“I segreti dei conclavi”/3 – Un buon papa per l’abate Melani? Con più di 65 anni ed esperienza all’estero

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Siamo ormai alla terza (ma non ultima) puntata de “I segreti dei conclavi”, una breve opera scritta all’inizio del Settecento dall’abate/spia Atto Melani, agente di fiducia di Luigi XIV di Francia, il Re Sole. Forte della sua esperienza “sul campo”, Melani – ormai anziano – dava al suo sovrano indicazioni e consigli utili per gestire a favore della Francia anche i conclavi futuri. Emerge così un compendio arguto e informato sulle “regole eterne” che regolano il consesso di cardinali chiamato ad eleggere il nuovo Papa. Regole valide ancora oggi? In molti casi probabilmente sì: è il caso, ad esempio, dei paragrafi in cui Melani parla della vanità dissimulata dei cardinali o delle caratteristiche (età, esperienza internazionale ecc. ecc.) che deve avere un buon papa. Oppure delle manovre che possono essere messe in campo per farsi eleggere senza aver particolari doti. Su questo, Melani si dilunga ricostruendo l’ascesa del Cardinal Odescalchi diventato poi il discusso Innocenzo XI. “I segreti dei conclavi” è stato scoperto alcuni anni fa dagli scrittori italiani Rita Monaldi e Francesco Sorti alla Biblioteca del Senato di Parigi che hanno messo Atto Melani al centro di una saga di cinque romanzi pubblicati in tutto il mondo: ImprimaturSecretumVeritasMysterium e Dissimulatio.

Rita Monaldi e Francesco Sorti lunedì 5 maggio 2025 sono ospiti a @Radio1Rai nella trasmissione #GiùLaMaschera di @MarcelloFoa per parlare di quello che ancora oggi l’abate Melani può rivelarci col suo dossier segreto sui conclavi scritto più di tre secoli fa.

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Carattere particolare e pericoloso di molti Cardinali che aspirano al Pontificato

Chiunque si trovi in condizioni d’inferiorità e si mostri rigido, ostinato e aggressivo, lo diverrà ancor più quando, ormai eletto Papa, non avrà più nulla da perdere o da temere. Tocca agli Ambasciatori scovare individui del genere, e informarne i loro Sovrani. E ciò proprio perché hanno potuto vedere di persona, quando hanno avuto a che fare con Cardinali e Prelati in carica, di cosa sarebbero capaci questi soggetti se occupassero il Seggio supremo. Gli Ambasciatori saranno quindi responsabili davanti a Dio e agli uomini se per compiacenza, per amicizia o per qualche interesse personale non agiranno secondo coscienza, mettendo a rischio sia il bene della Chiesa che quello del loro Sovrano.

12.

Criteri nella scelta dei Papi

Il metodo migliore per scegliere un buon candidato è preferire chi ha conosciuto le cose del mondo presso le Corti dei Sovrani, e non alla scuola di Roma dove s’insegnano la dissimulazione, l’inganno e la menzogna. C’è infatti una gran differenza tra i prelati che hanno retto le nunziature, e quelli che non hanno mai oltrepassato Ponte Mollo (Cioè ponte Milvio, sul tratto del Tevere a nord di Roma, che doveva attraversare chi usciva dalla città per dirigersi verso gli altri Stati europei, NdR): l´insolenza e arroganza di quest´ultimi sono inimmaginabili. Per esser un buon Papa, poi, non basta certo esser stato un buon vescovo! Il governo della Chiesa Universale non ha niente a che vedere con quello di una singola diocesi.

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Dei pregiudizi che si hanno contro i Nunzi

Non bisogna credere che i Nunzi abbiano chissà quale attaccamento per la Corte straniera che li ospita. Al contrario! Finiscono per conoscerne soprattutto i difetti, e quasi sempre ridimensionano l’idea che se ne erano fatti a Roma. Ne è esempio il pontificato di papa Clemente IX: era stato nove anni Nunzio a Madrid, ma da Pontefice fu uno dei Papi più favorevoli alla Francia. Bisogna sempre coltivare ottimi rapporti con i Nunzi. Essi in genere riescono ad arrivare al Cardinalato, e sono sempre i primi ad essere interpellati sugli affari che riguardano le Nazioni presso cui erano stati inviati. Rientra nei loro doveri rendersi il più possibile ben accetti, e conquistare la fiducia delle Corti presso cui risiedono. Essi sono gli strumenti stessi con cui si mantengono l’amicizia e la buona intesa fra il Papa e i Sovrani. Quando i Nunzi fanno il loro dovere, è importante saper apprezzare le loro virtù ed evitare di criticarli, specie se si sono rivelati tanto accorti da soddisfare la durezza dei tedeschi, la flemma degli spagnoli o la volubilità dei francesi.

