Nei loro trecento anni di governo i Romanov hanno trasformato la Russia in una potenza europea a tutti gli effetti. All’inizio del XVII secolo la Russia appariva ancora assai più simile all’Asia che non all’Europa. E ciò non deve stupire poiché dai tempi del giogo tataro-mongolico il Paese si orientava verso il mondo orientale. I Romanov si lasciarono alle spalle un Paese europeo con un sistema di valori europeo.
di Pavel Kuzenkov da Russia Oggi del 12 marzo 2014
Il primo ad “aprire una finestra sull’Europa” era stato Pietro il Grande, anche se il processo di riforme era stato avviato fin da prima, dai tempi di suo padre, lo zar Aleksej Mikhajlovich. Non minore importanza aveva rivestito anche una tendenza contraria: durante il regno di Pietro non era stata solo la Russia a conquistare uno sbocco in Europa, ma anche l’Europa ad aprirsi un varco in Russia. L’impero russo non si sarebbe mai costituito se centinaia di migliaia di europei non si fossero riversati in Russia. A raggiungere la Russia era tutta l’élite europea: scienziati, funzionari dell’apparato burocratico, musicisti, ingegneri.
Oso un’affermazione azzardata: in Russia non è mai esistita una nazione russa. Chi veniva si metteva subito al lavoro per il bene del Paese, assimilando i valori russi e diventava russo a tutti gli effetti. Si tratta di un fattore molto importante. In ciò la Russia si differenzia radicalmente da tutti gli altri Paesi occidentali, ad eccezione, naturalmente, dell’America. Si potrebbe parlare di un impero multinazionale, ma sarebbe più esatto definirlo multiculturale e multietnico. Era una vera forma di melting pot; principio su cui gli americani hanno fondato la costruzione della società. Ma in Russia questo principio, che risaliva ai tempi dell’antica Roma, era stato adottato ben prima. Così era stato costruito l’Impero romano. Organizzare la società secondo questo modello in America era risultato più semplice poiché l’America era una terra vergine, senza radici, in cui nessuno da principio si sentiva come a casa. Una simile situazione non poteva generare veri conflitti, se non con i nativi americani, che presto vennero eliminati dal gioco. Ma la Russia era un Paese dove esistevano etnie nazionali, culture locali e tribù in aspro conflitto tra loro…
La Russia aveva attuato una politica di conciliazione come aveva fatto a suo tempo l’Impero romano, impiegando la forza militare con una funzione pacificatrice e creando un potente terreno comune. Innanzitutto, grazie a un esercito organizzato all’europea. Il progetto di Pietro di europeizzazione della Russia, il suo impero militarizzato aveva prodotto le condizioni per la pacificazione. Lo “zar bianco” aveva accolto tutti i popoli sotto la sua protezione per il loro vantaggio. Particolarmente difficile era risultata l’integrazione della popolazione di fede musulmana. Si tratta di un episodio che non ha precedenti nella storia mondiale. In nessun altro luogo della terra era mai avvenuta prima l’integrazione di sudditi musulmani in uno Stato cristiano. Nell’Impero romano e a Bisanzio, malgrado le speranze, tale progetto era fallito. E così in Spagna dove si dovettero espellere i musulmani dallo Stato. Mentre in Russia si riuscì, seppure con grande fatica.
L’esperienza mondiale suggerisce che esistono due strade: la colonizzazione, e quando essa non funziona, un accordo reciproco sulla spartizione della comunità e un’esistenza autonoma. Ma la Russia, già dai tempi di Ivan il Terribile, aveva avviato un esperimento inedito, quello di costruire non solo una società multiculturale, ma anche multireligiosa. Una fusione riuscita in modo piuttosto organico: i principi ereditari musulmani avevano uno status molto elevato nello Stato russo. Molti di loro certo avevano ricevuto il battesimo, ma vi erano anche casi differenti… E quando l’esercito russo intraprendeva una guerra, scendevano in campo il prete, il mullah, il rabbino e il pastore luterano. Forse, non erano in gran numero, ma senza dubbio l’esperimento aveva avuto successo. E questo è testimoniato dal fatto che in Russia non vi sono mai stati conflitti religiosi interni.
La fine dell’impero fu terribile, ma qui i fattori etnici o religiosi non avevano avuto nessun ruolo. Nel 1917 la Russia avrebbe potuto disintegrarsi in un mosaico di singoli stati come l’Unione Sovietica, ma ciò non è accaduto. I problemi di ordine etico e religioso apparivano meno gravi di quelli di ordine sociale e civile. L’impero russo crollò di colpo in tutto il territorio, erano mutati epoche e paradigmi. Semplicemente al posto di un paese se ne andava formando un altro. Come quando all’antica Roma si era sostituita l’Italia. E alle antiche polis greche la Grecia.
(Pavel Kuzenkov, storico, è il curatore scientifico della mostra “La Russia ortodossa. I Romanov”, attualmente in corso al Centro espositivo Lenexpo di San Pietroburgo. Si ringraziano gli organizzatori della mostra per l’aiuto fornito nella pubblicazione dei materiali.)