E’ scontato che l’intelligence Usa voglia sapere tutto il possibile su un incontro segreto tra due importanti ministri di paesi nemici. Forse, però, è un po’ meno ovvio che lo voglia scoprire con 29 anni di ritardo, dopo aver letto il libro di uno storico e che per trovare qualche conferma si rivolga ad una ex spia nazista. Questi, in breve, i termini di una curiosa storia così come emerge da un documento della CIA desecretato di recente o ora disponibile a chiunque abbia voglia di curiosare nell’oceano di carte digitalizzate dal governo degli Stati Uniti e rese disponibili grazie al Freedom of Information Act.
Come si è detto, in questo caso, la CIA si è mossa con un certo ritardo. Infatti, da Langley (Virginia), quartiere generale della famosa agenzia di intelligence, il dispaccio che ci interessa, classificato “SECRET” e contrassegnato dalla sigla “EGNS-8242”, è stato inviato solo il 14 marzo 1972. Ed è facile immaginare la perplessità che deve avere colto il destinatario – il capo stazione dell’Agenzia nella Germania Federale – visto che gli si chiedeva di approfondire un avvenimento di quasi 29 anni prima. Per di più sulla base di un libro pubblicato negli Stati Uniti un anno avanti ma che era già uscito in Gran Bretagna nel 1970. A rendere ancora più surreale il tutto c’era il fatto che il volume che aveva attirato l’attenzione della CIA non affrontava temi di attualità politica o economica ma era un libro di Storia. Oltretutto scritto da un importante autore morto prima che il suo ultimo lavoro approdasse nelle librerie. Al centro di tutta la storia che stiamo per raccontare c’è un passo, poco più di un accenno, presente a pag. 488 della prima edizione Usa (“G. P. Putnam’s Sons” di New York) della “Storia della Seconda Guerra Mondiale” dello storico militare britannico Basil Henry Liddell Hart (1895-1970). Frase riassunta nell’ “oggetto” del curioso dispaccio CIA: «Pubblicazione di un singolare accenno all’incontro Molotov – Ribbentrop nel 1943». Il documento è stato declassificato dalla CIA in base al “Nazi War Crimes Disclosure Act” che dal 1998 ha visto la progressiva pubblicazione di milioni di pagine di documenti riservati e segreti riguardanti i criminali e i crimini di guerra nazisti. Che un documento che richiama un episodio di “diplomazia segreta” sia finito tra i dossier sui crimini di guerra del Terzo Reich non è un caso e troverà una spiegazione tra qualche riga. Prima vediamo però di orientarci meglio.
Per chi non abbia grande dimestichezza con la storia della Seconda guerra mondiale ecco qualche dettaglio utile a capire lo stupore della CIA: Vjačeslav Michajlovič Molotov e Joachim von Ribbentrop nel 1943 erano i ministri degli Esteri rispettivamente dell’Unione Sovietica e della Germania nazista, due Paesi in guerra dal giugno 1941. I due erano stati i protagonisti della preparazione e poi della firma a Mosca, il 23 agosto 1939, del patto di non aggressione tra Urss e Terzo Reich che aveva sorpreso il mondo e preceduto di pochi giorni lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Con quel patto (specie nel suo protocollo segreto), Hitler e Stalin si erano accordati per definire le rispettive sfere di influenza nell’Europa dell’est, a cominciare dalla Polonia che da lì a poche settimane sarebbe stata invasa da tedeschi e sovietici che avevano fissato il confine delle rispettive zone di occupazione lungo la linea dei fiumi Pissa, Narew, Vistola e San.
Come si legge nel primo paragrafo del dispaccio del 14 marzo 1972: «È generalmente accettato che questi signori si siano incontrati per l’ultima volta nel novembre 1940. Liddell Hart afferma che c’è stato un incontro dietro le linee tedesche in Russia nel giugno 1943». E qui la sorpresa ci stava tutta perché tra il novembre 1940 – quando Molotov si era recato a Berlino per importanti ma infruttuosi colloqui con Hitler e Ribbentrop – e il giugno 1943 era cambiato tutto: infatti, il 22 giugno 1941, Hitler aveva rotto il patto dell’agosto 1939 e scatenato a sorpresa l’ “operazione Barbarossa” per l’invasione dell’Unione Sovietica. Una decisione che cambiò per sempre lo scenario strategico della guerra, portò alla morte di milioni di soldati e civili da entrambe le parti, mise le premesse sia per la sconfitta tedesca che per il riassetto geopolitico dell’Europa dell’Est per i successivi cinquant’anni.
