Le immagini catturate dai satelliti americani durante la Guerra Fredda diventano oggi una miniera per gli archeologi, che hanno a disposizione una specie di camera del tempo che rivela molti siti nel frattempo inurbati o coperti dalla modernità.
Da Giornalettismo del 29 aprile 2014
UN TESORO – Il National Geographic ha pubblicato un servizio sui successi ottenuti dagli archeologi una volta che hanno avuto a disposizione le immagini declassificate registrate dai satelliti americani negli anni ’60. Realizzato attraverso l’uso dei satelliti Corona e reso noto solo nel 1993, il programma di foto-mappatura americano restituisce oggi a distanza di mezzo secolo una preziosa e dettagliata ricostruzione della superficie del pianeta com’era allora.
UNA MACCHINA DEL TEMPO – Un particolare aiuto per gli archeologi, che grazie a immagini capaci di riprendere oggetti grandi appena due metri, hanno avuto a disposizione inestimabili immagini di siti che nel frattempo sono mutati drasticamente a causa dell’espansione antropica. Solo nel medioriente è così triplicato il numero di siti archeologici individuati e conosciuti, città antiche, ma anche strade, canali e rovine ormai quasi introvabili anche con dotazioni più potenti.
L’ATLANTE ARCHEOLOGICO – La Society for American Archaeology ha presentato la settimana scorsa Atlante Corona del Medioriente, che rivoluziona la conoscenza della regione considerata culla della civilizzazione e custode delle prime città costruite dall’uomo. L’atlante riporta l’indicazione di molte città delle quali si è o si era persa la memoria storica, alcuni dei quali enormi e completamente sconosciuti, come accade per le intere città e le reti di strade e canali che le servivano.
UN BOOM DI SCOPERTE – Ai circa 4.500 siti conosciuti se ne sono così aggiunti altri 10.000, permettendo tra l’altro di ricostruire geografie e planimetrie dell’epoca. Un set di dati dal valore enorme, registrato dai satelliti spia americani e particolarmente interessante per l’Asia e l’Africa. L’Atlante comprende una minima parte delle 188.000 scattate nel decennio che parte dal 1965, fotografie scattate dai satelliti, poi paracadutate e raccolte al volo dagli aerei e infine sviluppate e assemblate a ricostruire intere regioni.