di Gian Paolo Pelizzaro per Storiainrete.com del 22 novembre 2025
Domenica 16 novembre nei giornali, tv e radio nazionali è scoppiata una nuova “epidemia” di isteria collettiva a causa di un’anticipazione diffusa quel pomeriggio dalla redazione della trasmissione “Lo stato delle cose” di Massimo Giletti per la puntata di lunedì 17 novembre, in prima serata su Rai 3. Leggiamo da Fanpage:
«Un documento riservato, quattro pagine strappate e un’indagine che potrebbe cambiate tutto. Massimo Giletti anticipa una nuova rivelazione sul caso Emanuela Orlandi: i servizi segreti italiani seguivano la famiglia già all’epoca della scomparsa. Ma c’è di più. Quel dossier, mutilato in una parte cruciale, contiene un dettaglio che ha portato la redazione del programma a un indirizzo preciso, appena fuori Roma. Un luogo reale, indicato nero su bianco che potrebbe riaccendere una delle piste più oscure di sempre».
Lo stile e il tenore di questo articolo dal titolo “Caso Emanuela Orlandi: ‘Documento dei servizi segreti con pagine strappate, domani sveliamo dove ci porta’” evoca qualcosa di gravissimo e inquietante, mai investigato prima.
E così in quasi tutte le redazioni è scattata l’ansiogena attesa della puntata de “Lo stato delle cose” per vedere questo benedetto documento dei servizi segreti italiani con le «pagine strappate». Lunedì sera, dopo un lunghissimo (e rissoso) slot dedicato al guazzabuglio di Garlasco (delitto di Chiara Poggi), finalmente Giletti – con fare ieratico – agitava fugacemente davanti alle telecamere la nota di trasmissione di una serie di atti dell’allora SISDE, firmata dal direttore pro tempore dell’AISI, generale Arturo Esposito, risalente al 24 luglio del 2013, e indirizzata alla Procura della Repubblica di Roma, all’attenzione del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. L’AISI, «a scioglimento delle riserve formulate» nel corso dell’accesso agli atti svolto dallo stesso Capaldo due settimane prima (il 10 luglio) presso la sede dell’Agenzia, trasmetteva formalmente copia della documentazione richiesta dal magistrato.

Fra questi documenti c’è un appunto, risalente al 22 luglio 1983, prodotto dal Raggruppamento Centri SISDE di Roma indirizzato alla direzione del Servizio nel quale veniva riassunta una serie di attività info-operative sulla vicenda Orlandi.
Nel servizio lanciato da Giletti veniva poi mostrato un brano di questo appunto, riguardante un’attività informativa svolta nei confronti di Mario Meneguzzi, marito di Lucia Orlandi, sorella di Ercole e quindi zio di Emanuela. Nessuna traccia, ovviamente, di quanto era stato anticipato il giorno precedente, e cioè dei presunti pedinamenti del SISDE nei confronti di Meneguzzi, né tantomeno alcun accenno ad «un indirizzo preciso, appena fuori Roma». Il brano (punto 7 dell’appunto del SISDE) posto in evidenza durante la puntata de “Lo stato delle cose” era il seguente:
«Sono in corso riservatissimi accertamenti sul conto della famiglia Orlandi, degli amici dei figli frequentatori della casa e su conto dello zio di Emanuela, Meneguzzi Mario, nato a Castellammare di Stabia il 20.3.1933, coniugato con Orlandi Lucia, nata a Città del Vaticano il 20.5.1934. Dall’unione sono nati tre figli, Giorgio, nato a Roma il 23.12.1957; Pietro, nato a Roma il 26.9.1960 e Monica, nata a Roma l’1.9.1965».