Entrando nei particolari, l’ignoto estensore del dispaccio (tutti i nomi dei personaggi interessati alla vicenda sono stati purtroppo cancellati) aggiunge che, stando a quanto scritto da Liddell Hart, «In giugno <1943>, Molotov incontrò Ribbentrop a Kirovograd, che era all’epoca all’interno delle linee tedesche, per una discussione sulle possibilità di porre fine alla guerra. Secondo gli ufficiali tedeschi che parteciparono in qualità di consulenti tecnici, Ribbentrop propose come condizione di pace che la futura frontiera della Russia lungo il Dnieper, mentre Molotov non avrebbe preso in considerazione nulla di meno che il ripristino della frontiera originaria; la discussione si è arenata sulla difficoltà di colmare un tale divario e fu interrotta dopo che la notizia <dell’incontro> era trapelata alle potenze occidentali». Volendo fare una piccola divagazione viene da fare un parallelo con l’attuale situazione in Ucraina dove un’eventuale trattativa di pace si scontrerebbe con la posizione di Kiev di voler ripristinare la situazione al febbraio 2022 mentre i russi, ovviamente, vorrebbero conservare i vantaggi conquistati sul terreno. Niente di diverso quindi dalle posizioni di Urss e Terzo Reich nel giugno 1943: i sovietici mettevano come condizione il ritorno ai confini del 21 giugno 1941 mentre i tedeschi volevano che gli venisse riconosciuta la conquista della parte occidentale dell’Ucraina, fino al Dniepr che, da nord a sud, taglia quasi a metà il territorio ucraino.
Trascurata dalla CIA – almeno nel documento che stiamo commentando – ma interessante per studiosi e appassionati di Storia è l’osservazione che Liddell Hart aveva fatto prima della sua “rivelazione”. E cioè che alle soglie dell’estate 1943, a soli cinque mesi dalla pesante – ma comunque sopravvalutata – mazzata di Stalingrado, i tedeschi militarmente erano sul fronte orientale ancora in discreta forma. Al punto da impensierire i vertici dell’Armata Rossa e del Cremlino, disposti quindi ad una possibile soluzione diplomatica. Anche perché inglesi e americani ancora non si decidevano ad aprire davvero il secondo fronte in Europa che avrebbe costretto i tedeschi a distogliere uomini e mezzi dal teatro di guerra russo. L’imminente sbarco anglo-americano in Sicilia non bastava mentre per quello in Normandia si sarebbe dovuto attendere ancora un anno. Troppo per i russi, memori delle batoste subite nelle due estati precedenti, con una terza bella stagione alle porte e con i tedeschi che si presentavano già all’offensiva. A luglio’43 ci sarebbe stata la gigantesca battaglia di Kursk – il più grande scontro di mezzi corazzati di tutta la guerra – che avrebbe visto la sconfitta nazista. Ma questo, ai primi di giugno nessuno poteva saperlo. Ed ecco il perché dell’incontro Molotov-Ribbentrop che, comunque, ebbe un lungo strascico anche nei mesi seguenti.