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L’età migliore per diventare Papa

A 65 anni un soggetto papabile è ancora troppo giovane, e su ciò a Roma sono tutti d´accordo. Ciò dipende tuttavia dalla sua salute e dal temperamento. Quasi tutti i Papi giovani, infatti, dopo i primi anni di Pontificato entrano in contrasto con qualche stato straniero. E poiché i più anziani non sembrano capaci di dire addio al potere una volta che vi sono giunti, conviene blandire i candidati più giovani promettendo di aiutarli in futuro, ma preferire sempre un anziano, purché esperto e meritevole. Se ha fama di persona per bene e onorevole, non infamerà la sua vecchiaia tradendo le promesse.

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Difetti degli spiriti deboli

Come tutti sanno, è sempre meglio trattare con anime elevate, che non si soffermano sulle piccolezze e non smarriscono il giusto contegno. I mediocri e i deboli invece trovano tutto difficile e hanno paura di qualsiasi cosa; con la loro condotta vacillante fanno il male là dove chiunque altro saprebbe fare il bene. Difendersi da questi ultimi è quasi impossibile; anziché mettersi al servizio della Chiesa Universale, farebbero meglio a rinchiudersi in un chiostro.

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Regola infallibile per conoscere la natura umana

Incontri, accordi e promesse sono troppo fragili basi per conoscere un uomo. Bisogna basarsi invece sul suo temperamento e sul suo ingegno. Tutti, col variare delle condizioni e della fortuna, cambiano affetti e sentimenti. Ma nessuno cambia temperamento, neanche dopo cinquant’anni. La cosa migliore, quindi, è chiedere ai domestici dell’interessato: valletti, camerieri e lacchè conoscono meglio di chiunque altro le sue qualità buone o cattive.

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È la santità un giusto criterio per giudicare il candidato a una grande carica?

Tale domanda si pone il cardinal de Lugo, tanto rinomato per la sua grande dottrina e per la sua anima pia, nel trattato De justitia et jure. Così egli risponde: ciò che rende degni d’una carica elevata non va giudicato in termini generali e assoluti, ma secondo ciò che rende il candidato utile e adeguato all’incarico. Può ben accadere, infatti, che chi è meno vicino alla santità riesca meglio di un altro individuo più santo, poiché sarà spinto ad adoperarsi con più dottrina, prudenza, esperienza e abilità. Così insegnano anche l´autorità di Sanchez (Tomás Sánchez, 1550 –1610, celebre teologo gesuita), San Tommaso e altri.

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Falsa fermezza che degenera in caparbietà

Neppure la fermezza è sempre sufficiente. Sovente infatti essa deriva dal temperamento, e invece d´essere una virtù, è un difetto insormontabile, e nemico della ragione. Chiunque sia colpito da tale difetto, non è adatto al governo né agli affari, perché l´essersi accostumato alla fermezza lo renderà sicuramente caparbio ed inflessibile, e privo di discernimento. Alcuni di questi individui sono così ostinatamente attaccati alle proprie opinioni che preferirebbero mandare il mondo in rovina, piuttosto che cambiare idea.

19.

Vera fermezza che nasce dalla forza e dalla solidità del cuore e dello spirito

Se invece la fermezza è figlia della loro saggezza, dell´esperienza e solidità di giudizio, sarà una delle migliori qualità che un uomo di Stato possa avere. Il Papa che abbia tutte queste virtù saprà sempre ciò che più conviene alla sua dignità, nonché all’interesse della Chiesa e della Santa Sede.

20.

