di Fabio Figara per Storia in Rete del 6 settembre 2024
La stagione delle beccacce era appena cominciata. Dalla Villa del Trebbio, nel Mugello, da cui era possibile dominare la Val di Sieve, Cosimo attendeva di partire con un gruppo di compagni e dello zio Piero Salviati per una delle consuete battute di caccia, pur dovendo affrontare il rigore dell’inverno. Quell’edificio storico, ristrutturato da Michelozzo per commissione di Cosimo il Vecchio, era divenuta una delle residenze del ramo secondario dei Medici, lontano da tutti gli eventi che inasprivano il clima politico fiorentino. Ma il destino di Cosimo stava per cambiare. «Il ritratto giovanile del Bronzino ce lo mostra già uomo a dispetto dell’età: la prima peluria della barba, gli occhi scuri penetranti, un che di arroganza disegnato sul volto».
Cosimo era infatti ancora piuttosto giovane, senza esperienza di comando, quando venne chiamato dal consiglio fiorentino dei Quarantotto – la massima assemblea legislativa fiorentina – a succedere al duca Alessandro, morto a causa di un probabile complotto ordito all’interno della sua stessa famiglia la sera dell’Epifania del 1537. Il Consiglio, convinto dal Guicciardini, parente della madre di Cosimo, Maria Salviati, pensò così di eleggere un capo “fantoccio”, da poter manipolare a proprio piacimento. Ufficialmente, «capo e primario» di Firenze e di tutto il suo dominio.
Mai calcolo fu più sbagliato perché, al contrario, sin dal momento della sua convocazione, Cosimo dimostrò un notevole acume politico e qualità da grande statista e amministratore, che gli permisero di aumentare il potere della propria famiglia ma anche di accrescere l’importanza della Toscana sia all’interno della penisola che sul piano internazionale, e che in pochi decenni diverrà Granducato. Nel libro Cosimo I dei Medici. Il padre della Toscana moderna, per le edizioni Giunti di Firenze, in occasione dei 450 anni dalla morte del Granduca, con un linguaggio semplice, rivolto a tutti, il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ripercorre tutta la storia del figlio di Giovanni dalle Bande Nere, l’ascesa politica, gli investimenti nella Toscana del tempo, il gusto per l’arte e l’architettura, l’abilità diplomatica e molto altro.
E la mattina del 9 gennaio di quell’anno, Cosimo esordì di fronte all’assemblea dichiarando: «Così giovane come sono, avrò sempre dinanzi agli occhi, insieme col timore di Dio, l’onestà e la giustizia», pronto a dedicarsi alla difesa di Firenze, nel pieno rispetto delle istituzioni. Umile e dignitoso. Ma ben presto pronto a dimostrare una capacità politica e amministrativa senza eguali. Riuscì anzitutto a legare la Toscana alla Spagna in qualità di interlocutore privilegiato prima di Carlo V, poi di Filippo II, e sposando Eleonora di Toledo. Non fu come suo padre un uomo di battaglie, ma le sue abilità diplomatiche, le scelte effettuate nel suo studiolo, l’approfondimento di questioni, la conoscenza delle carte e il controllo sistematico del territorio e di ogni attore della scena toscana rappresentarono il vero punto di forza della sua gestione. Capacità di agire con rapidità pur valutando attentamente le proprie azioni: Festina Lente, “affrettati lentamente”, il motto che lo storico latino Svetonio aveva attribuito ad Augusto, Cosimo lo fece come proprio, associandolo alla tartaruga, creatura lenta ma saggia che ritroviamo in molte raffigurazioni dell’epoca, anche nel Salone dei Cinquecento.
Dedicò molto del suo tempo al ripristino o alla creazione di strutture necessarie per il bene pubblico, e utilizzò l’arte anche come strumento di propaganda politica. «Oggi la Toscana è conosciuta, amata, desiderata in tutto il mondo per le città e i borghi, per la costa e le isole, per il mare e la montagna. Ma non sarebbe la stessa senza il segno che nella sua storia ha lasciato Cosimo I dei Medici.» Un percorso storico e umano, di genio e di bellezza, ma anche segnato da intrighi e sventure, di una figura al centro ancora di molti studi specialistici, che ha inevitabilmente segnato il periodo rinascimentale.