Nel 1700 (proprio l’anno, non il secolo…) l’ormai anziano abate Atto Melani, pistoiese di nascita ma al servizio della Francia, decide di condividere col suo re, Luigi XIV, il Re Sole, tutto quello che aveva appreso in un ambito molto particolare ma straordinariamente strategico: i conclavi. Ne aveva “seguiti” ben quattro cercando sempre di tutelare gli interessi francesi e qualche successo l’aveva portato a casa. Ora qualcun altro avrebbe dovuto fare quel lavoro perché per lui ormai si stava facendo tardi e le forze declinavano (anche se poi sarebbe morto vari anni dopo, nel 1714). Ecco come è nato “I segreti dei conclavi”, una breve opera che però non deve trarre in inganno per la sua brevità: a Melani è servito tutto sommato poco spazio per condensare ed esporre in modo chiaro ed esauriente quelle “regole eterne” che, secolo dopo secolo, sembrano guidare le mosse dei cardinali chiamati ad eleggere un nuovo Papa. Nelle tre puntate precedenti (i link sono in fondo a questa pagina) abbiamo già visto come a Melani fossero chiare le sottili dinamiche psicologiche e politiche che possono determinare, ieri come oggi, la scelta di un candidato a svantaggio di altri. Riflessioni e indicazioni preziose quindi in questi giorni di attesa prima dell’inizio del nuovo conclave.
Come abbiamo già sottolineato nelle altre puntate, “I segreti dei conclavi” è stato scoperto anni fa alla Biblioteca del Senato di Parigi dagli scrittori italiani Rita Monaldi e Francesco Sorti che – oltre a curare l’edizione del libro, tradotto in varie lingue – hanno messo l’abate Melani al centro di una fortunata saga di cinque romanzi pubblicati in tutto il mondo: Imprimatur, Secretum, Veritas, Mysterium e Dissimulatio.
In questa quarta puntata vediamo come Melani raccomandi cautela diplomatica nei rapporti col Papa (che è anche un sovrano) e la sua corte che rappresentano, anche qui ieri come oggi, una potenza di rilievo mondiale e che non possono essere sottovalutati o trattati con alterigia solo perché non hanno a propria disposizione “delle divisioni”… (cit. Stalin)
Rita Monaldi e Francesco Sorti lunedì 5 maggio 2025 sono ospiti a Radio1Rai nella trasmissione “Giù la maschera” condotta da Marcello Foa per parlare di quello che ancora oggi l’abate Melani può rivelarci col suo dossier segreto sui conclavi scritto più di tre secoli fa. E così sarà anche per i loro interventi di martedì 6 maggio: alle 7:30 al TGR della Toscana (Melani era pur sempre un pistoiese…) e due ore dopo, sempre per parlare di elezioni papali di ieri e di oggi, tra le 9:30 e le 9:40 su Canale 5 nella trasmissione Mattino Cinque.
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29.
Come vincere il Conclave sfruttando le divisioni tra Cardinali
Il Sacro Collegio è composto da Veneziani, Fiorentini, Genovesi, sudditi dello Stato della Chiesa, Milanesi e Napoletani, oltre che dai Cardinali sudditi delle Corone straniere. Gli spiriti e gli interessi di tutte queste nazioni sono tra loro così contrastanti che, non appena si vorrà mettere in lizza un Veneziano o un Fiorentino, i Genovesi – mossi da naturale invidia – faranno di tutto per farlo cadere. Naturalmente i Genovesi si devono aspettare lo stesso trattamento da parte dei Veneziani e dei Fiorentini, che faranno di tutto per restituirglielo. Starà agli Ambasciatori impedire l’elezione di soggetti poco graditi al loro Sovrano. Dovranno fomentare le divisioni, e scoraggiare chi osa candidarsi senza l’approvazione del loro Re, minacciando un veto palese (che è molto umiliante!). Infine dovranno convincere il Sacro Collegio a candidare per primi i Cardinali sgraditi al loro Sovrano che non si sono voluti ritirare: così attireranno su di essi un veto palese, da cui non potranno mai più risollevarsi. Eliminati costoro, sarà aperta la strada per quelli che si vuole favorire. Il susseguirsi di veti palesi dà sempre scandalo e crea molte inimicizie; ma del resto, come ho già detto, al giorno d’oggi è impossibile riuscire a fare un Papa senza porre numerosi veti.
30.
La volubilità fa perdere il Conclave
Non è mai buona cosa dover porre palesemente il veto contro l’elezione di un Cardinale, ma ancora più dannoso è ritrattarlo. Ciò mina la propria credibilità presso la Corte Pontificia, e suscita antipatie.
31.
