di Katia Bernacci per Storia in Rete del 31 maggio 2024
Il 28 febbraio 1953 James Denwey Watson e Francis Crick, ricercatori di Cambridge, uscirono dal laboratorio nel quale da mesi si erano pressoché autoreclusi, con una forte aritmia. I due erano pagati per indagare emoglobina e mioglobina, ma avendo entrambi il pallino per il DNA, acido nucleico che contiene le informazioni dei geni responsabili dell’esistenza degli esseri viventi, avevano ostinatamente continuato a fare ricerca anche nel campo della loro passione, senza che nessuno limitasse le ore di utilizzo del laboratorio. Ebbene, quella sera piovosa di febbraio, il primo pensiero euforico dei due fu di andare a bere una birra in un vicino pub. Dopotutto avevano appena scoperto la struttura a doppia elica del DNA, ipotesi per la quale avrebbero vinto il premio Nobel nel 1962. Il DNA, isolato dal biologo svizzero Friedrich Miescher nel 1869, aveva già alle spalle una lunga storia di scoperte, ma la forma del DNA, disegnata dalla moglie pittrice di Crick sotto indicazione dei due scienziati, aveva aperto un nuovo mondo. La doppia elica non era solo una scoperta scientifica, venne infatti promossa (anche nei libri dello stesso Crick) come la rivelazione della creazione.
Agli effetti il DNA è di importanza fondamentale in diversi settori, come quello forense, l’attuale biotecnologia, negli studi antropologici e genetici. Nella paleantropologia poi, disciplina nata da poche decine di anni come strada collaterale all’antropologia, che studia l’evoluzione dell’uomo partendo da reperti ossei o di tessuti, ci sono state innovazioni incredibili, così come nella paleogenetica. Sarebbero troppi gli esempi da citare, ma come non parlare del DNA estratto da capelli di 4.000 anni fa, conservati in un museo in Svezia? Un grande passo, dal quale è stato ricostruito il primo genoma umano completo. Lo studio del DNA, inizialmente troppo costoso e problematico, a causa delle facili contaminazioni con il DNA degli archeologi che avevano precedentemente toccato i reperti, ad oggi, grazie anche alla tecnologia più evoluta ha consentito di effettuare scoperte sensazionali, facendo capire che la popolazione umana si è spostata varie volte partendo dal continente dove presumibilmente è nata: l’Africa.
Certo non tutto è perfetto, ci sono anche elementi negativi, come sottolinea un interessante articolo pubblicato sul National Geographic del 25 settembre 2023: Questo tipo di analisi rischia di semplificare troppo la Preistoria, scrive il giornalista Andrew Curry, poiché non ci consente di sapere quale lingua parlassero i nostri antenati, in cosa credessero o cosa amassero, ma attualmente lo studio del DNA è la tecnica più approfondita e specifica che abbiamo per capire il passato. L’Australian Center for ancient DNA di Adelaide ha condotto alcuni studi sul DNA di denti e tessuti recuperati da scheletri di uomini e donne sepolti nella Germania centrale circa 7.500 anni fa. Dall’analisi dei dati è emerso che quelle popolazioni arrivavano dall’Eurasia, (Turchia o vicino oriente) ma soprattutto che 4.000-4.500 anni fa, c’è stato un cambiamento nei marcatori genetici che suggerisce un avvenimento enorme, forse drammatico. Cosa avvenne? Gli scienziati di Adelaide ci stanno lavorando e forse presto ci sveleranno qualcosa che potrebbe anche sovvertire quello che riteniamo essere il passato.
Anche l’istituto Max Planck non è da meno, nel 2023 è stato isolato per la prima volta il DNA di un essere umano partendo da un oggetto. È il caso di un ciondolo prodotto da ossa di cervo, ritrovato in Siberia, nella grotta di Denisova, che ha consentito di scoprire che la donna che lo ha posseduto è vissuta 25.000 anni fa.
Il riscaldamento globale e il conseguente scioglimento dei ghiacci ha portato alla luce numerosi reperti, consentendone lo studio tramite il DNA. Come è avvenuto per Otzi, la mummia di Similau di circa 5.300 anni che è stata ritrovata in Trentino Alto Adige nel 1991, a circa 3.200 metri di altezza. Il suo caso è molto particolare, nuovi studi hanno definito che la sua provenienza non era dalle steppe, come inizialmente si pensava, infatti circa il 90% del suo genoma indica una diretta discendenza da agricoltori del paleolitico del luogo. Anche la sua pelle era probabilmente più scura di come è stata rappresentata perché adesso sappiamo che le popolazioni dalla pelle chiara sono arrivate in Europa occidentale solo cinque-seimila anni fa. Otzi è forse uno dei primi casi di omicidio documentato della storia: una freccia è stata ritrovata nella sua spalla sinistra ed è stata la causa della sua morte avvenuta per dissanguamento. I suoi primati non si fermano qui: è anche il primo uomo tatuato ritrovato, sul suo corpo ci sono ben 61 tatuaggi, e nella sua borsa sono state rinvenute erbe e medicamenti che purtroppo non lo hanno aiutato a sfuggire a colui o coloro che lo volevano morto, prendendolo alle spalle in un gesto dettato unicamente dall’odio o dalla vendetta, visto che l’assassino non si è impossessato delle armi o dell’equipaggiamento di Otzi.
Grazie alla ricostruzione degli artisti Alfous e Andrei Kennis, è possibile vedere, presso il museo archeologico di Bolzano, il volto che poteva avere il cacciatore delle montagne, ed è una emozione incredibile. Le applicazioni dello studio del DNA sono un viaggio infinito attraverso la storia, chissà se un giorno riusciranno a scoprire chi ha ucciso Otzi?