Il guerrigliero è l’agnello sacrificale del complotto. Devono liberarsi di quell’agitatore seriale difficile da domare. Gli hanno predisposto l’urna: da eroe a martire e lui è cosciente, è consenziente. Accetta il suo destino
di Gianfranco Andorno da Il Barbadillo del 17 ottobre 2024
Frank, un giovane svizzero comunista è il protagonista del libro “L’indesiderabile” di Régis Debray. Brama l’avventura ma l’inizio è riservato alla morte. Ai clandestini la morte restituisce la dignità di essere, con naso occhi eccetera. Presto Frank diventa l’autore specchiato e viceversa. Uno dei tanti indizi: il diario che troveranno nella sua auto è scritto in francese. Debray è un giovane brillante letterato, un enfant engagé che traccheggia con i moti sovversivi. Si reca a Cuba assapora la vittoria di Fidel ma lì è tutto concluso. C’è il passaggio al regime, l’eliminazione degli altri galli del pollaio. Che fare?
Ernesto Che Guevara entra in Bolivia il 7 novembre 1966 con una carta d’identità falsa intestata a Ramon Benitez, comerciante lugaz Montevideo. Senza barba. La compagnia è composta da una cinquantina di uomini forse, nelle foto una ventina.
Régis Debray lascia Cuba e raggiunge Il Che in Bolivia. La guerrigliera Tania conduce lui e il pittore Ciro Bustos all’accampamento. Il 30 agosto Tania cade in un’imboscata al guado di Puerto Mauricio, viene uccisa. Nel diario di Guevara c’è, al 7 settembre, che una radio ha annunciato il ritrovamento del cadavere di Tania. Lui non lo ritiene vero. E l’8 che Barrientos, Presidente della Bolivia, ha assistito alla cristiana sepoltura di Tania. Nel diario nulla sullo scontro causato dalla delazione di Honorato Rojas, nessuna parola di compianto. Strano. Tania, Haydée Bider, era una figura molto importante.
Il libro di Debray è il resoconto dell’agire terroristico di Frank. La narrazione non concede fiato, non permette respiro ma non recita il tragico. Della tragedia boliviana un vago riflesso, una farsa, tutto edulcorato per i lettori di casa.
Frank convive con Celia. Celia non sopporta la faccia da schiaffi di John Wayne in Rio Bravo. Ogni tanto i due finiscono a letto ma lei è sempre assente, lo guarda dall’altra riva del fiume. Spasima per un Joaquim da far evadere. Frank non è gentile, la definisce puzzola lubrica e rancorosa. Si sente un cane al guinzaglio. Celia sparisce sovente, riunioni all’Ufficio Politico, al rientro tira le redini con colpi di frusta alla loro convivenza. Frank cita anche Giangiacomo Feltrinelli, ma è un depistaggio e nulla più. Solo per un dire: è dei nostri!
Frank attende nella notte le armi per l’offensiva dell’indomani, è bellicoso ma anche arguto: “Papa Gregorio VII fu il primo comunista serio. Senza di lui, i Crociati non avrebbero mai fatto la pazzia di lasciare il letto della moglie per andare alla conquista di una tomba vuota.”
Il Che chiama Régis a Nancahuazu per concedergli un’intervista, spera che abbia una risonanza internazionale. Quanto auspicato non avviene. Negli stessi giorni a Catavi le mitragliatrici di Barrientos uccidono i minatori in rivolta, 40 morti e 100 feriti. Un eccidio che non muove foglia.
Il Partito Comunista boliviano è contrario alla guerriglia di Guevara, dev’essere un fenomeno nazionale non importato, afferma. Il 31 Dicembre c’è l’incontro con Mario Monje, segretario del partito. Il Che nel diario: la domanda “che cosa sei venuto a fare” era sospesa in aria. Monje chiede di essere il capo militare e il Che rifiuta. Debray accusa i comunisti locali per il mancato aiuto. Questo e la base contadina che non si muove, saranno le ragioni del fallimento della missione.
Chi ha tradito il Che rivelando la sua presenza? I due indiziati sono: Regis Debray e Ciro Bustos, arrestati e processati. Durante gli interrogatori Bustos conferma l’esistenza del tanto ricercato Che Guevara. Ma la notizia è già stata resa nota da tre disertori: Choque, Barrera e Rocavado. Regis Debray rinchiuso nel carcere di Camiri nel tentativo di avere benefici afferma di aver agevolato la cattura del Che ma la CIA e il governo boliviano erano già stati informati.