Di come si facevano i Papi una volta, e degli errori del cardinal Borghese
Mai puntare subito tutto su un solo candidato: si finisce per offendere gli altri Cardinali della stessa fazione, col risultato che questi voteranno per un altro. Appena morto Papa Paolo V (Camillo Borghese, pontefice dal 1605 al 1621), il cardinal Borghese, suo nipote, era entrato in Conclave sicuro di poter contare su cinquantatré suoi protetti. Pretendeva di fare Papa il cardinal Campora già il giorno dopo, e per di più per acclamazione. Il cardinal Borghese fu quindi molto sorpreso nello scoprire che la maggior parte dei Cardinali su cui contava, alla fine, lo avevano abbandonato. I suoi amici più intimi gli fecero capire quanto avesse sbagliato nel puntare tutto su Campora, trascurando altri Cardinali di altissimo merito che facevano parte della sua stessa fazione. Così il cardinal Borghese fu costretto a cambiare candidato e a sostenere, controvoglia, il cardinale Alessandro Ludovisi, che venne eletto e prese il nome di Gregorio XV (Alessandro Ludovisi, pontefice dal 1621 al 1623). Fu proprio questo Papa, di lì a poco, a ordinare che d’allora in poi le elezioni dei Pontefici venissero fatte tramite suffragi segreti, accuratamente calcolati con scrutini.
32.
Il cardinal Barberini cade nello stesso errore del cardinal Borghese
Il cardinal Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII (Maffeo Barberini, pontefice dal 1623 al 1644), non fu più saggio del cardinal Borghese, pur conoscendo bene il suo caso. Barberini disponeva di un buon numero di protetti, ancor più numerosi di quelli di Urbano VIII. Si mise quindi in testa di portare al Pontificato il cardinal Giulio Sacchetti, che in effetti era uno dei migliori soggetti del Sacro Collegio. I Cardinali nominati dal Papa appena defunto, in segno di gratitudine verso il loro benefattore e per rispetto delle consuetudini, avrebbero dovuto votare secondo i desideri del Cardinal nipote, cioè di Barberini. Invece quasi la metà di costoro lo abbandonò, e si unì al cardinal de’ Medici, nemico di Sacchetti, che così non venne eletto. Ecco perché i capi fazione più saggi e accorti non si fissano mai su un solo concorrente. All’inizio essi cercano anzi aspiranti nelle altre fazioni, per poi farli cadere e portare i voti sui loro veri candidati.
33.
Dello scegliere i Prelati giusti e dei modi di render loro servigi
Il Conclave si apre molto prima della morte del Papa: inizia col conquistarsi le simpatie dei Prelati. Non è importante legarsi a molti Prelati: basta indirizzarsi a quelli che hanno i più ampi meriti, onestà e reputazione. Se sono a corto di denari, sarà bene aiutarli con una pensione segreta. Se invece non sono poveri, si potrà mostrare concretamente riconoscenza con qualche regalo: un ritratto di Sua Maestà, un anello con pietre preziose o altro. Anche se gli Ambasciatori francesi giudicano del tutto sprecate le pensioni segrete, elargite in passato dalla Francia per ottenere i favori della Corte Pontificia13, farne uso è assolutamente necessario. Inoltre, quando i Prelati vengono ricevuti dall’Ambasciatore bisognerà avere cura di non farli languire in anticamera, in attesa di udienza.
34.
Come raccomandare al Papa questo o quel prelato gradito a Sua Maestà
Una volta portato un Prelato dalla propria parte, sarebbe un grave errore pretendere di controllare le sue azioni, o esigere pubbliche dimostrazioni di fedeltà. In questo modo non lo si aiuterà affatto ad avanzare verso cariche più elevate. Al contrario: si finirà per farlo cadere in disgrazia, o per renderlo inutilizzabile. Il favore più grande che si può fare a un Prelato non è raccomandarlo apertamente presso il Papa per fargli avere qualche incarico di rilievo. Molto meglio parlare bene di lui al Pontefice, e ad ogni occasione, ma sempre lodando la sua indipendenza. L´Ambasciatore però non deve semplicemente tessere davanti al Papa le lodi dei prelati raccomandati dal Re; agendo così, anzi, vanificherebbe la protezione di Sua Maestà. Egli deve preparare Sua Santità ad ascoltare con benevolenza alcune raccomandazioni, che però saranno fatte solo in un secondo tempo. Come qualche Ambasciatore di Francia avrà già constatato, la condotta più saggia è far cadere quasi per caso il discorso sui Prelati della Corte Pontificia, accennando che Sua Maestà si compiace che nel Pontificato di Sua Santità si trovino tanti Prelati di gran distinzione e che, tra i tanti, Sua Maestà ne ha in mente alcuni a cui darebbe volentieri prova della propria stima, aggiungendo infine che una raccomandazione di Sua Maestà di certo non sarà indifferente a Sua Beatitudine. Se fatta così, la raccomandazione sarà assai gradita al Papa, e porterà frutti eccellenti.
35.
