Non erano stati sufficienti venticinque anni di ricerche sul campo a tracciare una mappa completa dei resti dellacittà maya di Caracol, in Belize, ma a un aereo equipaggiato con una tecnologia Lidar della Nasa sono bastati quattro giorni per ottenerne una visione in 3D.
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da del 12 maggio 2010
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Caracol è enorme con i suoi 168 chilometri quadrati e soprattutto i suoi edifici sono per la maggior parte coperti dalla giungla cresciuta in cinque secoli. Così solo alcune costruzioni sono visibili e il sito, poco conosciuto anche se scoperto nel 1937, non ha neanche molti visitatori nonostante alcuni enormi templi. Gli archeologi Arlen F. Chase e Diane Z. Chase dell’Università di Orlando, in Florida, avevano iniziato nel 1985 a lavorare sul posto, ma solo nel 2009 hanno iniziato a pensare di cambiare sistema. Per apprezzare non solo gli edifici principali, ma anche quelli non visibili nelle zone circostanti e l’intero ambiente, la soluzione era quella di studiare Caracol dall’alto, ma non con delle fotografie aeree che avrebbero mostrato soprattutto le cime degli alberi.
La Nasa e la National science foundation degli Stati Uniti hanno finanziato l’operazione, scrive il “New York Times”, e fornito un aereo equipaggiato con un Lidar (Light detection and ranging): il sistema impiega un raggio laser come sorgente e misura e acquisisce ogni dettaglio attraverso la riflessione della luce. Sebbene il raggio non attraversi gli alberi, è sufficiente che una parte della luce sia riflessa da quanto si vuole misurare e non dalle foglie perché, in ripetuti sorvoli, si acquisiscano dati sufficienti per l’elaborazione finale al computer che, eliminati i disturbi, mostra la mappa in tre dimensioni. Per i Chase è stato un successo straordinario, dovuto alle caratteristiche del Lidar: per la prima volta, hanno detto, una tecnologia del genere non è stata applicata a scoprire rovine delle quali non si sa nulla, ma a tracciare una mappa dettagliata di ciò che almeno in parte è noto.
La tecnologia Lidar, ha detto Payson Sheets dell’Università del Colorado, potrà essere impiegata per altre città coperte dalla giungla: “Finalmente abbiamo una tecnologia non distruttiva per documentare ciò che è coperto dalla vegetazione. E’ facile immaginare che cosa, visto il successo di Caracol, si potrà fare nel sudest asiatico, per esempio ad Angkor”.
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Inserito su www.storiainrete.com il 13 maggio 2010