Premessa sulla scelta dei Papi

Prima di scegliere il candidato ideale, si deve tener bene a mente quanto segue:

– Anche un’Elevazione di così alto valore come il Pontificato, per la maggior parte dei Cardinali conta poco: pensano che sia la naturale ricompensa dei loro meriti. Non ci si aspetti dunque chissà quale gratitudine dal Papa che si è aiutato a eleggere.

– La maggior parte dei Cardinali non è capace di perdonare la minima offesa, per cui si fa presto a cadere in disgrazia presso di loro. E non è raro il caso di papi divenuti acerrimi nemici proprio di coloro che li avevano appoggiati nell’Elezione.

21.

Comportamento odioso degli Ambasciatori di Francia presso la Corte Pontificia

Quando si cerca d’innalzare al Pontificato un Cardinale amico e favorevole alla Corona di Francia, con il pretesto della prudenza si pretende che il candidato sottoscriva impegni per il futuro. Se rifiuta, viene considerato inaffidabile. A nessuno però viene in mente quanto sia infamante per la dignità del Re Cristianissimo di Francia, figlio primogenito della Chiesa, esigere impegni da un Cardinale per elevarlo alla dignità di Vicario di Cristo. Quali mai potrebbero essere questi impegni? Gli unici che possano interessare sono promesse politiche, orali o scritte. Ma sono pochissimi i Cardinali disposti ad assumersi apertamente un tale onere. E anche se si ottiene da un Cardinale una promessa scritta, in cui si stabilisce tutto ciò che dovrà fare una volta eletto Papa, come lo si potrà poi obbligare a tenervi fede? Forse minacciandolo di rendere pubblico il contratto? In questo modo si rischierebbe di rivelare un mercanteggiamento vergognoso sia per chi vende che per chi compra: si tratta di merce che non è lecito né vendere, né acquistare. E ci esporrebbe alle ire del nuovo Papa. Se oltraggiato in modo così crudele, il Papa darà sicuramente sfogo alla sua ira. La sua dignità gli consente d´essere sempre al corrente di tutto, nonché di vendicarsi in qualsiasi momento e a suo gusto, senza nulla temere.

22.

Metodo per ottenere spontaneamente tutte le grazie del Papa, senza pretendere nulla

Se invece ci si impegna ad elevare al Pontificato un Cardinale senza pretendere in cambio nulla, egli sarà portato a credere che ci si adoperi in suo favore solo per affetto e stima. Una volta eletto Papa, vorrà sicuramente manifestare la propria riconoscenza. Al contrario, se il Papa si accorge che i voti non gli sono stati regalati, ma venduti, non potrà che provare risentimento. E sarà già una fortuna se si limiterà a tenere in dispregio i suoi elettori, senza arrivare ad una vera e propria vendetta.

23.

Memorabile esempio di Giulio II, per tutti coloro che pretendono garanzie da un Cardinale papabile

L’esempio di papa Giulio II dimostra quanto sia pericoloso vendere a un Cardinale, a prezzo del suo onore e della sua coscienza, la candidatura per il Pontificato. Giulio II, quando era ancora Cardinale, credeva che i Francesi fossero suoi amici, e contava ch’essi lo tenessero in gran considerazione. Quale non fu la sua vergogna e il suo orrore, quando si accorse che i Francesi in realtà gli stavano vendendo i voti per il Pontificato! Alla fine si era piegato allo scambio; ma il Cardinale francese de Rouen, non fidandosi della sua parola, l’aveva obbligato a firmare di proprio pugno una scrittura. Una volta diventato Papa, Giulio II scacciò i Francesi da tutta l’Italia, usando sia learmi che l’intrigo. Ostacolò il regno di Francia in tutti i modi, e fece sì che i francesi perdessero il regno di Navarra.

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Carattere dei Cardinali che vogliono esser Papi