Metodo infallibile per ottenere grazie dal Papa
È un errore far chiedere una grazia al Papa dall’Ambasciatore a Roma. Si darebbe l’impressione che la richiesta non sia poi così importante per il Sovrano. E in più, in caso di fallimento, l’Ambasciatore rischia di diventare il capro espiatorio sia a Roma che nella Corte che lo ha inviato. Per ottenere dal Papa le grazie più importanti, e se si vuole ch´egli le accordi di buon grado, il tramite più sicuro e gradito sarà sempre il Nunzio di Sua Santità presso la Corte di Francia. Sua Maestà dovrà rivolgersi al Nunzio personalmente, in modo che questi possa riferire al Papa che il Re in persona ha per la questione il più grande interesse. Quando il Santo Padre saprà che la richiesta proviene direttamente dal Sovrano, proverà un enorme piacere. L’Ambasciatore presso la Santa Sede potrà intervenire in un secondo momento, ma solo per sollecitare la grazia già richiesta tramite il Nunzio. Se si seguirà questo consiglio, l’Ambasciatore a Roma potrà esporre al Pontefice anche le lamentele e le richieste più scomode.
36.
Condotta dell’Ambasciatore che voglia esser gradito al Papa e farsi rispettare dai suoi ministri
Giacché ai Papi piace soprattutto la tranquillità, l’Ambasciatore che voglia esser loro gradito, e conquistare la stima di tutta la Corte di Roma, dovrà impedire ai suoi uomini d’abbandonarsi a disordini o d’abusare della sua autorità e del suo nome per frodare le Dogane. Controllerà inoltre che siano puntuali nel saldare i debiti. Questa condotta sarà apprezzata non solo dal Papa ma da tutta Roma, e gli procurerà il plauso e la benedizione dell’intero popolo. Capita spesso, infatti, che il popolo romano si rammarichi per la partenza degli Ambasciatori del Re Cattolico di Spagna; e non per affetto, ma perché con gli Ambasciatori se ne vanno da Roma anche i soldi che gli Spagnoli devono ai Romani. L’Ambasciatore dovrà sempre evitare di trattare i nemici con disprezzo, e dovrà alludere sempre con grande moderazione alla grandezza e alla potenza del suo Re. In questo modo renderà innocua la loro gelosia e la loro invidia. Quando inizia una controversia tra un Ambasciatore e la corte Pontificia, è bene che tutti gli altri Ambasciatori usino i loro buoni uffici per trovare una soluzione. Mai schierarsi con i Ministri del Papa, che sono maestri nel seminare zizzania.
37.
Ciò che più disgusta la Corte Pontificia
Nulla allontana la Corte di Roma quanto il sentirsi disprezzata. Negli ultimi tempi, la Francia ha preteso che per qualsiasi affare la Santa Sede si rivolgesse solo ai suoi Ambasciatori a Roma. Ma ogni nuovo Ambasciatore ha annullato tutti gli accordi presi dal predecessore, e ha obbligato i Ministri del Papa a modificare tutte le intese già stabilite. I rappresentanti del Pontefice vengono fatti attendere in anticamera per ore intere, solo per esercitare su di loro la stessa autorità che gli Ambasciatori del Re di Spagna pretendono d’avere sui Napoletani e sui Milanesi: senza però capire che quelli sono loro sudditi, e non Prelati indipendenti come i Romani. Una volta, in Francia, ci si preoccupava d’avere a Roma il maggior numero possibile d’amici e di protetti. Venivano elargite pensioni segrete, e si cercava di aiutare i Prelati italiani legati alla Francia come se fossero sudditi di Vostra Maestà. Poi tutto ciò è finito. Alcuni Ambasciatori hanno spinto la loro arroganza all’estremo, e rifiutano perfino di rendere visita all’Uditore e al Tesoriere della Camera Apostolica, che sono cariche del massimo rango. Non si comporterebbero così, comunque, se non avessero ricevuto precise istruzioni dalla Corte francese. A Corte, del resto, si conoscono benissimo le conseguenze di questa politica, visto che Uditori e Tesorieri della Camera Apostolica hanno un ruolo importantissimo nel governo di Roma, e quasi sempre diventano Cardinali.
38.
Come riconquistare le simpatie della Corte Pontificia
È quindi evidente che ogni Sovrano, per interesse e prudenza, dovrebbe cercare di conquistarsi amici e protetti all’interno della Corte Pontificia. Ma ciò, da solo, non può bastare. La Francia, se intende recuperare il credito e la stima di cui godeva una volta a Roma, non può scaricare tutto il peso sulle spalle dei suoi Ambasciatori. Questi, tra l’altro, se sottoposti a pressioni, abusano con facilità dei propri poteri. Dei rapporti con la Corte di Roma si dovrebbe quindi occupare direttamente chi ha l’onore di poter avvicinare personalmente il Re. Persone ben più disinteressate, ragionevoli ed esperte dei semplici Ambasciatori.
(4 – segue)
La prima puntata de “I segreti dei Conclavi” è qui