Benché trascurata da molti storici, la circostanza oggi non dovrebbe sorprendere più di tanto: come hanno dimostrato, ad esempio, Eugenio Di Rienzo ed Emilio Gin in un fondamentale saggio dal titolo “Le potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica 1939-1945” (Rubettino, 2013) i contatti tra nazisti e sovietici furono frequenti per buona parte della guerra e ebbero già all’epoca eco in numerosi rapporti e memorie di diplomatici e politici di vari paesi, belligeranti e neutrali. Certo non tutti gli abboccamenti furono al livello di quello che potrebbe essere avvenuto nel giugno 1943 a Kirovograd (dal 2016, in ossequio alle leggi anti russe dell’Ucraina, ribattezzata Kropyvnyc’kyj), un importante centro al centro dell’Ucraina, a 300 km a sud est della capitale Kiev. Ma, per quanto importante, si trattò comunque di un episodio di una storia più lunga, oggi a disposizione di chiunque voglia approfondirla. Evidentemente oggi abbiamo più notizie di quante ne avesse la CIA all’inizio degli anni Settanta. Non si spiegherebbe altrimenti il documento che stiamo analizzando che ha la sua principale ragion d’essere nel fatto che ormai era impossibile chiedere lumi direttamente a Liddell Hart, morto nel gennaio 1970 all’età di 74 anni: «Abbiamo appreso – si legge ancora nel terzo capoverso del dispaccio CIA – che l’editore di Liddell Hart sostiene di aver sollevato questo punto in una conversazione sul manoscritto alcune settimane prima della morte dell’autore. Liddell Hart avrebbe detto che si aspettava che la storia dell’incontro Molotov-Ribbentrop avrebbe suscitato scalpore ma che aveva dei dati a supporto che avrebbe mostrato all’editore quando se ne fosse presentata l’occasione. L’editore sostiene di aver cercato riscontri tra i documenti dello storico deceduto ma senza successo. L’editore, tuttavia, ritiene che la storia sia autentica».
Già all’epoca c’era il convincimento che Liddell Hart non avesse in mano documenti ma che si fosse basato su fonti orali. Uno dei suoi libri più celebri era infatti “Storia di una sconfitta. Parlano i generali del III Reich” (1948) basato su interviste a ufficiali di alto rango della Wehrmacht tedesca. Se così è stato, Liddell Hart ha comunque tenuto per sé quanto aveva appreso per oltre vent’anni, consapevole forse di quanto la CIA osservava ancora nel 1972: «Ragioni di Stato renderebbero la divulgazione di informazioni su questo evento politicamente indesiderabile per i Paesi direttamente coinvolti nell’incontro, e forse anche per altri Paesi». La Guerra Fredda imponeva cautele oggi impensabili, anche se riguardavano non solo nemici di oggi ma anche nemici di ieri. Le cautele valevano soprattutto sulla divulgazione di certe informazioni ma non certo sulla loro raccolta e verifica. Sapere più cose possibili sull’avversario vuol dire, da sempre, avere un vantaggio che può essere utile alla prima occasione.
Ma come verificare le notizie riportate dal defunto Liddell Hart? Ribbentrop era stato impiccato a Norimberga nell’ottobre 1946 mentre Molotov era ancora vivo (aveva 82 anni nel 1972) ma era a Mosca, caduto da tempo in disgrazia, emarginato, espulso dal Partito comunista e quindi, per più motivi, irraggiungibile. E qui arriva il “colpo di genio” dello sconosciuto funzionario della CIA di Langley: perché non chiedere ad un personaggio che “non poteva non sapere” come il generale Reinhard Gehlen, capo dei servizi di informazione tedeschi sul fronte orientale durante la Seconda guerra mondiale? Nel 1972 Gehlen (che era nato a Erfurt, in Turingia, nel 1902) non solo era vivo e vegeto ma aveva uno stretto legame sia con la CIA sia con l’intero mondo dell’intelligence atlantico. Infatti, era stato reclutato già nell’immediato dopoguerra dagli statunitensi – ai quali aveva fornito diverse casse di documenti riservati in cambio dell’immunità – per organizzare una rete di controspionaggio anti sovietica. I successi dell’ “Organizzazione Gehlen” (oltre 4.000 agenti, molti con un passato simile a quello del loro comandante) sono rimasti leggendari anche perché sono durati per vari anni, surrogando di fatto, in quello scacchiere strategico, la stessa CIA, appena sorta in sostituzione del vecchio OSS. Nel 1956 poi Gehlen divenne il capo dei neonati servizi segreti della Germania Federale: il BND (Bundesnachrichtendienst). In questo ruolo, il generale continuò la sua battaglia anti comunista fino al 1968 quando decise di dare le dimissioni e ritirarsi. Da tempo, complici anche alcuni “infortuni” professionali (in guerra e nello spionaggio le botte si danno ma si prendono anche…), Gehlen era sotto attacco anche perché con un curioso tempismo da vari settori della società tedesca e europea ma anche da Oltreoceano si era iniziato a premere perché la Germania Federale facesse piazza pulita dei molti ex nazisti che ancora operavano in vari settori dello Stato. La Seconda guerra mondiale era finita da oltre vent’anni ma solo ora ci si accorgeva di certe carriere a zig-zag che certo non sono state – come sembrano pensare alcuni sprovveduti di casa nostra – una prerogativa italiana ma hanno riguardato tutto l’Occidente della Guerra Fredda, senza distinzione tra nazioni “vincitrici” e “sconfitte”. Dopo quello tedesco infatti il caso più clamoroso non è quello italiano ma probabilmente quello francese con il mai risolto problema con l’eredità di Vichy.
