Fanno discutere i libri “neocolonialisti” del professor Marcelo Gullo: «La Leggenda Nera è frutto della propaganda anglosassone»
di Giorgio Ballario da Il Barbadillo del 9 novembre 2022
Lo scorso 12 ottobre si è festeggiato il 530° anniversario della scoperta dell’America, conosciuto in Spagna come “Dìa de Hispanidad” e celebrato come festa nazionale. In America Latina per oltre cinque secoli si è sempre fatto altrettanto; ma negli ultimi anni, per effetto della “cancel culture” e di una crescente attenzione “indigenista” verso il passato precolombiano, l’accento della ricorrenza si è via via spostato verso la condanna dell’impresa di Cristoforo Colombo e della conquista spagnola e portoghese del continente.
Così la festa del 12 ottobre in molti Paesi latinoamericani ha assunto denominazioni diverse, in alcuni casi con effetti a dir poco bizzarri: in Argentina è diventato “Dìa del Respeto a la divisiòn cultural”, in Ecuador “Dìa de la Interculturalidad y Plurinacionalidad”, in Nicaragua e Venezuela “Dìa de la Resistencia indigena”, in Uruguay “Dìa de la Diversidad cultural”, in Perù “Dìa de los Pueblos originarios y del dialogo intercultural”. Si distinguono poi il Cile, che per ora ha una definizione cronachistica e politicamente neutra (“Dìa del Descubrimiento de los dos mundos”) e la Bolivia, dove l’accanimento indigenista ha partorito un involontariamente comico “Dìa de la Descolonizaciòn”. Cioè il giorno della scoperta dell’America e dell’inizio della colonizzazione spagnola, a La Paz è diventato il giorno della Decolonizzazione: misteri del linguaggio politicamente corretto.
Tutto questo a livello governativo. Dal punto di gran parte delle popolazioni latinoamericane, invece, il 12 ottobre rimane il “Dìa de la Hispanidad”, o meglio ancora il “Dìa de la Raza” (così è ancora indicato in Colombia, Messico, Honduras, Panama e El Salvador), cioè il giorno in cui è incominciato il meticciato etnico e culturale che nel corso dei secoli ha dato vita all’attuale civiltà latinoamericana. Quindi ben altra cosa rispetto a una presunta celebrazione etnocentrista della conquista bianca ed europea. La tendenza, tuttavia, rimane quella della “cancel culture” di derivazione anglosassone, benché al di sotto del Rio Grande questa deriva iconoclasta non trovi un terreno granché fertile.
Sarà proprio per questo motivo che in Argentina, ma anche in Spagna e in buona parte dell’America Latina, stanno ottenendo un certo successo i libri del politologo Marcelo Gullo Omodeo, docente di relazioni internazionali all’Universidad Nacional di Lanùs (in provincia di Buenos Aires), autore di studi assai interessanti sul peronismo e di importanti volumi in tema di eredità culturale della colonizzazione spagnola e portoghese. Gli ultimi due libri, in particolare, hanno acceso il dibattito tra favorevoli e contrari a salvaguardare il lascito della “Hispanidad” in America Latina e Gullo ha espresso chiaramente la sua posizione, con affermazioni che possono suonare persino provocatorie: «La Spagna non ha conquistato l’America, l’ha liberata». E ancora: «Il 12 ottobre dev’essere un giorno di grande festa, perché segna l’inizio della fine del più sinistro imperialismo antropofago della storia, quello Azteco, e di un imperialismo brutale come quello Inca. Il giorno della caduta di Tenochtitlán è paragonabile al giorno della Liberazione della Germania nazista».
I due libri in questione sono “Madre patria”, del 2021, e “Nada por lo que pedir perdòn”, uscito quest’anno. La tesi del politologo argentino è esplicita: bisogna difendere l’eredità ispanica in America Latina contro tutto e contro tutti. E identifica chiaramente gli attuali grandi nemici, che anche dopo secoli mantengono viva la cosiddetta “Leggenda nera” sulla colonizzazione spagnola: «Si tratta del mondo anglosassone, del capitale finanziario internazionale, del separatismo catalano… Pochi conoscono la vera storia, in Argentina mi crocifiggono per queste mie prese di posizione». Di recente ha incassato anche le violente critiche del presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, ma Gullo prosegue imperterrito e il successo dei suoi libri sembra dargli ragione.
Nei suoi volumi racconta anche come si sviluppò la famosa “Leggenda nera”: «È tutto storicamente falso, non c’è un solo argomento vero. Nacque in Italia, proliferò in Olanda, a causa della guerra di religione, e infine arrivò in Inghilterra, dove divenne la più grande opera di marketing politico britannico. Gli inglesi non hanno potuto sconfiggere la Spagna dal punto di vista militare e allora lo hanno fatto con la politica, o meglio con la propaganda. Trasformarono la “Leggenda nera” in politica dello Stato e riuscirono a convincere tutta l’Europa che la Spagna era il male personificato. La Spagna non rispose perché, all’epoca, non capiva come funzionava la propaganda politica. Il grande obiettivo inglese è stato quello di persuadere le élite ispano-americane: se si fossero convinte che gli spagnoli erano venuti in America solo per derubare e violentare, la separazione da Madrid sarebbe stata inevitabile. E così è stato».
Secondo Gullo il perdurare del mito della “Leggenda nera”, servito come strumento propagandistico britannico e poi statunitense, è anche un esempio della grande confusione culturale che tuttora regna nella sinistra mondiale. «La falsa storia della conquista spagnola – sostiene il politologo argentino – è stata portata avanti dai settori oligarchici americani, da quelli dei più ricchi della società e a volte i più criminali, quelli della destra più recalcitrante. Dovevano giustificare la rottura con la Spagna e la loro vittoria in quasi tutte le guerre civili che si sono verificate nei Paesi latinoamericani tra due settori, uno anglofilo e l’altro che non voleva rompere culturalmente con la Spagna. Hanno vinto gli anglofili». Nel corso del Novecento, invece, è la sinistra marxista ad adottare il mito della “Leggenda nera” per fomentare le rivolte di indios e campesinos e provare a destabilizzare il controllo degli Usa su buona parte dell’America Latina. Il risultato è che ora, all’inizio del XXI secolo, è rimasto il falso mito che alimenta la “cancel culture”.
Combattere queste distorsioni, basate più sulla propaganda che non sulle ricerche storiche, sembra un’impresa impossibile. «Oggi la “Leggenda nera” sulla Spagna è la tesi egemonica dal Messico a Buenos Aires. E negli Stati Uniti affermare il contrario implica l’espulsione dei circoli intellettuali. Si difende così un primitivismo indigenista fasullo, secondo il quale esisteva un passato mitico in cui tutti vivevano felici, e lo si fa per fomentare le divisioni e indebolire ulteriormente le nazioni iberoamericane, per farle diventare pedine ancora più deboli nel mercato internazionale. I leader che difendono l’indigenismo, quegli Evo Morales o Pedro Castillo (che peraltro hanno nomi spagnoli) si definiscono antimperialisti ma sono la manodopera più a buon mercato dell’imperialismo monetario internazionale. Al giorno d’oggi è il capitale finanziario internazionale il soggetto più interessato a difendere e perpetuare la “Leggenda nera”: è l’attore principale della politica internazionale e vuole che esistano Stati piccoli e deboli da dominare».