di Clemente Ultimo – da Destra.it del 18 Aprile 2021
Raccontare il volto dell’Africa – meglio, i diversi volti del Continente Nero – superando vecchi stereotipi e narrazioni funzionali a veicolare un’immagine utile ad alimentare interessi spesso opachi: nasce da questa esigenza l’ultimo lavoro di Marco Valle, “Il futuro dell’Africa è in Africa”. Il libro – parte integrante della collana “Fuori dal coro” edito e distribuito a partire da oggi con il quotidiano Il Giornale – prende le mosse dalla riflessione avviata proprio sulle pagine del settimo numero de Il Guastatore, nel tentativo di superare una vulgata che vede nell’Africa solo ed esclusivamente un continente “esportatore” di disperati, destinati ad alimentare le fila del sottoproletariato europeo.
Una visione da Ong che – a volte in buona fede, molto più spesso no – altro non è se non la maschera dietro cui si celano differenti e meno nobili interessi rispetto a quello del “salvare vite”, ad iniziare dal mantenimento di uno stato di forzata minorità per molte nazioni del continente. Eppure, come racconta Valle con una casistica ampia e documentata, l’Africa del XXI secolo non è solo il “grande malato” del pianeta, ma anche un composito mosaico di società dinamiche e volenterose di confrontarsi con la sfida della modernità.
Anche facendo autocritica. La parte più attenta e preparata delle classi dirigenti africane, superata l’ubriacatura ideologica del ‘900, non manca infatti di leggere sotto una nuova luce il periodo della decolonizzazione, come sottolinea Valle riportando il pensiero del presidente del Ghana Nana Akufo-Addo: «la nostra responsabilità è quella di organizzare un percorso che dica “come possiamo sviluppare noi stessi la nostra nazione”. Non è giusto che un paese come il Ghana, 60 anni dopo l’indipendenza, abbia ancora i suoi bilanci per la salute e l’istruzione finanziati sulla base della generosità e della carità del contribuente europeo. Ormai dovremmo pagare per i nostri bisogni di base da soli. Considereremo i precedenti 60 anni come un periodo di transizione, un percorso attraverso il quale ora possiamo stare in piedi».
Una prospettiva ben diversa, e molto più concreta, dell’eterno mea culpa che qualcuno vorrebbe fosse l’unico approccio dell’Europa al continente africano, in una sorta di perenne ed inestinguibile mortificazione di sé che non sa, o non vuole, volgere lo sguardo al futuro. Un futuro cui, invece, l’Africa guarda con attenzione, tagliando traguardi di cui pochi in Europa hanno notizia: “Fra i 25 paesi le cui economie sono cresciute più rapidamente tra il 2007 e il 2019 – sottolinea Valle – ben 10 erano africane mentre il Pil dell’intera regione sub-sahariana è lievitato — dati Fondo monetario internazionale — del +54,2%. Uno scenario assolutamente promettente ma ancora fragile e sempre contradditorio e disuguale”.
È proprio questa contraddittorietà della realtà africana, probabilmente, l’unica chiave di lettura possibile per tentare di interpretare questo continente. Non c’è un’Africa, esistono le Afriche. E bene le delinea Marco Valle nel suo lavoro. Così come emerge con forza dal testo la drammatica mancanza di visione – ancora una volta – dell’Unione Europea verso il Continente Nero: non basta riversare soldi verso i Paesi del Sud, occorre avere una prospettiva globale. Prospettiva che ad oggi manca. E che invece ha la Cina, protagonista di una campagna di penetrazione senza precedenti nelle diverse regioni del continente africano.
In questo grande gioco l’Italia come stato ha poco spazio, molto di più ne hanno quelli che Valle definisce “i nostri capitani coraggiosi”, imprenditori che nonostante le difficoltà dimostrano con il proprio lavoro come l’Africa possa rappresentare, con le sue realtà dinamiche, una terra di grandi opportunità, su cui innestare collaborazioni internazionali dalle positive ricadute per le economie dei Paesi africani e dell’Italia.
Ora più che mai è necessario avvicinarsi all’Africa con uno sguardo nuovo, il lavoro di Marco Valle è un’utile guida in questo percorso.
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