Non c’è quasi alcun Cardinale che non pensi a quello che farebbe, se venisse fatto Papa. In genere, quelli che ci pensano di più sono proprio gli stessi che si fanno vedere a disagio quando si tocca l´argomento, e mostrano di non tenerci affatto. Mai fidarsi di uomini del genere. Sono più ambiziosi e vani degli altri, e non sanno pensare che ai loro meriti e alle loro opinioni. Una volta elevati al Soglio di Pietro, non sopportano di sentirsi in debito con chicchessia. Cercano di nascondere la loro incapacità con una devozione di maniera e sono incapaci di governare la Chiesa, che avrebbe bisogno di spiriti più nobili, aperti e illuminati. Ne fornisce un bell’esempio il pontificato di Benedetto Odescalchi, eletto papa col nome di Innocenzo XI: la durezza che usò contro la Francia, l´indifferenza che mostrò per la cacciata del cattolicesimo dall’Inghilterra (Nel 1688 il principe protestante Guglielmo d’Orange invase l’Inghilterra e detronizzò il cattolico Giacomo II Stuart, alleato di Luigi XIV, determinando il definitivo declino del cattolicesimo in Inghilterra. La Francia accusò Innocenzo XI di aver favorito l’impresa. Secondo documenti scoperti recentemente, la famiglia Odescalchi per molti anni finanziò segretamente quella di Guglielmo d’Orange. Cfr. Monaldi & Sorti, Imprimatur, Mondadori 2002, Baldini&Castoldi 2015), oltre al suo intestardirsi contro ogni cosa. Sempre malfidato, e sempre pronto a rifiutare le grazie che gli venivano chieste, irraggiungibile per chi gli chiedeva udienza e perpetuamente inerte, durante i tredici anni del suo Pontificato lasciò languire nelle cariche pubbliche e nelle Nunziature tutti i Prelati nominati dal suo predecessore. È per questo, vale a dire per la mancanza di esperienza, che alla Corte di Roma oggigiorno ben pochi possono vantare qualche merito. Appena promosso Cardinale, Odescalchi faceva finta di non poter sopportare che gli si parlasse del Pontificato. Invece, pur di approdarvi, tenne la condotta più stramba che si possa immaginare, che alla fine si rivelò fortunata: senza aver mai ricoperto alcuna carica di rilievo, e senza aver reso alcun servigio alla Santa Sede, venne preferito a uno dei più illustri Prelati della Corte Pontificia.

25.

Condotta seguita dal cardinal Odescalchi per diventare prima Cardinale e poi Papa

Il cardinal Odescalchi era nato a Como, nello Stato di Milano. I suoi antenati erano banchieri, e lo mandarono a Venezia, Genova e Napoli per apprendere il mestiere. Poi però preferì diventare soldato, e giunse fino al grado di capitano. A quei tempi tutti sapevano del credito di cui disponeva Donna Olimpia (Olimpia Maidalchini Pamphili (1594-1656) era la cognata di Innocenzo X. Fece grande scandalo l’influenza che esercitava sul Pontefice, grazie al quale poté accumulare enormi ricchezze) presso Papa Innocenzo X, suo cognato. E a quei tempi il denaro poteva tutto. Tanto bastò a Odescalchi per decidere di trasferirsi a Roma. Si presentò al cardinal Panziroli, Segretario di Stato, con alcune lettere di raccomandazione. Panziroli le trovò mal scritte e di tono così grossolano, che lo accolse con estrema freddezza. Ma non appena Odescalchi gli disse che intendeva acquistare una carica nella Prelatura (Nel XVII secolo gli incarichi pubblici potevano essere acquistati), e che disponeva di trecentomila scudi in lettere di cambio (Titoli di credito equivalenti ai moderni assegni), Sua Eminenza Panziroli lo fece immediatamente accomodare su un divano e iniziò a trattarlo con grande cortesia. Di lì a poco Odescalchi acquistò un Protonotariato e poi un Clericato di Camera. Si mise quindi a corteggiare Donna Olimpia e a farle ricchissimi regali, e trovò infine il modo di entrare nel giro dei suoi intimi. Venne a sapere che il Papa stava per fare alcune promozioni e che il prelato Buonvisi (Girolamo Buonvisi (1607-1667), buon amico di Atto Melani), decano dei Clerici di Camera, sarebbe entrato a far parte dei Cardinali. Per di conquistarsi le grazie di Donna Olimpia, favorita del papa di allora, Innocenzo X, Odescalchi decise allora di giocarsi il tutto per tutto: in una sfida a Grande prime (Gioco a carte in voga nel XVII secolo)  fece in modo di farle vincere diecimila scudi. Donna Olimpia venne avvertita da uno dei suoi valletti di camera (piazzato dietro alla sedia di Odescalchi), che questi aveva scartato le carte migliori e aveva perso volutamente. Donna Olimpia fu talmente toccata da questa galanteria che si recò a visitare il Papa alla vigilia delle nomine dei nuovi cardinali, e convinse il Pontefice a cancellare il nome di Buonvisi dalla lista di coloro che il giorno dopo dovevano essere dichiarati Cardinali, facendo invece inserire il nome di Odescalchi. Buonvisi, scoprendo che gli si era preferito un uomo che pretendeva d’entrare ad ogni costo nelle prelature, ma che si era presentato a Roma con la spada, vendette la propria carica e si ritirò a Lucca. Ritornò a Roma solo quando lo richiamò Papa Alessandro VII, che lo fece prima suo Maestro di Camera e poi Cardinale. Il cardinal Odescalchi venne in seguito nominato legato a Ferrara, dove si comportò come se avesse rinunciato al mondo e agli affari. Passò poi al Vescovado di Novara, da cui però si dimise per tornare a Roma. Rientrato in città, nel suo appartamento riceveva solo monaci, ma soprattutto l’abate Favoriti che scriveva per lui tutte le relazioni in latino da presentare alle Congregazioni. Si cominciò a parlare di Odescalchi come d’un Cardinale di grande fermezza, ma solo per un motivo: poiché non capiva nulla di ciò che firmava, era incapace di rispondere alle obiezioni.