Gehlen, quindi, a fine 1968 era ormai un pensionato e nel 1972, come molti prima di lui, stava probabilmente già mettendo mano alle sue memorie che usciranno un anno prima della sua morte nel 1977 (l’editore Odoya le ha ripubblicate in italiano nel 2018: “Memorie di una spia”, pp. 368, € 22,00). Per come era stato accompagnato alla porta, benché con il contentino di due alte onorificenze (una Usa, l’altra tedesca) e una cospicua pensione, il generale probabilmente non era molto ben disposto verso gli americani e men che meno verso la CIA. Da qui il suggerimento di avvicinarlo in “modo informale”. Purtroppo, il nome dell’agente che aveva un collegamento diretto con l’ormai ex super spia è stato cancellato: «“X”, che ha un accesso professionale al Generale Gehlen intende affrontare la questione del rapporto Liddell Hart in modo informale con il Generale. Anche se riteniamo che la probabilità di una conferma non sia forte, probabilmente è meglio avvicinarsi a Gehlen in questo modo piuttosto che attraverso i canali ufficiali».
L’ultimo paragrafo del documento riserva un’ultima sorpresa perché sembra tradire il vero interesse di Langley per la questione dell’incontro segreto Molotov-Ribbentrop: curiosamente, sembra cioè che l’ignoto autore del documento abbia voluto sminuire quello che era stato detto poche righe prima e cioè che «ragioni di Stato renderebbero la divulgazione di informazioni su questo evento politicamente indesiderabile per i Paesi direttamente coinvolti nell’incontro, e forse anche per altri Paesi». Invece, in chiusura, sembra che tutta l’iniziativa – benché classificata “Secret” – fosse da ricondurre alla semplice volontà di soddisfare la curiosità di un non meglio identificato personaggio, il cui nome è pure stato cancellato: «La storia dell’incontro diplomatico, finora sconosciuto, è principalmente di interesse storico, ma è un utile spunto di conversazione per gli agenti dell’intelligence, crediamo, con i contatti ufficiali tedeschi. Questo sarebbe vero almeno a Monaco e a Bonn e siamo sicuri che la storia interesserà “X”. Tra i contatti tedeschi della “Stazione” potrebbero esserci persone che hanno una certa conoscenza dell’evento riferito dallo storico britannico. Se così fosse, saremmo molto interessati a venirne a conoscenza».
Insomma, “ragione di Stato” o semplice curiosità? Lo strano documento dà spazio, in poco più di una pagina, ad entrambe le ipotesi anche se solo una è quella vera. Quale? Probabilmente la prima visto che si era in piena Guerra Fredda. Ed è forse questo il vero punto di interesse del documento anche perché è sicuro che Gehlen, per il ruolo ricoperto sul fronte russo tra il 1941 e il 1945, non può che aver confermato le parole di Liddell Hart. Che negli anni a seguire hanno comunque trovato ulteriori e più circostanziati riscontri provenienti dagli archivi. Chissà se i personaggi i cui nomi sono stati prudentemente sbianchettati prima che il dispaccio “EGNS-8242” venisse declassificato hanno potuto comunque soddisfare velocemente le loro “semplici curiosità” grazie a Gehlen. Oppure hanno dovuto attendere qualche ricerca d’archivio degli anni successivi…
Articolo pubblicato il 28/5/24 sul blog “La nostra storia” di Dino Messina / Corriere.it