di Alberto Lancia per Storia in Rete del 3 marzo 2024
Il 3 marzo 1944 a Balvano, in Lucania, ebbe luogo la più grave tragedia ferroviaria della storia italiana e una delle più spaventose del mondo. Si stima che oltre 600 persone morirono, avvelenate dal monossido di carbonio prodotto da due locomotive a vapore che trainavano il Treno 8017: un convoglio merci che non avrebbe dovuto aver passeggeri a bordo. L’incredibile incidente si verificò nel 1944, in piena occupazione alleata: in quell’anno, uomini, donne e ragazzi provenienti dalla Campania davano letteralmente l’assalto a qualunque cosa si muovesse sui binari in direzione Lucania e Puglia. E lo facevano per fame, cercando di recarsi in quella parte d’Italia che non pativa più le conseguenze della guerra. Erano le provincie rimaste al Re dopo la resa incondizionata del settembre 1943 e quelle che comunque avevano sofferto meno di tutte il passaggio del fronte e l’invasione alleata.
La linea Battipaglia-Potenza-Metaponto nel 1944 costituiva l’unico collegamento ferroviario utilizzabile tra Tirreno e Ionio e Adriatico ed era gestita dagli Alleati, utilizzando il personale italiano. Il Treno 8017, dopo un viaggio iniziato a Napoli circa 12 ore prima, era partito dalla stazione di Balvano cinquanta minuti dopo la mezzanotte di quel 3 marzo 1944, con ambedue le locomotive in testa, al traino di ben 45 carri: una composizione non regolare e, soprattutto, pessima per la concentrazione dei fumi di scarico nelle gallerie per coloro che erano a bordo.
Il treno giunse all’interno della Galleria delle Armi. Ma poco dopo l’ingresso nel tunnel rallentò, poi fermandosi. E lì rimase per ben 5 ore, trasformando la galleria in una camera a gas per le centinaia di persone che avevano preso il treno.
Il tremendo bilancio della tragedia fu conseguenza del ritardo dei soccorsi, come ora definitivamente dimostrato nel libro “Il disastro dimenticato. Treno 8017 Balvano 1944” dell’avvocato Gian Luca Barneschi. Una fatica durata quasi 20 anni, che ha dato lo spunto anche ad un documentario di Storia in Rete Balvano 1944, il silenzio di una strage, realizzato sulla base della prima edizione di questo lavoro, uscito nel 2005, e che ora assume la veste definitiva, colmando le lacune documentarie incontrate nei primi lavori.
Data la situazione, geopolitica la censura imposta dagli Alleati operò immediatamente (come emerso nel dopoguerra) e persino l’indagine penale patì i condizionamenti dell’epoca: il procuratore del Re di Potenza dispose l’archiviazione, individuando quale unico responsabile il carbone di cattiva qualità fornito dagli Alleati: un’aberrazione giuridica della quale persino altri magistrati ebbero a stupirsi. Così la tragedia di Balvano divenne per sempre una strage con molti colpevoli e nessun responsabile.
La leggenda del carbone scadente si consolidò, ma qualunque tipo di carbone avrebbe avvelenato i passeggeri del Treno 8017, che attesero per 5 ore i soccorsi. La causa fondamentale della tragedia fu anche quella di aver continuato a far circolare il Treno 8017, considerandolo e gestendolo come un merci, ignorando che a bordo ci fossero centinaia di persone.
Con il tempo fu anche distrutta ogni documentazione esistente: ma ciò che non era sparito in Italia è stato rinvenuto da Barneschi in archivi riservati e a Londra, desecretando i microfilm contenenti gli atti dell’indagine svolta dalle autorità d’occupazione angloamericane e altra documentazione segreta dell’epoca. A ciò si è aggiunta la clamorosa rivelazione di un ferroviere in servizio in quella notte che qualche anno fa contattò l’autore. Così il libro di Barneschi si mette la parola fine, dopo 80 anni, a versioni di comodo, ricostruzioni inadeguate e leggende varie sulla tragedia.