In questi giorni il Documentation Centre of Cambodia (DC-Cam) ha dato inizio alle ricerche di cinque fanciulli scampati alla detenzione nella terribile prigione di Tuol Sleng durante il regime di Pol Pot. Il Documentation Centre of Cambodia – organizzazione no-profit che opera in associazione con il Programma sul Genocidio Cambogiano della Yale University – ha avviato le sue indagini sulla base di una serie di alcuni rarissimi documenti filmati ottenuti dal Vietnam lo scorso dicembre.
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Le immagini proverebbero che i fanciulli – che ora avrebbero un’età compresa tra i trenta e quaranta anni – sarebbero ancora vivi. Al tempo stesso la documentazione filmata costituirebbe una prova diretta e di prima mano sui crimini che ebbero luogo nel centro di detenzione e tortura, diretto Kaing Guek Eav.
La prigione di Toul Sleng, meglio nota come S-21 (Security Prison 21), operò tra il 1975 e il 1979 come il più grande centro di detenzione, interrogazione e tortura del regime di Pol Pot. La S-21 venne ricavata riutilizzando gli ambienti di un liceo, il Tuol Svay Prey, situato nel centro di Phom Penh. Le aule vennero riadattate a celle di detenzione o sale di tortura. Le grandi strutture in legno ospitate nel grande e alberato cortile e destinate agli esercizi ginnici degli studenti vennero anch’esse trasformate in macchine di rudimentali tortura. In questa prigione transitò un numero elevatissimo di vittime del regime, accusate di reazionarismo nonché di azione sovversiva e contraria al regime stesso. Tra questi anche un numero incalcolabile di donne, bambini e anziani. Tra questi anche un considerevole numero di stessi militanti Khmer, accusati dalla fazione di Pol Pot di tradimento.
L’incremento dei prigionieri ebbe, nel corso degli anni di regime di Pol Pot, un crescendo vertiginoso: dai 154 prigionieri del 1975, si passò ai 2.250 del 1976, ai 2.350 del 1977 sino ai 5.765 del 1978. Queste cifre non tengono conto dei 20.000 bambini uccisi, nell’arco di questo periodo, nella S-21. Secondo una logica perversa e brutale i Khmer Rossi mostrarono un’enorme meticolosità nel registrare e documentare le singole fasi della detenzione di ciascun prigioniero. In questo senso la prigione – che ora è sede del Toul Sleng Genocide Museum – possedeva un immenso archivio fotografico dei propri detenuti molti dei quali ritratti prima e dopo le torture, in vita e, successivamente, come cadaveri. Nel 1977, proprio nel periodo delle grandi purghe di Pol Pot nei confronti dei quadri delle Eastern Zones, nella S-21 furono giustiziate circa 100 persone al giorno. Il numero delle vittime del regime di Pol Pot, nel suo complesso, è stato stimato attorno ai due milioni.
Nel 1979, quando l’esercito vietnamita intervenne per liberare la Cambogia, nella prigione S-21 furono trovati i resti di 14 persone torturate a morte e ancora brutalmente assicurate ai loro letti di tortura. Di sopravvissuti ne furono invece rinvenuti soltanto 15. I filmati ora in esame del Documentation Centre of Cambodia, potrebbero far cambiare le cifre rispetto al numero effettivo di sopravvissuti: cinque vittime in meno rispetto ai 20.000 bambini uccisi in questa prigione.
Martino Nicoletti