di Georgina Adam da Il giornale dell’arte del 3 febbraio 2023
Quest’anno ricorre il 25esimo anniversario dei Princìpi di Washington, il testo in 11 punti pubblicato per aiutare a risolvere le questioni relative all’arte confiscata dai nazisti. Sebbene i principi non siano vincolanti, hanno contribuito all’avanzamento della ricerca sulla provenienza e la restituzione di opere saccheggiate, oltre a sviluppare una maggiore consapevolezza di questo problema.
Lo scorso febbraio è stata votata la legge «Bachelot» (dal nome di Roselyne Bachelot, l’allora ministro della Cultura francese), che ha permesso di restituire ai proprietari originari 15 opere presenti nei musei francesi, tra cui «Rosiers sous les arbres» di Klimt (1905 circa). Altre tre leggi, che presto saranno sottoposte al Parlamento francese, modificheranno il codice del patrimonio francese, permettendo l’accelerazione dei processi di restituzione, senza che ogni volta si renda necessario un atto del Parlamento.
Sebbene queste nuove proposte di legge siano francesi, e includano anche la spinosa questione della restituzione di resti umani e oggetti saccheggiati da Paesi africani, sembra certo che avranno un impatto sul mercato dell’arte e sul contesto internazionale.
Per cominciare, dovrebbe aumentare la velocità di inserimento nel mercato di opere saccheggiate e identificate, dopo che ci sono voluti quasi tre anni tra la rivendicazione del Klimt da parte degli eredi e la modifica della legge francese che ne ha permesso la vendita. Spesso ci sono questioni ereditarie a complicare i casi di restituzione e l’unica soluzione equa è vendere l’opera e dividerne il guadagno. Non c’è da stupirsi che Christie’s stia sponsorizzando un ciclo di approfondimenti della durata di un anno, «Reflecting on restitution», per «educare i collezionisti e gli acquirenti». E, si potrebbe aggiungere, anche ai venditori.
Ma in un caso recente, un tribunale francese ha ordinato a Christie’s di restituire «La Maddalena penitente» (1707) di Adriaen Van Der Werff agli eredi di un banchiere francese, lontano parente dello scrittore Marcel Proust, al quale sarebbe stato rubato nel 1942. È interessante notare che il tribunale ha applicato una legge francese del 1945 per ordinare la restituzione dell’opera d’arte saccheggiata dai nazisti, che si trovava all’estero.
Tutto ciò dimostra quanto la questione della restituzione possa essere complessa e di interesse globale. Infatti, le proposte di legge francesi potrebbero essere rilevanti anche per la Gran Bretagna, impegnata da generazioni con la controversa questione dei Marmi del Partenone. Il British Museum Act, approvato nel 1902, impedisce la restituzione di opere dal museo ed è sempre stato citato come ragione per cui i marmi non possano essere restituiti alla Grecia.
La legge è stata invocata anche in un caso di prova del 2005. La causa è stata intentata dagli eredi di Albert Feldmann, che reclamavano quattro disegni antichi conservati al British Museum, saccheggiati dalla casa del proprietario in Cecoslovacchia nel 1939. Il giudice dell’Alta Corte britannica è stato costretto a bloccare la restituzione, citando l’atto, anche se all’epoca una portavoce del British Museum aveva espresso il suo «disappunto» per la sentenza.
La situazione dei marmi rimane complicata come sempre. Le leggi francesi saranno esempio di un nuovo e coraggioso approccio applicabile anche al caso britannico?