Il 13 dicembre di cinque secoli fa nasceva Felice Peretti, futuro Sisto V, chiamato il “papa tosto” da Giuseppe Gioachino Belli. Tra i tanti fatti di rilievo nel suo pontificato, la fondazione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e l’innalzamento in piazza San Pietro dell’Obelisco Vaticano. Fu anche grande estimatore e patrono di Giovanni Pierluigi da Palestrina.
Massimo Scapin da La Nuova Bussola Quotidiana del 11-12-2021
Cinque secoli fa, il 13 dicembre 1521, a Le Grotte, oggi Grottammare, una cittadina ridente sulla costa adriatica nelle Marche, nasceva er papa tosto: Sisto V, al secolo Felice Peretti. Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), il maggior poeta romanesco, lo celebra in uno dei suoi graziosi sonetti: “Fra ttutti quelli c’hanno avuto er posto / De vicarj de Dio, nun z’è mai visto / Un papa rugantino, un papa tosto, / Un papa matto, uguale a Ppapa Sisto” (I sonetti romaneschi di G. G. B., a cura di L. Morandi, Vol. 3, Città di Castello 1886, p. 266).
Felice nasce in un’umile famiglia, originaria di Montalto Marche, da lì allontanata tre anni prima per ragioni politiche. Il futuro papa sarà sempre legato alle sue origini popolari e ai suoi conterranei, concedendo loro doni e privilegi. Entrato a 13 anni nell’Ordine dei francescani minori conventuali, a 27 diviene dottore in teologia a Fermo. Quattro anni dopo entra in sintonia con Michele Ghislieri, il futuro san Pio V (1504-1572), che lo consacra vescovo nel 1566 e lo crea cardinale nel 1570. Eletto papa per acclamazione il 24 aprile 1585, Sisto V governa per soli cinque anni con il massimo vigore.
Ripercorrendoli per sommi capi, il papa tosto reprime il serio problema del banditismo; attua le disposizioni del Concilio di Trento (1545-1563) e nel 1586 fissa a 70 membri il numero del collegio cardinalizio; nell’ambito dei rapporti internazionali mantiene la necessaria libertà della Chiesa e combatte l’infezione protestante. Il suo architetto di fiducia, Domenico Fontana, lo aiuta a cambiare il volto di Roma in appena cinque anni; solo per citare le opere maggiori: fa erigere quattro antichi obelischi sormontati da croci (l’Obelisco Vaticano, l’Obelisco Flaminio, l’Obelisco Esquilino e l’Obelisco Lateranense); incorona le due colonne trionfali della Roma imperiale (di Marco Aurelio e Traiana) con statue, rispettivamente, dei santi Pietro e Paolo; porta a compimento la Cupola di San Pietro e fa costruire la sua Cappella Sistina in S. Maria Maggiore, in cui oggi è sepolto; ordina l’ampliamento della Biblioteca Apostolica Vaticana, dove si può ammirare la splendida Sala Sistina, decorata da alcuni dei maggiori pittori di quel tempo; realizza l’importantissimo acquedotto, chiamato Acqua Felice, risolvendo i problemi della distribuzione idrica al centro di Roma; fa costruire il Palazzo del Laterano e ampliare la dimora papale del Quirinale. Colpito da febbri, muore al Quirinale la sera del 27 agosto 1590 all’età di 68 anni.
L’Ufficio Filatelico e Numismatico Vaticano gli dedica due francobolli; noi vogliamo richiamare due eventi che interessano la musica. Il primo riguarda «l’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, vale a dire due istituzioni che, per la loro storia, la qualità della loro arte e il suono tipicamente “italiano”, rappresentano Roma e l’Italia nel panorama musicale mondiale» (Benedetto XVI, Discorso, 1 ottobre 2010). Il primo maggio 1585, con la bolla Ratione congruit, Sisto V istituisce la «Congregazione dei Musici sotto l’invocazione della Beata Vergine e dei Santi Gregorio e Cecilia» – unendo quindi fra i suoi patroni accanto alla donna del Magnificat i due santi musicali per eccellenza – che tanta importanza avrà nella vita musicale romana. «Anche il grande Giovanni Pier Luigi da Palestrina fece parte di quella Congregazione, la quale perdurò fino al secolo XVIII. Nel secolo XIX essa riprese vita, dividendosi in due rami, per la musica “profana” con il nome di “Accademia Nazionale di Santa Cecilia”; e per la musica “sacra” con il nome di “Associazione Italiana Santa Cecilia”» (Giovanni Paolo II, Omelia, 21 settembre 1980).