26.

I professionisti della devozione e i pericoli che portano con sé

L’esempio di Odescalchi mostra un precetto importantissimo: i professionisti della devozione, chiunque essi siano, sono molto più pericolosi di coloro che non ostentano alcuna devozione, ma vivono come gente dabbene e secondo le regole del Vangelo.

27.

Due regole d’oro nei Conclavi

Dunque, riassumendo: mai dare la propria fiducia ai professionisti della devozione, né votare un Cardinale che non ha mai avuto incarichi importanti fuori di Roma e dello Stato Pontificio.

28.

Osservazioni sul nepotismo

Il potere dei Papi, essendo anche temporale, è una sorta di governo misto. Si potrebbe discutere a lungo se sia utile coinvolgervi, o al contrario escludere, anche i parenti del Papa. Ma si può anche lasciar da parte tale questione: per giudicare basterà guardare quanto è successo nel Pontificato di Innocenzo XI. Per distinguersi dai suoi predecessori, papa Odescalchi dimostrò una grande indifferenza verso i suoi parenti e annunciò di voler abolire il nepotismo, sia per impedire la dissipazione dei beni della Chiesa e dare sollievo alle casse della Camera Apostolica, che per rendere i Cardinali suoi protetti indipendenti da qualsiasi capo fazione. In effetti rinunciò al nepotismo, e a suo nipote don Livio (Livio Odescalchi (1658-1713), nipote e unico erede di Innocenzo XI), non diede alcun incarico, forse perché non vedeva in lui alcun talento per il servizio della Chiesa. Ma il Papa lo incontrava ogni giorno, e con tale concessione d´affetto e d´amicizia finiva per riconoscergli lo stesso riguardo di cui sarebbe stato degno un Cardinale Patrono, e don Livio ne approfittò: i posteri saranno stupefatti quando sapranno quante ricchezze Livio ha accumulato in pochi anni (Don Livio vantava una fortuna personale valutata 1,5 milioni di scudi, secondo alcuni costruita anche grazie alle risorse finanziarie della Santa Sede), nonostante la parsimonia e l´apparente disinteresse del Papa suo zio. Le terre bonificate che Livio ha acquistato in Italia, il denaro prestato all’Imperatore, le cifre perse al giuoco nonostante gli ammonimenti d’Innocenzo XII, gli otto milioni di fiorini offerti per la Repubblica di Polonia – come se fosse a disposizione del miglior offerente! – e infine l’offerta all´asta di 440 mila fiorini per il Principato di Albano: questi monumenti eterni dimostrano a tutto il mondo che a fare la fortuna di Livio è stato il patrimonio di San Pietro, e non quello degli Odescalchi, e ciò senza che la Chiesa, il popolo e neppure lo Stato della Chiesa ne abbiano avuto alcun giovamento.

 (3- segue)

La prima puntata de “I segreti dei Conclavi” è qui

La seconda puntata de “I segreti dei Conclavi” è qui

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