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Cristoforo Colombo. Leggende (nere) e miti su un gigante della Storia

Come ogni anno da tre decenni a questa parte il 12 ottobre, Giorno di Colombo o Columbus Day, si riaccendono le polemiche – per la verità muffe e stantie – sulla “scoperta dell’America”. Il 12 ottobre del 1492 infatti sulle tre caravelle dell’ammiraglio Cristoforo Colombo, partite da Palos in Spagna quaranta giorni prima, gli esausti equipaggi presero a gridare “terra! Terra!” alla vista, finalmente, di quelle spiagge che il navigatore aveva promesso loro.

La scoperta di quelle terre, che erroneamente Colombo pensava facessero parte dell’Asia orientale, fu una rivoluzione che cambiò il mondo. E non a caso la data del 1492 è considerata dagli storici il cardine fra il Medioevo e l’Evo Moderno, per questa impresa epica in contemporanea alla fine del dominio arabo in Spagna. Colombo fu giustamente celebrato come uno dei più grandi personaggi di tutti i tempi, padre dei nuovi Stati americani creati dalla colonizzazione europea (tant’è che uno, la Colombia, prende il suo nome, e gli stessi USA per molti anni dibatterono se darsi come nome ufficiale “Columbia”, che comunque rimase come definizione poetica). Intanto sembra dover arrivare a conclusione una delle più famose vexatae questiones della storia: la nazionalità di Colombo. Dopo l’ennesima analisi suoi suoi resti a Siviglia, con la quale gli esperti spagnoli hanno fugato ogni dubbio sull’appartenenza al navigatore, dovrebbe essere rivelato anche il luogo d’origine di Colombo. La notizia è attesa a ore, in un programma tv in palinsesto stasera sulla tv spagnola. Un sensazionalismo, come vedremo oltre, degno di miglior causa.

Poi è arrivata la cancel culture. Cristoforo Colombo è stato la prima vittima di questa pratica woke, il suo banco di prova. Dal 500° anniversario della Scoperta dell’America, il 1992, qualche cretino ha cominciato a imbrattare i suoi monumenti. Nei campus americani professori imbevuti di marxismo culturale e decostruzionismo hanno predicato le sue colpe come “colonialista”, “imperialista” e “schiavista” e perfino “genocida”. Colpe inespiabili che renderebbero il navigatore che ha cambiato la storia indegno degli onori di cui finora era stato coperto. È così iniziato un revisionismo rigorosamente non scientifico il cui scopo finale è colpevolizzare in blocco la civiltà europea, il Cristianesimo (quello cattolico in particolare) e in ultima analisi l’intera razza bianca. Dopo trent’anni di scemenze wokeiste, in America è normale vedere gente con magliette che recitano “io odio i bianchi”, imporre lezioni scolastiche in cui i bambini bianchi devono inginocchiarsi e “chiedere scusa” a quelli di altre etnie e, ovviamente, chiedere e ottenere la rimozione d’ogni monumento che celebri la storia bianca nel Nuovo Mondo. E ora questa moda di pazzi sta prendendo piede anche da noi…

Tuttavia una luce sembra accendersi in queste tenebre di ignoranza e pregiudizio ideologico: gli italoamericani, per i quali Colombo è sempre il loro santo (laico) protettore, hanno ricominciato a rialzare i monumenti che gli wokeisti avevano gettato nella polvere. L’ultimo caso in ordine cronologico, la statua di Byrd Park, a Richmond in Virginia, abbattuta, imbrattata e gettata in acqua dalla folla esagitata del BLM nel 2020. Ora l’Ordine dei Figli d’Italia di Blauvelt, nel New York, ha recuperato il monumento in bronzo, fuso nel 1925, e l’ha innalzato nuovamente, nella sede della loggia. La cerimonia, accompagnata da una messa solenne, si è tenuta lo scorso 9 ottobre.

L’aggressione ideologica contro Colombo è basata su letture errate, tendenziose, ideologiche dei fatti storici. Del resto un personaggio gigantesco come Colombo ha suscitato e suscita narrazioni complesse ed erronee. Gli equivoci sul personaggio sono innumerevoli e qui faremo un centone dei più noti, per fare chiarezza su questo gigante della storia.

Colombo ha “scoperto” l’America?

Tutto dipende da cosa si intende per “scoprire”. L’uomo è arrivato nel Nuovo Mondo dallo stretto di Bering fra i 20 e i 30 mila anni fa. I vichinghi toccarono senza dubbio le coste groenlandesi e canadesi intorno all’anno Mille. Ma entrambe queste imprese restarono confinate ai loro protagonisti. Colombo invece portò un’intera civiltà – e conseguentemente tutto il mondo civilizzato – ad avere la consapevolezza che al di là del Mare Oceano c’erano terre che si potevano raggiungere con le navi. Lo fece però con una serie di errori. Fortunatissimi errori.

Colombo ha dimostrato che la Terra era tonda?

