Ti prudono le mani, a sapere che il tombarolo che avrebbe trovato la villa sui colli di Caligola non ha fatto un minuto di galera. Ti prudono a sapere che stava per vendere all’ estero la statua dell’ imperatore e han dovuto, obbedendo riluttanti alla legge, rilasciarlo. Ti prudono a sapere che forse ha spaccato altre sculture per venderle a pezzi. Perché quello che è successo a Nemi non è un episodio: è lo specchio dell’ Italia. Invelenita col borseggiatore, distratta con chi ci rapina del nostro unico tesoro: l’ arte, bellezza, il paesaggio. L’ hanno riconosciuto da un calzare. Al piede sinistro la statua ha la «caliga», la scarpa dei legionari che Gaio Giulio Cesare Germanico era solito indossare fin da fanciullo. Un vezzo che gli era valso il soprannome con il quale sarebbe stato tramandato ai posteri, diventato sinonimo di crudeltà, violenza e dissolutezza: Caligola.
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di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, dal “Corriere della Sera” del 15 gennaio 2011
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Ma anche senza quel marchio inconfondibile ci sarebbero stati ben pochi dubbi sul soggetto. Il trono sul quale la figura sta seduta è decorato con i simboli imperiali. E poi il materiale di cui è fatta la scultura: il marmo di Paros, considerato un tempo il migliore e più pregiato del mondo. I finanzieri del Gruppo tutela patrimonio archeologico, guidato dal maggiore Massimo Rossi, hanno trovato i pezzi della gigantesca statua di Caligola, alta più di due metri e trenta, giovedì mattina in un Tir che li stava portando a Ostia, dove con ogni probabilità sarebbe stata imballata per essere poi spedita all’ estero. Destinazione pressoché certa: la Svizzera. Accogliente rifugio per opere d’ arte e beni archeologici trafugati illegalmente. Un saccheggio ignobile, nel quale sono impegnati tombaroli, insospettabili mercati d’ arte, ma anche case d’ aste e perfino i musei più importanti del mondo. Il fenomeno è così grave che pure l’ Interpol ha sentito il bisogno di creare una banca dati on line. Nel sito specifica che il traffico illecito «è sostenuto dalla domanda del mercato dell’ arte» ma anche «dalla instabilità politica di alcuni Paesi». E precisa che l’ Italia è in testa alla lista delle nazioni più colpite. In due anni le Fiamme gialle hanno recuperato circa 11 mila reperti scavati illegalmente e finiti nelle mani dei trafficanti.
Ma al di là del valore dell’ oggetto, certamente superiore al milione di euro, la scoperta di giovedì è di una importanza storica rilevantissima, che va ben oltre la soddisfazione per aver sventato l’ ennesima razzia. La statua, di cui è stata recuperata metà, come fosse stata tagliata per la sua altezza e fratturata in due parti, è senza testa: si presume che ritraesse Caligola seduto su un trono nelle vesti di Zeus. A conferma di quello che raccontava lo storico Svetonio nelle Vite dei Cesari: che il terzo imperatore romano, non pago di aver nominato senatore il proprio cavallo Incitatus, fosse arrivato al punto da farsi adorare come un dio. Ma il dettaglio più straordinario di questa vicenda è che il recupero di un reperto archeologico trafugato, purtroppo uno dei tanti, ha fatto scoprire un luogo incredibile. La statua è stata trovata dal tombarolo che l’ ha prima scavata, quindi interrata di nuovo per nasconderla prima di piazzarla all’ intermediario che doveva trafugarla in Svizzera, in un terreno privato su una collinetta a ridosso di Nemi. Proprio in quel paesino a due passi da Roma si era sempre immaginata l’ esistenza di una dimora fatta costruire dallo stravagante nipote di Tiberio, magari con un mausoleo. Ma non se ne erano mai trovate le tracce. Tanto meno decisive come una statua dello stesso imperatore: ragion per cui gli esperti sono quasi certi che villa fosse lì, affacciata sul piccolo lago vulcanico, in un punto spettacolare, da cui si vede il mare fino ad Anzio, dove Caligola era nato. Anzi, potrebbero essere lì anche i suoi resti. Quel laghetto vulcanico, lo Specchio di Diana, sfiorato dalla via consolare Appia e sul quale si affacciano Nemi e Genzano, era il posto preferito del giovane mostro, come lo definì Svetonio. Lì aveva fatto costruire e ormeggiare due gigantesche navi lunghe settanta metri e larghe una ventina. Palazzi galleggianti, con i pavimenti di mosaico e le colonne di marmo, attrezzati per i baccanali suoi e della sua corte.
