Luigi Grassia da “la Stampa” del 2 dicembre 2022
La civiltà egizia è così antica che già al tempo di Erodoto gli stessi egiziani avevano solo idee vaghe su chi e come avesse costruito le piramidi e la Sfinge. Nel Medioevo l’Europa traeva le sue scarne nozioni in proposito dalla Bibbia, e i primi esploratori che scoprirono iscrizioni geroglifiche in Egitto si trovarono di fronte al mistero assoluto; questo finché la spedizione di Napoleone nel 1799 portò alla miracolosa scoperta della cosiddetta “Stele di Rosetta”, cioè una tavola di pietra con inciso un testo geroglifico, uno in “demotico” (una forma tardiva di egiziano) e la traduzione di entrambi in greco antico; avendo scoperto la chiave, da allora fu possibile tradurre tutto ciò che gli Egizi avevano scritto.
La Stele di Rosetta non rimase a lungo in possesso dei francesi, perché dopo aver sconfitto Napoleone se ne impadronirono gli inglesi, e dal 1802 è esposta al British Museum di Londra. Ci starà per altri 220 anni ?
Quasi certamente no. Migliaia di cittadini egiziani hanno firmato una petizione per chiedere ai britannici di restituire la Stele, e per quanto stavolta il risultato sia dubbio (Londra dice no, non c’è neanche una richiesta ufficiale dal Cairo) c’è da scommettere che la pressione non verrà meno, e prima o poi la preziosa tavola incisa tornerà in Egitto.
La richiesta di restituzione è universale e sempre più spesso viene soddisfatta: i nativi americani chiedono e ottengono indietro i reperti dei loro antenati esposti nei musei, la Grecia rivuole quel che è stato razziato dal Partenone, l’Italia ha già dovuto ridare all’Etiopia la Stele di Axum (un trofeo dell’invasione fascista) e chissà, magari un giorno dovrà svuotare il Museo Egizio di Torino. Sono giustificate queste richieste? Ci sono validi argomenti sia pro sia contro.
Le restituzioni riparano ingiustizie storiche dell’epoca coloniale, quando vigeva libertà di saccheggio. D’altra parte, gli archeologi europei hanno scoperto e riportato all’onor del mondo manufatti di altri Paesi che giacevano ignorati, oppure noti ma indegni di interesse, e hanno fatto conoscere ai popoli oltremare la loro stessa storia, che spesso quei popoli ignoravano. Il dibattito è aperto, anche se l’esito a lungo termine sembra scontato.