Una delle più persistenti sciocchezze su Colombo è che egli fosse il campione della sfericità della Terra contro il terrapiattismo dei “Saggi di Salamanca”. Nel XV secolo non c’era individuo alfabetizzato in Europa che non sapesse che la Terra fosse sferica. Un concetto evidente soprattutto ai navigatori, che vedevano le vele scomparire all’orizzonte, prova empirica della sfericità del pianeta. Il mito di un Colombo che si oppone alla Chiesa è stato alimentato dalla “leggenda nera” anticattolica in area americano-protestante. In realtà i Saggi di Salamanca, i dottori universitari con cui egli si confrontò, avevano semplicemente avvisato il navigatore che imbarcarsi per l’Asia dalle coste spagnole, passando per occidente l’avrebbe condotto a morte sicura, perché da Cadice alle coste del “Cipango”, il Giappone, egli non avrebbe trovato che migliaia di miglia di acqua salata.

Topolino presenta: Cristoforo Colombo di Guido Martina e Giovan Battista Carpi (1983)

Quale fu l’errore di Colombo?

Colombo aveva studiato il mappamondo di Paolo dal Pozzo Toscanelli, un geografo fiorentino morto 10 anni prima della sua impresa: egli sosteneva che la Terra avesse una circonferenza inferiore a quella comunemente ritenuta dai geografi: 27 mila km anziché 40 mila (misura già nota dai tempi del greco Eratostene, nel III secolo a.C.). Per Colombo, dunque, sarebbe stato possibile “buscar el levante por el ponente”, ossia raggiungere l’oriente passando da occidente. Egli era convinto che il viaggio avrebbe permesso di aprire rotte di quattro-sei settimane per l’Asia orientale, facendo tappa intermedia in un’isola – “Antilia” – che molti navigatori avevano favoleggiato essere in mezzo all’oceano. Avevano però ragione i suoi avversari dell’accademia: se egli non fosse andato a sbattere in faccia a un nuovo continente di cui non sospettava l’esistenza, sarebbe morto di fame e sete in mezzo al mare.

Perché l’America si chiama così e non “Colombia”?

Cristoforo Colombo era convinto d’aver toccato l’Asia. Chiamò i suoi abitanti “indios”, indiani, e questo nome è rimasto appiccicato a quelle popolazioni nonostante l’errore etnico. Ci vollero le spedizioni di un altro italiano, il geografo Amerigo Vespucci, una decina d’anni dopo, per constatare che quelle terre non facevano parte dell’Asia orientale, ma di un “nuovo mondo”. La sua intuizione fu pubblicata su una lettera cugino di Lorenzo il Magnifico e venne diffusa (a sua insaputa) in tutta Europa, grazie alla nuova invenzione della stampa. Di questa intuizione venne a conoscenza anche il  il cartografo tedesco Martin Waldseemüller, che nel planisfero disegnato nel 1507, l’anno dopo la morte di Colombo, battezzò il “nuovo mondo” col nome dell’italiano, “America”, ancorché aggiungendo in un cartiglio: “scoperto dall’ammiraglio genovese Cristoforo Colombo”.

Colombo era genovese o spagnolo?

La dicitura di Waldseemüller serve a sfatare anche uno dei miti più persistenti su Colombo: e cioè che egli non fosse italiano. Spagnoli e portoghesi si contendono i suoi natali, favoleggiando delle sue origini iberiche o ebraiche e perfino i polacchi avanzano pretese. In realtà che egli fosse un “ammiraglio genovese” era ben noto nella sua epoca, come la carta geografica del tedesco recitava. Resta tuttavia il dubbio di quale città ligure abbia effettivamente dato i natali al navigatore: Savona, Cogoleto e Terrarossa Colombo (frazione di Moconesi), Cuccaro Monferrato e Bettola, tutti luoghi che comunque all’epoca erano parte della Repubblica di Genova. Inoltre diverse lettere di fine Quattrocento parlano di lui come “genovese” o “ligure”. Nel suo testamento egli scrive “essendo nato a Genova”. Nonostante questo molti storici si sono dati alle ricerche sulle sue origini vere o presunte, pasticciando soprattutto negli ultimi anni col DNA estratto dalle sue ossa che riposano (per modo di dire…) a Siviglia. Si tratta in realtà della ricerca di una facile notorietà, poiché non esiste alcun vero “giallo storico” attorno alla sua nazionalità. Colombo fu uno dei tantissimi italiani costretti a cercar fortuna all’estero.

Colombo fu un colonialista?

Considerando che il termine è del tutto posteriore, la domanda è degna della testa di un wokeista intossicata dalle tinte fluo per capelli. Colombo fu un fervente cristiano: il suo scopo era scoprire per i Re di Spagna rotte più facili per l’Asia, rompendo il monopolio portoghese di quelle che circumnavigavano l’Africa (e impiegavano mesi per raggiungere l’India) e quello ottomano delle rotte passanti per Egitto e Medioriente. Ma a sua volta questo non era uno scopo meramente commerciale: l’oro a cui Colombo mirava sarebbe dovuto servire a uno scopo nobile, finanziare una grande crociata contro il Turco, per liberare Gerusalemme e la Terrasanta dagli infedeli.

