Non sarà un capolavoro destinato all’Oscar. Ma certamente è un film di grande sentimento che squarcia, anche sul grande schermo, quelle malefatte della Resistenza che fino ad oggi erano rimaste confinate solo nei libri dei “fascisti” e di Giampaolo Pansa.
da l‘Ultima Ribattuta del 26 novembre 2014
Fino a poco tempo fa, quando tornavano d’attualità le stragi e i massacri compiuti dai partigiani dopo la fine della guerra, si scatenava puntualmente la bagarre: gli intellettuali antifascisti si facevano intervistare, uno dopo l’altro, nel tentativo di demonizzare chi aveva osato dissacrare la Resistenza. “Bella ciao” non poteva in alcun modo essere contraddetta.
Perfino un giornalista di sinistra, ma onesto e perbene come Pansa, appunto, ha conosciuto linciaggi mediatici di ogni tipo e il boicottaggio dei suoi libri di denuncia. I vecchi e i nuovi sostenitori dell’ANPI sono arrivati ad impedirgli anche la presentazione dei volumi in varie librerie d’Italia. Non si poteva parlare neppure di guerra civile (come aveva fatto lo storico di sinistra Claudio Pavone), ma solo della “gloriosa lotta di Liberazione”.
Ora che questa messa in scena non regge più e anche le nuove generazioni hanno imparato a distinguere e separare il grano dal loglio in tema di Resistenza, la tecnica è cambiata. Meglio rifugiarsi nel silenzio, nell’indifferenza. Così “Il segreto di Italia”, del coraggioso regista Antonello Belluco, non ha potuto usufruire di recensioni da parte di quasi tutti i media: giornali, televisioni (anche se “Porta a Porta” e “Sky Tg 24″ hanno accennato ai buoni contenuti del film) e radio. E nemmeno i cinema, eccezion fatta per il “Fiamma”, hanno voluto proiettare la pellicola.
Soltanto qualche trafiletto qua e là, un po’ di interviste a Romina Power (unica attrice nota del cast) e poco altro. Lo stesso “Corriere della Sera” ha relegato la recensione nelle pagine locali della costola “Corriere del Veneto”. Meglio non urtare la suscettibilità dei militanti antifascisti ancora in servizio permanente effettivo.
Eppure, le stragi di Codevigo (al confine delle province di Padova e Ravenna), compiute nel maggio del 1945, hanno visto le esecuzioni di centinaia di vittime, anche solo colpevoli di avere avuto simpatie fasciste. Non venne celebrato alcun processo. Uomini, donne e bambini vennero fucilati dai partigiani della “Brigata Garbaldi” sulle sponde del fiume Brenta. Soltanto 110 i corpi ritrovati, ma 365 i dispersi. Persone non “soltanto” uccise. Su alcune donne ci furono accanimenti. Seviziate, violentate e trucidate.
Sono stati tanti i tentativi di boicottaggio della pellicola. Ma alla fine, almeno per una volta a prezzo di grandi sacrifici per riuscire a produrla, la verità ha avuto la meglio sul silenzio e la censura. E il film merita di essere visto.
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