Non sarà più sufficiente esprimere un’opinione, per quanto urticante, per finire sotto processo. Il reato di negazionismo è caduto dopo le polemiche della settimana scorsa. Il dibattito e l’elaborazione del ddl, accelerati dai fatti che sono seguiti alla morte del nazista non pentito Erich Priebke, è stato preceduto da un fuoco di sbarramento da parte degli storici italiani.
di Antonella Ambrosioni da “Il Secolo” del 26 ottobre 2013
La Sissco, Società italiana per lo studio della storia contemporanea, che conta il gotha degli storici, aveva firmato un appello inequivocable contro il ddl: «Nutriamo forti perplessità – si leggeva- verso iniziative legislative che, nell’intento di contrastare tali fenomeni, finiscano per limitare la libertà di opinione, senza la quale tra l’altro sono impossibili ricerca scientifica o dibattito storiografico. I “reati”, finché si tratta di opinioni, non sono infatti tali». L’idea che sia un giudice a dover dire l’ultima parole su fatti squisitamente storici non è piaciuta. All’appello si sono già associati due storici prestati alla politica, ricorda oggi La Stampa, tra i quali Miguel Gotor e Andrea Romano. Dice Gotor, Pd: «Non voterò mai a favore di una legge del genere. Da storico, sono contrarissimo. Da politico, penso che sia un clamoroso errore regalare una larga platea a queste persone». «Io farò le barricate», dice Romano di Sc. «Sono uno studioso dell’Urss; per noi è pane quotidiano il dibattito se il lager nazista sia confrontabile o meno con il gulag sovietico, per me è inammissibile che tutto ciò possa finire sotto il vaglio di un giudice penale». Anche perché su molte questioni come le definizioni di “genocidio”, “crimini di guerra”, “crimini contro l’umanità” la Sissco, attraverso il suo presidente Agostino Giovagnoli, non vi è accordo neanche tra tutti gli storici: «Su quali siano stati i genocidi nella storia, tranne qualche caso, non vi è accordo tra storici o tra giuristi. Ancor meno c’è accordo su quali vadano considerati i crimini di guerra e contro l’umanità». La salvaguardia del libero dibattito, insomma, ha avuto la meglio. Il vecchio ddl va considerato defunto. Il nuovo testo che sta prendendo corpo prevede, semmai, l’aggravante di negazionismo, cioè il reato sarà subordinato a un «dolo specifico». Si tratta di un emendamento interamente sostitutivo dell’unico articolo di cui è costituito il ddl. In pratica, il negazionismo non sarà un reato autonomo, bensì una sottospecie della «istigazione a delinquere» in forma di comma all’articolo 414 del codice penale. E sarà anche un’aggravante che determinerà «l’aumento della pena della metà per chi compie istigazione o apologia dei crimini di genocidio o contro l’umanità».