In Slovenia il fantasma di Tito continua ad aleggiare minaccioso e molti che preferiscono non ricordare, tanti non vogliono sapere. Lo conferma lo strano silenzio che circonda “Huda jama”, ossia “grotta maligna”, una miniera abbandonata vicino a Laško dove nell’estate del 1945 le milizie comuniste gettarono i corpi degli oppositori veri o presunti del nuovo regime jugoslavo. Nel pozzo dell’orrore finirono non solo gli uomini della Bela Garda (la guardia bianca slovena, una formazione anticomunista filotedesca) ma anche e soprattutto religiosi, piccoli proprietari, contadini “ricchi” e tanti poveracci presi a caso. Una mattanza orrenda e silenziata sino all’implosione della Jugoslavia.
di Mara Bianchi da Destra.it del 3 marzo 2014
Negli anni Novanta qualcuno iniziò a ricordare vecchie ferite mai rimarginate, orrori taciuti ma non dimenticati. Con prudenza s’iniziò a parlare del terrorismo di stato titoista e delle vittime, in Croazia, in Serbia, in Slovenia. Cinque anni fa, su pressione della diaspora anticomunista slovena, una squadra di minatori armati di demolitori e picconi arrivò a Laško e distrusse il diaframma di cemento armato con cui i titini avevano sigillato la galleria. Nei cunicoli vennero rinvenuti quasi 3mila cadaveri.
Fino ad oggi la Commissione governativa d’inchiesta, guidata dallo storico Jože Dežman, ha ritrovato e “certificato” 800 salme ma i lavori “stranamente” si sono interrotti da tempo. Furibondo il professo Dežman ha più volte sollecitato il governo affinché si completi il recupero dei resti di tutti i giustiziati e si dichiari il pozzo monumento nazionale aprendo sul posto un museo per i visitatori. Ma i desiderata del docente purtroppo continuano a cadere nel nulla. Messa alle strette, la direttrice della sezione per veterani di guerra e vittime dei crimini di guerra del ministero del Lavoro Dragica Bac ha confermato che i lavori alla Huda jama potrebbero iniziare quest’anno ma ha anche precisato che già da oggi mancano 50mila euro. Insomma, meglio risparmiare e dimenticare. Agli sloveni Tito fa ancora paura.