«Quando ho letto l’intervista a Luigi Nieri ho capito che a Roma sta succedendo qualcosa di grave». Michele Pigliucci è il presidente nazionale del “Comitato 10 febbraio”, l’associazione che da anni si batte per restituire al Paese la memoria per troppo tempo insabbiata di ciò che avvenne nel confine orientale alla fine della guerra e che coinvolse migliaia di italiani.
di Antonio Rapisarda dal Barbadillo del 23 agosto 2013
Davanti a quella frase del vicesindaco Nieri – «Roma è medaglia d’oro della Resistenza. Altre città ricorderanno le foibe» – la reazione è stata indignata e densa di preoccupazione: «Dopo aver dichiarato di voler smantellare via dei Fori Imperiali, adesso cercano di rompere il legame con la comunità degli esuli giuliano-dalmati: è una brutta novità per una città che nei decenni ha fatto importanti passi in avanti».
E invece?
Marino rappresenta un segno di discontinuità non solo con Alemanno ma anche rispetto alle amministrazioni di sinistra di Veltroni e di Rutelli: la sua giunta è composta da elementi appartenenti a una sinistra radicale, rabbiosa e laicista.
Sono arrivate le scuse da parte del vicesindaco Nieri?
Per chiedere scusa è necessaria un’onestà intellettuale che non credo Nieri possieda: è arrivata piuttosto una rabbiosa smentita, nella quale il vicesindaco definisce le foibe una “tragedia” da ricordare. In una delle due dichiarazioni il vicesindaco ha sicuramente mentito, verrebbe da chiedersi in quale.
Nieri ha sostenuto che il legame di Roma con la vicenda delle foibe e degli esuli giuliano-dalmati in un certo senso non esista. Siete d’accordo?
Roma è la città che, dopo Trieste, ospita la più numerosa comunità di esuli dall’Istria e dalla Dalmazia, ai quali è addirittura riservato un importante quartiere. Ma a prescindere da questo dato, bisogna ricordare come la storia di chi ha dovuto abbandonare la propria casa per restare italiano appartenga a tutta l’Italia, e quindi in modo particolare alla città che ne è Capitale. Chiunque abbia guardato gli occhi lucidi di un anziano al ricordo della casa natale che non rivedrà mai più non può sentirsi estraneo a queste vicende.
Uscite del genere – dopo decine di anni di ostracismo verso la tragedia delle foibe e tutta la questione degli esuli – che cosa rappresentano secondo voi?
Un pericoloso passo indietro. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un percorso di consapevolezza da parte della sinistra più responsabile, con la quale si è andato chiarendo come questa pagina di storia non appartenga a una parte politica ma all’intero popolo italiano. Soltanto qualche esponente del massimalismo più rabbioso ancora si ostina a giocare alla guerra civile: la brutta notizia è che oggi proprio queste persone governano la Capitale.
Quanto resta da fare se anche le “istituzioni” marciano contro la memoria?
Le istituzioni hanno un ruolo fondamentale non soltanto nel ricordo delle tragedie che sconvolsero sessanta anni fa il nostro confine orientale, ma soprattutto nel salvaguardare e difendere la presenza culturale italiana che ancora anima le città rimaste oltre confine. Nell’Istria costiera esistono comuni nei quali la metà dei cittadini si definiscono italiani: ora che anche la Croazia è entrata nell’Unione Europea le istituzioni italiane devono tutelare e difendere la minoranza italiana in quelle zone, e anche aiutare gli esuli che volessero ritornare ad abitarle. La millenaria cultura italiana dell’Adriatico orientale è un elemento di ricchezza culturale di cui la stessa Croazia si sta accorgendo: sarebbe assurdo che lo ignorassimo noi.
Vi va di lanciare un messaggio al vicesindaco della Capitale?
Mi piacerebbe chiedere a Luigi Nieri se conosce le storie dei tanti partigiani antifascisti che sono stati perseguitati per non aver accettato l’ordine di Togliatti di passare sotto il comando jugoslavo. Vorrei sapere se ha mai sentito parlare dell’eroismo del CLN di Trieste, del massacro della malga di Porzus o del campo di concentramento nell’Isola Calva, dove trovarono la morte i comunisti fedeli al PCI che non volevano aderire al nazionalismo jugoslavo di Tito. Se il vicesindaco Nieri studiasse si accorgerebbe di come la storia del confine orientale d’Italia riguarda davvero ciascuno di noi: anche chi, come lui, non perde occasione per ostentare un anacronistico antifascismo.