Colombo fu uno schiavista?

Né più né meno di tutti i suoi coevi. In un suo memoriale biasimò il trattamento operato sui nativi delle terre appena scoperte da parte dei governatori spagnoli, ritenendo dovere degli europei quello di evangelizzarli, non di farli schiavi né di angariarli. Il suo pensiero era comune a moltissimi nella sua epoca, tanto che già nel 1512, su pressione dei missionari domenicani, il re di Spagna Ferdinando II d’Aragona emise le Leggi di Burgos che consideravano gli indios convertiti suoi sudditi, liberi, tutelati dalla schiavitù e titolari del diritto al giusto salario. In pratica purtroppo queste leggi non furono applicate come avrebbero dovuto e molti governatori spagnoli continuarono a esercitare arbitrariamente prepotenze crudeli sulle popolazioni sottomesse. Ma ciò non avvenne né per colpa di Colombo né per ordine dei sovrani spagnoli o della Chiesa cattolica.

Colombo distrusse un “paradiso terrestre”?

Complici alcune narrazioni moderne – dal luogo comune del “buon selvaggio” ai film come “1492, la conquista del Paradiso” – si è creato un mito secondo il quale il Nuovo Mondo fosse una specie di paradiso incontaminato nel quale i cattivi europei hanno portato guerra, avidità, schiavismo, torture, saccheggio e altre simpatiche pratiche, ovviamente tutte Made in Europe. In realtà Colombo arrivò in un continente in cui, salvo alcuni rari esempi di comunità isolate nei Caraibi, gli usi e costumi erano particolarmente crudeli, anche per gli standard europei del suo tempo: fra le popolazioni indigene era diffuso il cannibalismo rituale e i sacrifici umani (con casi documentati fra i pellerossa americani ancora a metà dell’Ottocento). Le popolazioni indie muovevano guerra l’una contro l’altra e massacri e genocidi erano frequenti. Quando gli spagnoli toccarono l’attuale Messico vi scoprirono l’impero azteco, caratterizzato da strutture di dominio brutale e sanguinario, le cui istituzioni religiose richiedevano sacrifici umani in dimensioni “industriali”, con decine migliaia di individui razziati con spedizioni militari e condotti a supplizio ogni anno. La conquista del Messico da parte spagnola infatti venne facilitata proprio dalla lega di popoli mesoamericani che si allearono con i conquistadores di Cortez per liberarsi dal disumano giogo azteco. Per molti anni la “leggenda nera” protestante-illuminista che i cattolici spagnoli avrebbero distrutto “regni floridi e pacifici” era giunta a considerare le “torri di teschi” denunciate dai conquistadores come un’invenzione della propaganda ispanica. Gli scavi archeologici nel XX secolo hanno invece dimostrato che questa pratica, chiamata “tzompantli” era reale e portata avanti non solo con i crani dei nemici sconfitti, ma anche di donne e bambini, in generale delle vittime dei sacrifici umani di massa.

Inoltre c’è un’altra considerazione da fare: le civiltà precolombiane erano da secoli stagnanti, senza conoscere sviluppi. Tecnologicamente e filosoficamente esisteva pochissima differenza fra l’Impero Azteco della metà del XV secolo e i regni maya di sette secoli prima. L’arrivo dei cattolici dall’Europa fu senza dubbio traumatico, ma condusse al fiorire di una nuova, splendida civiltà, il barocco latinoamericano. Si potrebbe obbiettare che il costo umano sia stato immane. Tuttavia gli amerindi vivevano in condizioni brutali prima e vissero in condizioni brutali poi. Con la differenza che l’arrivo di Cristianesimo e diritto romano dall’Europa diedero ai popoli una nuova prospettiva di speranza.

Colombo fu un “genocida”?

Di tutte le scasse accuse mosse contro Colombo, quella di “genocida” è davvero la più stiracchiata. È vero che l’incontro fra europei e indigeni americani provocò un tracollo demografico di quelle popolazioni, causato soprattutto dalla diffusione di malattie sconosciute ai sistemi immunitari degli indios. Una mano a questo disastro venne data anche dalle pratiche di duro sfruttamento del lavoro coatto condotte da molti governatori spagnoli, che tuttavia contravvenivano alle leggi imposte dalla corona e dalla Chiesa. Cristoforo Colombo fu comunque un oppositore di questo sfruttamento: egli era profondamente cattolico e – nomen omen – convinto di dover “portare Cristo” fra gli indigeni con l’evangelizzazione e farne buoni sudditi della cristianissima Spagna. Non vi era alcuna intenzione di portare fra di essi anche malattie come il morbillo, oramai endemiche in Europa, che invece avrebbero sterminato milioni di persone oltreoceano.

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