Andrà all’asta a novembre la soluzione della quarta crittografia della scultura Kryptos, l’opera d’arte creata dall’artista statunitense Jim Sanborn e installata nel 1990 nel cortile della sede della CIA a Langley, Virginia. Commissionata negli anni ’80 come parte di un programma artistico per migliorare l’immagine dell’agenzia dopo scandali legati alla Guerra Fredda, Kryptos è diventata celebre per i suoi quattro codici crittografici incisi su pannelli di rame, di cui solo tre sono stati decifrati finora.
La scultura è composta da un pannello di rame a forma di onda, sostenuto da legno pietrificato, che si estende attorno a una piscina. Il design è pensato per evocare calma e contemplazione, mentre i suoi 1.700 caratteri incisi rappresentano un enigma complesso con i loro quattro codici crittografici.
Il K1, decifrato, recita “Between subtle shading and the absence of light lies the nuance of iqlusion” (con “iqlusion” come errore di battitura intenzionale).
Il K2, decifrato, descrive informazioni sepolte e fa riferimento a “WW”, probabilmente William H. Webster, ex direttore della CIA.
Il K3, decifrato, riporta un passaggio dal diario dell’archeologo Howard Carter sull’apertura della tomba di Tutankhamon.
Infine c’è il K4, ancora irrisolto, consiste in 97 caratteri ed è il passaggio più enigmatico, attirando l’attenzione di crittografi e appassionati. E Sanborn ha accennato a un possibile K5, un ulteriore mistero non ancora chiarito. Per i codici, Sanborn ha lavorato con Ed Scheidt, ex presidente del Centro Crittografico della CIA, che ha progettato sistemi di crittografia complessi.
Nel novembre 2025, Sanborn, ormai ottantenne, metterà all’asta la soluzione di K4 tramite RR Auction, con un valore stimato tra 300.000 e 500.000 dollari, includendo il testo originale e documenti correlati. La decisione è motivata dalla sua stanchezza nel gestire il mistero e le sue risorse limitate.
L’opera ha avuto un impatto profondo, causando conflitti personali, attirando visitatori indesiderati e persino minacce di morte, spingendo Sanborn a installare sistemi di sicurezza nella sua casa. Dopo 35 anni di gestione dei segreti di “Kryptos” e delle sue conseguenze, Sanborn, ormai ottantenne, ha deciso di mettere all’asta la soluzione del passaggio finale K4 a Boston. La vendita, i cui proventi andranno in parte a programmi per disabili, include il testo originale di K4 e altri documenti, con un valore stimato tra 300.000 e 500.000 dollari.
Sanborn, che vive su un’isola nella baia di Chesapeake, ha dichiarato di non avere più le risorse fisiche, mentali o finanziarie per mantenere il codice e proseguire altri progetti. In una lettera ai fan, ha espresso la speranza che l’acquirente mantenga il segreto, suggerendo che il potere di “Kryptos” risiede nella sua segretezza.
La scultura, completata nel 1990, ha generato un seguito quasi fanatico, creando comunità di decifratori, ispirando ricerche accademiche e comparendo in libri, film e manuali di algebra. Tuttavia, gestire l’opera è diventato un lavoro per Sanborn, che ha ricevuto migliaia di messaggi da aspiranti decifratori, molti dei quali generati da intelligenze artificiali, spingendolo a introdurre una tariffa di 50 dollari per i tentativi di decifrazione. Sta anche sviluppando una linea telefonica alimentata dall’IA per rispondere alle soluzioni proposte.
“Kryptos” rimane un mistero, con il passaggio K4 ancora irrisolto, rendendo l’opera una sorta di monumento alla segretezza. Elonka Dunin, esperta di “Kryptos” e leader di una comunità online dedicata, non è sorpresa dall’asta, ma spera che la soluzione e la sua storia vengano preservate, magari attraverso un’azione collettiva dei decifratori. Peter Krapp, professore di studi mediatici, considera l’asta una privatizzazione triste ma logica, sostenendo che la conoscenza dietro “Kryptos” dovrebbe essere condivisa, dato il contributo di più persone alla sua creazione.
Sanborn, pur oscillando tra il desiderio che il codice venga risolto e il suo valore come mistero irrisolto, preferisce che “Kryptos” mantenga il suo fascino duraturo, paragonandolo a un’opera d’arte classica che si rinnova a ogni sguardo.