Le dichiarazioni rilasciate da alcuni studiosi americani secondo cui il teschio attribuito ad Hitler e conservato in Russia sarebbe da attribuirsi ad una donna, non attecchiscono nella comunità scientifica. Lo storico e romanziere britannico Antony Beevor, in un lungo articolo pubblicato sul “New York Times”, bolla il documentario dell’esperto Nick Bellantoni come «oltraggioso» e ripercorre, documenti alla mano, i giorni convulsi che hanno preceduto la scoperta del cadavere del Führer. Secondo lo storico, infatti, ci sarebbero numerosi elementi che depongono a favore dell’autenticità dell’identificazione. In primo luogo il cadavere fu trovato dai sovietici dello Smerg (l’agenzia di controspionaggio). Stalin in persona, spiega Beevor, era ossessionato dal ritrovamento del corpo e non ebbe pace finché l’identificazione non fu certa al di là di ogni ragionevole dubbio. Poi fu lo stesso dittatore comunista, spiega lo storico, a far nascere e alimentare il “mito” di Hitler ancora vivo e nascosto in Baviera. Si è trattato, quindi, di una manovra architettata ad hoc per far nascere i sospetti di una connivenza tra l’occidente e il leader nazista. Ma Stalin aveva prove inconfutabili dell’autenticità del corpo grazie alla dentatura del Führer, recuperata dai servizi sovietici e identificata dall’assistente del dentista di Hitler. Il corpo del dittatore, invece, per sua stessa volontà, era stato bruciato e sepolto poche ore dopo il suicidio. Quindi il teschio e la mascella erano, nel 1945, le uniche tracce possibili per l’identificazione. Stalin, però, impose il silenzio a tutti i membri dello Smerg che avevano avuto a che fare con il ritrovamento. Teschio e mandibola furono separati: il cranio è finito nell’Archivio di Stato dell’Urss mentre la dentatura, è finita alla Lubyanka, sede della polizia segreta. In ogni caso, taglia corto lo storico, «i russi potrebbero far finire subito queste ridicole speculazioni. Basta dare il via libera a un team di esperti per effettuare i test del Dna». Ma per i complottisti un aiuto inaspettato è giunto pochi giorni fa dall’Argentina, il cui governo ha opposto il segreto di stato ad una richiesta apparentemente innocua avanzata da alcuni ricercatori. Conoscere con esattezza il numero e il nome dei sommergibili tedeschi che si sono rifugiati in Argentina alla fine della Seconda guerra mondiale e cosa – e chi – trasportavano. Come è noto molto teorie sono state avanzate sulla possibilità che proprio con sottomarini importanti esponenti del Terzo Reich possono esser sfuggito al crollo del nazismo nella primavera 1945. Tra i nomi che si sono fatti quelli di Martin Bormann ma anche di Adolf Hitler…