Il secondo avvenimento è certamente un fatto memorabile dell’anno 1586: il trasporto, da dove si trovava vicino alla sagrestia al centro della piazza di San Pietro, e l’innalzamento dell’obelisco neroniano. L’impresa, per cui s’impiegarono 800 uomini, 160 cavalli, 40 argani e decine di funi, è documentata da Domenico Fontana. Il giorno 10 settembre, finiti i lavori, è segnato da una solenne processione; il vescovo Bartolomeo Ferratino junior (D. Rezza & M. Stocchi, Il capitolo di San Pietro in Vaticano dalle origini al XX secolo, Edizioni Capitolo Vaticano, 2008, p. 330) celebra la Messa all’altare allestito vicino all’obelisco. Si benedice la «guglia» con il canto della Cappella Giulia (i cantori di San Pietro), diretta da Giovanni Pierluigi da Palestrina. Lo stesso Fontana, dopo aver elencato i salmi e le preghiere recitate, racconta: «e all’hora il Vescovo consignò la Croce al Diacono, il quale aiutato da Chierici l’inalzò, e mentre si tirava in cima, si cantò l’Hinno Vexilla regis prodeunt, etc. insino al Versiculo O crux ave Spes unica in hoc solemni tempore, etc., e quando la Croce fu collocata nella sommità della Guglia, tenendola il Diacono per il piede, mentre era sostentata da gli Artefici; tutti da basso s’inginocchiarono, e i Cantori cantorno: O crux ave spes unica in hoc solemni tempore, etc., finendo l’Hinno, e le trombe diedero segno d’allegrezza». (D. Fontana, Della trasportatione dell’obelisco vaticano et delle fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V. Libro primo, Roma 1590, p. 33 verso). Più avanti, l’autore nomina tutti i partecipanti alla processione: i mansionari, i cappellani, i chierici beneficiati, i beneficiati. «Dopo questi venivano il Signor Giovan Pietro Prenestini con diciotto Cantori» (D. Fontana, Ibidem, p. 34 verso).
Eccolo Palestrina, di cui Sisto V è grande estimatore e patrono, a dirigere il proprio Vexilla regis a 4 voci, l’inno su testo di Venanzio Fortunato (530-607) in cui è esaltato Cristo che regna dall’alto di quel trono d’amore e non di dominio che è la Croce, che il Princeps Musicæ pubblicò nella grandiosa raccolta di 45 Hymni totius anni dedicata appunto allora al felicemente regnante papa tosto. «Quest’opera», scrive il compositore nella dedicatoria latina, «qualunque essa sia, la offro alla tua santità con ogni umiltà. Come la materia stessa è stata sempre graditissima alla tua santità, così spero che le mie cure per essa saranno approvate, se non per la capacità artistica, almeno per l’intenzione ed il tentativo. Roma, 16 aprile 1589» (in L. Bianchi, Palestrina: nella vita, nelle opere, nel suo tempo, Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina, 1995, p. 226). Il povero Pierluigi con soli diciotto cantori ad affrontare piazza San Pietro: che consolazione per chi di noi deve eseguire questa musica all’aria aperta!
Quante cose da ricordare e quante da godere, grazie a un umile ragazzo nato 500 anni fa e divenuto Sisto V! Anzi Sisto Ultimo, «perché nun ce po’ esse tanto presto / Un antro papa che je piji er gusto / De mettese pe nnome Sisto Sesto» (G. G. Belli, ibidem).