L’affondamento dell’Arandora Star nel 1940, uno delle più controverse e contemporaneamente sconosciute tragedie che colpirono l’Italia durante la Seconda guerra mondiale sarà al centro di uno spettacolo teatrale. Il dramma consentirà di diffondere la memoria di questo disastro.
Nel giugno del 1940, in seguito alla dichiarazione di guerra dell’Italia alla Gran Bretagna, circa 4.500 italiani residenti in varie parti delle isole britanniche furono internati come “nemici stranieri”. Secondo le consuetudini del tempo, quando si entrava in stato di guerra con un’altra nazione, si procedeva a rinchiudere sotto sorveglianza i cittadini dello Stato nemico. Ma gli inglesi stabilirono di deportare i cittadini di origine italiana e tedesca in campi di concentramento oltreoceano, privandoli delle proprietà e non applicando molte delle garanzie previste dalle leggi internazionali. Una delle navi che trasportava questi internati – assieme ad alcuni prigionieri di guerra e perfino un gruppo di rifugiati ebrei italiani – la Arandora Star, venne silurata a largo delle coste irlandesi da un sommergibile tedesco, l’U47 il 2 luglio 1940 col suo carico di deportati. Furono 446 gli italiani che morirono nella catastrofe, assieme ad altri 400 tedeschi, austriaci e membri dell’equipaggio.
Una tragedia italiana oscurata e pressoché dimenticata in Italia per 70 anni. Al contrario la comunità italiana in Gran Bretagna la ricorda ogni anno. Non a caso l’autore dell’opera teatrale “Il sarto in fondo al mare” è Alfio Bernabei, da decenni emigrato in Inghilterra, regista, scrittore e storico impegnato in ricerche sulla strage dell’Arandora (suo, tra l’altro, il libro “Esuli ed emigranti italiani nel Regno Unito – 1920 -1940″ edito in Italia da Mursia). Per Alfio Bernabei, l’affondamento dell’Arandora è “una tragedia mai dimenticata. O troppo dimenticata. In ogni caso la più grave mai avvenuta nella storia dell’emigrazione italiana all’estero”. Al centro del dramma è un personaggio realmente esistito che fu fra le vittime, Decio Anzani, un sarto romagnolo che viveva a Londra ed era da anni uno dei protagonisti dell’opposizione al Duce quale segretario della Lega Italiana per i Diritti dell’uomo.
La Arandora Star era stracolma di internati, carica fino al doppio del massimo consentito. Le scialuppe erano in numero inferiore al previsto e tenute dietro filo spinato. Inoltre il mercantile era stato dipinto di grigio-marina e non mostrava alcun contrassegno di riconoscimento per comunicare d’essere un trasporto di civili inermi e non un bersaglio militare. L’equipaggio infine non aveva avuto alcuna istruzione, tanto che le operazioni di salvataggio dei superstiti furono condotte col determinante intervento di un prigioniero tedesco, il comandante Otto Burfeind della nave “Adolph Woermann”, che alla fine risultò fra i dispersi. Agli internati superstiti non furono riconosciuti i diritti previsti dalle leggi internazionali e nonostante la tragedia molti di loro furono deportati nelle colonie britanniche dell’Oceania. I famigliari delle vittime non hanno mai ricevuto scuse ufficiali, né un risarcimento.
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Inserito su www.storiainrete.com il 29 novembre 2010