieri di Lavello, arrivato dal museo di Melfi, che ci racconta di due esponenti dell’élite locale, sepolti nel IV secolo a. C. con scudi, elmi, paracaviglie, vasi: «Siamo di fronte ad un cavaliere apulo che testimonia come l’aristocrazia locale abbia dei contatti forti con Roma», indica Massimo Osanna.
Ma c’è anche la bellezza della scrittura: la tavola in lingua venetica, la stele in lingua osca, l’iscrizione in lingua umbra relativa a riti di purificazione del III secolo a. C., e il testo giuridico in lingua etrusca del II secolo a. C. E soprattutto lei, la spada celtica ricurva. Una storia nella storia.
«Al momento della sua scoperta a Cassino, non venne subito capita l’importanza, ossidata e incrostata com’ era – racconta Stephàne Verger – Solo di recente, il restauro ha svelato tutte le sue qualità, riportando alla luce le sue stelle macedoni e soprattutto l’iscrizione nel ferro che rimanda direttamente al suo autore, un Trebios Pomponios figlio di Caio, che l’ha forgiata a Roma.
Siamo di fronte, insomma, ad un italico che ha realizzato una spada celtica a Roma, nemica acerrima dei Celti stessi. E qui abbiamo la prima espressione scritta di Roma, insieme a quella che compare sulla Cista Ficoroni».
Riti e religioni sono il leitmotiv. Li evoca la splendida statua in terracotta di offerente in trono, ritrovata nel santuario di Valle di Ariccia. E le guerre, di Roma in Italia. A raccontarle, le pietre scolpite per essere proiettili micidiali in battaglia, come quelle della disfatta dell’esercito romano a Canne nel 216 a. C. durante la seconda guerra punica.
Annibale aleggia su questo patrimonio che arriva da Eraclea. E ancora, il lusso (su tutte, le brocche per l’acqua con coperchio di alabastro da Pompei). Il tempo, i fasti, lo zodiaco, altro tema di identità, che offre una chicca come la meridiana tascabile del I secolo d.C. che arriva dal museo nazionale Atestino di Este. Da Aquileia a Sibari, c’è davvero tanta Italia antica. Gran finale, la statua in bronzo di Apollo da Pompei, per la prima volta riunito con la sua corona, e l’Erma con volto di Sileno in marmo riemerso dalla cantina del Museo nazionale romano.