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Revisionismo contabile: i veri di conti dei governi Craxi

Chi c’era e che cosa si è detto all’evento webinar su “I conti di Craxi – La finanza pubblica nella IX legislatura tra menzogne e verità” organizzato dalla Fondazione Craxi

di Paola Sacchi da StartMagazine del 21 febbraio 2021

“I conti di Craxi”. Ovvero la sfida, attraverso uno studio storico-scientifico, della Fondazione Craxi, creata da Stefania Craxi, ai più triti e disinformati luoghi comuni, alla “bufala ridicola” (così la definisce lo storico e politologo della Luiss, Giovanni Orsina) ancora dominante, secondo la quale l’ex premier socialista sarebbe il responsabile del nostro debito pubblico. E invece quei conti dei due governi Craxi (1983 – 1987) erano “esempio di rigore”, afferma Maurizio Sacconi, relatore di due Finanziarie con Craxi premier.

Quindi, basta con la madre di tutte le fake in politica che imputa all’ex premier socialista e ai demonizzati con lui anni 80 l’esplosione del debito. Perché, ricorda Sacconi, “negli 80 esplosero come una bomba a orologeria tutte le politiche dei ’70 di spesa incontrollata di soddisfazione di diritti imprescindibili al punto di essere garantiti a pie’ di lista, al di là delle coperture finanziarie”.

Craxi, al contrario, proprio per controllare quella spesa, ricorda sempre Sacconi, “avviò una nuova impostazione dello Stato sociale, con il raffreddamento e l’abbattimento delle indicizzazioni, l’introduzione di ticket sanitari per fasce di reddito”.

È il Craxi riformista moderno che vince la battaglia contro l’inflazione galoppante, salvando il Paese, “portandola dal 16 al 4 per cento”, ricorda Margherita Boniver, presidente della Fondazione Craxi. Che il 16 febbraio scorso ha organizzato un evento webinar su “I conti di Craxi – La finanza pubblica nella IX legislatura tra menzogne e verità”.

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È uno studio storico-scientifico curato da Filippo Mazzotti, Gianfranco Polillo e Maurizio Sacconi, pubblicato dal periodico di riflessione e approfondimento “leSfide”, edito dalla Fondazione Craxi e consultabile online su www.lesfide.org.

È il modo per rispondere con cifre, documenti storici, dati “alla montagna di falsità” costruita contro Craxi, “un presidente invece molto attento al problema della spesa pubblica”, ammonisce Nicola Carnovale, segretario generale della Fondazione Craxi, presentando e coordinando l’evento webinar, cui partecipano anche l’ex ministro Giovanni Tria, Alberto Mingardi e Giovanni Pammolli.

Sacconi, che fu capogruppo socialista alla commissione Bilancio della Camera, osserva che questo lavoro è fatto con lo spirito di “verità condivise” che l’Italia, delle tante guerre civili, deve ritrovare. E quindi basta “damnatio memoriae” di Craxi, dei suoi due governi, delle scelte anche impopolari che ebbe il coraggio di fare, “damnatio memoriae” che segui a quello che non esita a definire “il golpe” del 1993. Spiega: “I partiti eredi della sinistra pur di negare a Craxi il merito di aver salvato il Paese con il patto di S. Valentino gli attribuirono l’esplosione del debito pubblico”.

Sul quale, invece, ricorda Sacconi, ebbe un grande impatto la decisione, presa “con uno scambio di lettere e non attraverso un dibattito parlamentare, di Carlo Azeglio Ciampi e Benianimo Andreatta di andare al divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro”. Per Sacconi una decisione esattamente inversa a quella di Mario Draghi quando era alla guida della Bce. Ovvero, la Banca d’Italia “non fu più con questo divorzio soccorritore in ultima istanza della sottoscrizione di titoli pubblici rappresentativi del nostro debito”. E così “ci fu un’esplosione di interessi sul nostro debito, rispetto alla ricchezza pubblica, che schizzò dal 6 per cento all’11 per cento. Insomma, il contrario di quello poi fatto da Draghi alla Bce con la politica di sostegno alla stabilità dei Paesi membri attraverso acquisti sul mercato di titoli pubblici”.

L’economista, ex esponente di punta craxiano, ricorda il clima di fortissimo “scontro nei nostri confronti da parte del Pci e della Dc di De Mita che impedirono anche quella riforma delle pensioni che Craxi e il suo ministro del Lavoro Gianni De Michelis tentarono. Ma prevalse il partito della spesa”.

Ovvero, quello che affonda le sue radici negli anni 70. E per questo, secondo Orsina, che è presidente del comitato storico scientifico della Fondazione Craxi, bisognerebbe andare a rileggere bene certi aspetti “anche del ’68”. Più che degli anni 80. Anni, ricorda Carnovale, “di crescita e espansione”.

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