Giletti, come preannunciato, dava ampio risalto alla “notizia” che da questo appunto del servizio segreto civile mancano «quattro pagine». In verità, se avessero controllato meglio, le pagine mancanti dal PDF sono cinque (6, 7, 10, 11 e 12). Ciò è spiegabile con un difetto di scansione dalle copie cartacee quando negli uffici giudiziari di Roma, ricevuti i documenti dell’ex SISDE dalla direzione dell’AISI, vennero trasformati in un file PDF. Questa documentazione venne acquisita agli atti del procedimento penale 11694/10 RGNR a carico di Sergio Virtù e altri (l’inchiesta Capaldo-Maisto, per intenderci) che poi è stata archiviata dal GIP di Roma, Giovanni Giorgianni, il 19 ottobre 2015. Copia in PDF del fascicolo di quel procedimento penale venne poi messa a disposizione delle parti (difensori, avvocati, indagati e parti offese) e da quel momento sono ovviamente arrivati nelle mani di noi giornalisti. Chiariamo subito: non esiste nessun documento dei servizi con le pagine strappate. Le pagine mancanti di quel particolare appunto in PDF (esibito da Giletti in tv) sono conservate in Procura a piazzale Clodio, così come gli originali sono custoditi nell’archivio dell’AISI e DIS.
Ma il punto è un altro. Gran parte dei documenti dell’ex SISDE (tranne quelli relativi a Marco Accetti, che spuntò fuori con le sue “rivelazioni” nel marzo del 2013) erano stati a suo tempo acquisiti in copia anche dall’allora giudice istruttore Rosario Priore, titolare della terza inchiesta sull’attentato al Papa. E qui facciamo la bella scoperta: le pagine mancanti dell’appunto SISDE del 22 luglio 1983, sbandierato da Giletti sulla terza rete del servizio pubblico, sono conservate in uno dei faldoni dell’istruttoria Priore. Sarebbe bastato alla redazione de “Lo stato delle cose” chiedere a chi aveva fatto ricerche anche su quel versante e scoprire che non c’era nessun mistero e nessuna «pagina strappata». Ma immaginate, voi, il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo che, ricevuta dal direttore dell’AISI la documentazione dell’ex SISDE sul caso Orlandi, scopre che a uno degli appunti sarebbero state strappate cinque pagine? Che avrebbe fatto?
Ma tant’è. L’isteria è contagiosa, soprattutto fra gli incompetenti.
La pagina mancante relativa al punto 7 dell’appunto de 22 luglio 1983, e cioè afferente ai «riservatissimi accertamenti» sulla famiglia Orlandi venne trasmessa dall’allora vice direttore operativo del SISDE, Vincenzo Parisi, nientemeno che a tutta la catena gerarchica: al ministero dell’Interno (Gabinetto Segreteria speciale), segretario generale del CESIS, al Dipartimento della Pubblica Sicurezza, al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e al SISMI.



Cosa c’era scritto in quelle pagine dell’appunto che ha fatto agitare Giletti e molte redazioni di giornali e tv? Premessa: il punto 7 dell’appunto del 22 luglio 1983 si concentrava sulle informazioni acquisite sul conto della famiglia Meneguzzi. In particolare era stato «attenzionato» il figlio di Mario, Pietro, soprattutto per la sua militanza nei gruppi della sinistra extra parlamentare e per una serie di reati commessi nell’ambito di queste attività. Su questo particolare filone investigativo chi scrive aveva pubblicato, con la collega Rossella Pera, un articolo per il giornale online La Giustizia, il 16 luglio 2023, dal titolo “Caso Orlandi: dal SISDE a Mario Meneguzzi. Misteri e zone d’ombra”. Un intero brano di quell’articolo era tratto proprio dall’appunto del SISDE del 22 luglio 1983, nella parte dedicata a Pietro Meneguzzi:
Dalle prime indagini è emerso che il figlio Pietro, anche egli dipendente della Camera dei Deputati dal 1980, ora lavora in qualità di commesso, è di ideologia di estrema sinistra e aderisce ad Autonomia Operaia [in realtà, quando è stato ascoltato dalla Commissione parlamentare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, il 30 maggio 2024, Pietro Meneguzzi ha voluto specificare che era militante di Lotta Continua]. Intelligente, possiede discreta cultura ed è di carattere forte e deciso. In passato si è più volte evidenziato per aver partecipato a manifestazioni organizzate dai gruppi di estrema sinistra. A suo carico si rilevano i seguenti precedenti penali: interruzione di pubblico ufficio e lesioni personali […]
Da qui la pagina si interrompe e quella successiva (la 10) risulta mancante nel PDF preparato dagli uffici giudiziari. Ma proprio quella pagina, relativa sempre al punto 7 dell’appunto, veniva ripresa dal vice direttore operativo del SISDE, Parisi, e la inoltrava agli organi di governo e alle altre articolazioni della Pubblica Sicurezza e del SISMI, con nota dello stesso 22 luglio 1983:
«Nel corso degli accertamenti si è appreso anche che il cugino della scomparsa, Pietro Meneguzzi, nato a Roma il 26.9.1960, impiegato in qualità di commesso presso la Camera dei Deputati, aderisce ad Autonomia Operaia ed ha precedenti penali per lesioni personali, interruzione di pubblico ufficio, minacce gravi e danneggiamento».
Lo “scoop” della trasmissione “Lo stato delle cose” si è inesorabilmente sgonfiato come un pallone bucato, lasciando ancora una volta gli ignari telespettatori e lettori davanti a uno scenario desolato e desolante, sempre più intossicato e avvelenato da sciatteria, false notizie, bufale e isterie collettive di un’informazione oramai ostaggio dei like…