Diario del Che. 5 Maggio. Diedero la notizia che Debray sarà processato da un tribunale militare. Sua madre arriva domani, l’affare sta facendo molto rumore. Il processo a Régis desta parecchio clamore e danneggia l’immagine della dittatura boliviana. La condanna è severa: 30 anni di reclusione.
Debray descrive il Che come un uomo demoralizzato, deciso a farla finita. Descrizione rigettata con ipocrisia da Cuba. I guerriglieri sopravvissuti testimoniano che Fidel Castro su pressione di Mosca ha completamente abbandonato il suo ex compagno, malgrado i susseguenti roboanti suffragi. Il Che si è ritrovato in una situazione irreale, dai trionfi cubani sembra ora un cercatore di funghi che si è smarrito negli anfratti aspri dell’Amazonia. Con lo spettrale contorno di cadaveri, degli uni e degli altri, spolpati dagli uccelli rapaci. Questo per colpa dei suoi cessati sponsor: il leader maximo e il ruvido Breznev. Guevara con il suo attivismo spietato è diventato un ingombro, disturba i loro intrighi, i loro inciuci. Loro non vogliono i cento Vietnam promessi dal Che. L’Urss privilegia i rapporti commerciali anche con i tiranni, gli oppressori. Lui avrebbe voluto andare in Argentina, a casa sua, glielo hanno negato.
Ernesto Che Guevara è l’agnello sacrificale del complotto. Devono liberarsi di quell’agitatore seriale difficile da domare. Gli hanno predisposto l’urna: da eroe a martire e lui è cosciente, è consenziente. Accetta il suo destino, è stato un suicidio assistito. Qualcosa di simile ai vecchi rivoluzionari che nei processi di Stalin si autoaccusavano per rendersi utili sino all’estremo.
D. 10 Maggio. Trovammo della carne secca avariata e del sego. Non ci resta che lo strutto per mangiare: mi sentivo svenire. La gente si sente debole e ci sono vari casi di edema.
D. 13 Maggio. Giornata di rutti, peti e vomiti…
D.14 Maggio. Ho criticato Benigno per essersi mangiato una scatoletta e averlo negato. (La penuria impressionante di cibo, le condizioni penose, disperate del gruppo.)
Non è un giallo si può svelare il finale de L’indesiderabile. Una raffica colpisce Frank alla schiena, stramazza ed è felice. Non dice perché. Il comandante Espinoza lo solleva e lo fa ricadere con disgusto: “Un altro agente castrista.” La testa fa un rumore sordo di anguria. Nell’auto il diario incomprensibile.
Il gruppo di Guevara è imbottigliato in una vallata di canaloni controllati dall’esercito. 1800 soldati e consiglieri militari yankees. La vegetazione selvaggia impedisce movimenti agevoli.
Nello scontro il Che viene colpito alle gambe, il fucile M-12 è fracassato, grida: “Non sparate sono Che Guevara.” I rangers lo immobilizzano, lo spostano raccolto in una coperta.
Il Che non muore per le ferite subite nel combattimento a El Yuro ma per un “colpo di grazia”. Un proiettile che attraversa cuore e polmone. (9 Ottobre 1967)
Al Che vengono mozzate le mani e messe dentro un barattolo di vernice pieno di formaldeide. Vengono mandate a La Paz per controllare le impronte digitali. I resti dei capo guerrigliero sono nel mausoleo di Santa Clara, le mani non sono state ritrovate. C’è anche Tania, recuperata nel 1998.
La confraternita degli intellettuali di sinistra piange e si dispera per il fratello Debray imprigionato. I lamenti del soccorso rosso ottengono il loro scopo: Régis sconta solo tre anni di carcere. In Francia viene accolto come un eroe e il Governo Mitterrand lo assume. Régis si tuffa nella filosofia e inventa la mediologia: il tentativo di recuperare la cultura nella tecnologia.
Nel 2001 il documentario “Chi ha tradito Che Guevara?” insiste nel ritenerlo il vero traditore. Il Debray aveva la lettera di un accordo segreto con l’esercito boliviano, alla cattura la consegnò all’avvocato. L’indomito guerriero Che Guevara discettava di rivoluzione ma non conosceva le risorse subdole di certi proseliti, esperti nel salto della quaglia. Il titolo di uno degli ultimi libri di Debray è: Bilancio fallimentare. Forse a significare qualcosa del suo tortuoso passato.