Il passato non si dimentica, certo. Ma bisognerebbe prima di tutto conoscerlo e, soprattutto, non manipolarlo per obiettivi politici.
Marco Gervasoni da Il Giornale del 07/02/2020
Qualche anno fa provocò l’ilarità generale il «turbamento» che il presidente della Camera, Laura Boldrini, confessò di provare di fronte ai «monumenti fascisti», cioè a larga parte dell’edilizia moderna delle nostre città, Eur e Palazzo di giustizia milanese inclusi. Ma in poco tempo la discussione sul fascismo è talmente degenerata, assieme a un’ignoranza galoppante, che qualcuno arriverà davvero a proporre di radere al suolo Latina e Sabaudia. Per il momento, il Corriere della sera chiede di sospendere e, in prospettiva, di eliminare la coppa Volpi, l’ambìto premio della Mostra del cinema di Venezia. E perché mai? Perché intitolata a Giuseppe Volpi di Misurata, il principale esponente del fascismo a Venezia, reo, appunto, di essere stato fascista e, in quanto membro del Gran Consiglio, di avere approvato le leggi razziali del 1938.
Non basta quindi togliere dalle strade i nomi, cambiare la toponomastica, e magari abbattere i monumenti: bisogna cancellare qualsiasi ricordo di ciò che è stata l’Italia dal 1922 al 1945, fare di quel ventennio uno spazio bianco, o meglio nero, popolato solo da mostri. Questo atteggiamento, più che derivante da un sereno giudizio storico, ci pare qualcosa di molto simile ai gesti dei talebani afghani che fecero saltare in aria le antiche statue di Buddha. È infatti un segno di plateale ignoranza credere che il fascismo sia venuto dal nulla e che sia possibile perciò sbianchettare vent’anni di storia. Il caso di Volpi è appunto emblematico. Già prima di diventare fascista, egli era uno dei più splendidi rappresentanti dell’imprenditoria italiana dell’età giolittiana, che fece crescere per la prima volta l’Italia. Aderito al fascismo, coniugò in maniera originale la figura di politico (fu anche ministro delle Finanze) e di imprenditore, come presidente di Confindustria. La Venezia industriale e Mestre gli devono tanto: anche se Marghera esisteva prima di lui, la sua azione fu decisiva per l’ampliamento e il rafforzamento dell’area. Fu anche umanista e mecenate e suo fu il sostegno per la creazione della Mostra del cinema di Venezia, fin da subito uno dei più importanti festival del mondo – da qui, appunto, la coppa Volpi. Dopo il ’43 finì per qualche giorno persino nel carcere di via Tasso e pare (ma non è documentato) che contribuì a finanziare la resistenza veneta. Se nel regime fascista, che come ogni regime vide l’uno accanto agli altri farabutti e uomini onesti, dovessimo scegliere una delle figure migliori, il Conte di Misurata sarebbe tra quelli. Ma la proposta del Corriere è sbagliata non solo nel merito, ma anche nel metodo. Facciamo come in Germania, dicono. Ma un conto era il regime nazista e altro quello fascista: la distinzione è sempre stata chiara alla migliore storiografia, a cominciare da Renzo De Felice. Se si dovesse cancellare il nome di Volpi, a volere essere coerenti, si dovrebbe chiudere la mostra di Venezia, abbattendone gli edifici. E al loro posto, perché no?, un gigantesco monumento: all’amnesia o alla stupidità, meglio se a tutte e due.