Ucciso a 29 anni dalle sue stesse guardie del corpo, il sanguinario imperatore era così odiato che alla sua morte gli scafi furono affondati. Riemersero alla fine degli anni Venti, quasi intatti: la fanghiglia aveva perfettamente conservato il fasciame. Fu una scoperta straordinaria: insieme alle navi vennero trovati oggetti che testimoniavano l’ incredibile livello tecnologico di quelle enormi imbarcazioni. I tubi di piombo dell’ impianto idraulico con stampigliato il nome dell’ imperatore, le ancore, una pompa di sentina in metallo perfettamente funzionante. Gli unici pezzi tuttora rimasti. Negli anni Trenta le due enormi chiglie vennero collocate in un museo fatto costruire dal regime fascista. Ma nel giugno del 1944 furono completamente distrutti da un incendio. Le fiamme sarebbero state appiccate dalle truppe tedesche d’ occupazione, in fuga da Roma verso la linea gotica. Uno sfregio. Non solo all’ Italia ma all’ intera umanità. Oggi il museo delle navi di Nemi contiene, oltre ai pochi pezzi risparmiati dall’ incendio, due modellini in scala. Nel 2009 ha incassato 12.317 euro: i visitatori paganti sono stati 6.547, neppure 18 al giorno. Anche la residenza di Caligola, dopo l’ uccisione dell’ imperatore, potrebbe aver subito lo stesso trattamento delle navi. Lo dice la logica. E le condizioni in cui è stata trovata la statua (le fratture sono antiche) ne sarebbero la dimostrazione. Ma se quello è il posto, gli archeologi si potrebbero trovare di fronte a un sito straordinario. Ecco perché l’ operazione delle Fiamme Gialle ha fatto letteralmente impazzire di gioia la Soprintendenza dei beni archeologici del Lazio. Gettandola al tempo stesso nello sconforto: forse ha lì, a portata di mano, un tesoro incredibile e i mezzi per scavare sono risicatissimi. Perché bisogna lavorare in fretta, e con i tagli imposti ai beni culturali, i soldi sono quelli che sono. Ossia quasi zero, al confronto di quanti ne servirebbero. E’ una gara, adesso. Drammatica. Arriveranno prima gli archeologi o i razziatori, i quali dei divieti se ne fottono e distruggono le tracce che aiutano a ricostruire la storia e sanno che dieci mesi fa i saccheggiatori dei parchi archeologici di Crustumerium e di Veio che si erano impossessati di un ben di Dio di orecchini, anelli, anfore, vasi, piatti, spille, collane, statue e affreschi se la cavarono con una condanna a 16 anni in sei, cioè poco più di due anni a testa?
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Ritratto di Caligola
di Sergio Rizzo, dal “Corriere della Sera” del 15 gennaio 2011
Sul trono L’ imperatore Gaio Giulio Cesare Germanico, conosciuto come Caligola, nacque ad Anzio il 31 agosto 12. Fu il terzo imperatore romano, appartenente alla dinastia giulio-claudia, e regnò dal 37 al 41 L’ elezione Dopo la morte di Tiberio (16 marzo 37) il Senato annullò il suo testamento che lasciava la guida dell’ impero a Caligola e al nipote Tiberio Gemello: il sospetto era che al momento della stesura Tiberio fosse insano di mente. Caligola a 25 anni venne proclamato Imperator: era il 18 marzo 37.
Stando alle fonti, Caligola, al culmine del suo regno, avrebbe voluto essere proclamato Dio. Forse era l’ ennesima manifestazione della sua follia (si dice che, in disprezzo del Senato, nominò senatore il suo cavallo), ma è più probabile che fu il tentativo di un giovane principe di mantenere il potere con tutti i mezzi.
Caligola morì a Roma, 24 gennaio 41 assassinato in una congiura di Pretoriani guidati da due tribuni, Cassio Cherea e Cornelio Sabino. Insieme a lui persero la vita la moglie Milonia Cesonia e la figlia Giulia Drusilla. Dopo Caligola salì al trono suo zio Claudio che durante l’ omicidio del nipote era nascosto dietro ad una tenda.