Uno dei massimi campioni del politicamente corretto e dell’eterna lotta contro il male assoluto (vale a dire il fascismo, secondo la definizione di un ‘esperto’ come Gianfranco Fini), uno di questi campioni, insomma, Corrado Stajano, sabato 29 aprile ha colpito ancora sulle pagine culturali del “Corriere della sera”. Oggetto una sterminata recensione del recente libro di Davide Conti, Gli uomini di Mussolini, pubblicato da Einaudi e dedicato alle vicende dei molti funzionari e ufficiali che avevano iniziato la loro carriera sotto il fascismo e la proseguirono poi, più o meno indisturbati, dopo la fine della guerra.
Aldo G. Ricci per Storia in Rete del 4 maggio 2017
Niente da dire sul libro. E’ l’ennesimo prodotto di una catena di montaggio, di cui Mimmo Franzinelli è il massimo esponente, che ha imparato da Renzo De Felice la ricerca d’archivio, riducendola però a spiluccamento di documenti per provare tesi precostituite, per rivelazioni più o meno sensazionalistiche o per inchiodare esponenti del vecchio regime alle loro vere o presunte responsabilità. Dimenticando un altro elemento essenziale della lezione di De Felice: che i documenti vanno sempre letti nel loro contesto e nel più generale contesto storico.
Un esempio recente di spiluccamento sensazionalistico di documenti ce lo fornisce la “Stampa” del 26 aprile scorso con un articolo di Ariela Piattelli, dove viene riportato un documento del Ministero dell’Interno del 4 ottobre inviato a Mussolini dalla Jugoslavia occupata. Il documento è stato utilizzato da Michele Sarfatti (storico della Shoah) per uno studio sugli ebrei in quell’area e gli è stato segnalato da Giorgio Fabre (uno spiluccatore seriale di documenti).
Ma cosa dice il documento? Chiede a Mussolini come contenersi con gli ebrei che dalla Croazia, dove sono perseguitati dagli ustascia e dai tedeschi, chiedono di rifugiarsi nelle zone occupate dagli italiani. Risposta del Duce: “Respinti”, a matita blu e siglato con la M consueta. Ecco la prova regina della connivenza di Mussolini nello sterminio! Questa la conclusione che prescinde da qualsiasi contestualizzazione del documento; dalla realtà confusa e contraddittoria cui si riferisce; dalla consuetudine di dare ordini e contrordini, o di dare ordini per compiacere i tedeschi con la consapevolezza che non sarebbero stati eseguiti. Tutto da verificare, anche alla luce di tanti altri episodi e documenti che testimoniano in senso diverso.
Ma torniamo alla nostra recensione di Stajano. La casa editrice Einaudi che pubblica il libro non ci stupisce. Non potendo più inondarci come in passato con migliaia di pagine sulle meraviglie del comunismo e del terzomondismo, oggi si dedica allo sport nazionale dell’autofustigazione in nome dell’antifascismo tradito. L’articolo di Stajano vibra tutto di questa indignazione. Elenca alcuni nomi di prefetti, questori e generali, colpevoli secondo Conti e Stajano di crimini sotto il fascismo che continuarono indisturbati la loro carriera durante la Repubblica. E’ l’eterno tema dell’epurazione mancata e non entro nel merito dei casi singoli. Il vero crimine secondo Stajano è stato la “continuità dello Stato” tra fascismo e Repubblica. C’è da meravigliarsi,scrive, che sul Quirinale sventoli la bandiera della Repubblica, nonostante gli intrighi della Monarchia per non passare la mano (anche se le recenti ricerche, in particolare di Aldo A. Mola, hanno dimostrato che se intrighi ci furono, furono proprio a danno della Corona). Non c’è da meravigliarsi, continua Stajano, che la Costituzione sia stata per tanti anni congelata, visto che eravamo occupati (dagli USA secondo lui) e c’era la guerra fredda. “Il libro di Conti, aggiunge, è quasi una antologia di nefandezze commesse dopo il 1945 contro la democrazia ed è popolato di personaggi nati e formati sotto il fascismo”. Quindi tutti impuniti in nome della continuità dello Stato. Ti cascano le braccia a sentire questo eterno e immutabile rosario.
Una sola osservazione. La tanto vituperata continuità dello Stato è quella che ha evitato all’Italia sconfitta guai peggiori. Il 99% degli amministratori, dei militari, dei funzionari, dei tecnici sono rimasti al loro posto e hanno garantito il funzionamento, per quanto possibile, delle istituzioni, dell’economia, della finanza in un Paese alla deriva. Così al Nord, sotto la Repubblica Sociale, come al Sud, e poi dopo la riunificazione. Non erano fascisti o antifascisti; erano servitori dello Stato e basta. Con tutte le differenze del caso valga un esempio: l’Iraq del dopo Saddam I formidabili strateghi di Bush dopo aver facilmente vinto la guerra, hanno pensato bene di azzerare l’unica struttura del paese: la classe militare. Risultato: tutti passati all’ISIS. Quindi ringraziamo la sorte della continuità del nostro Stato dopo la guerra e invitiamo i suoi denigratori a ripassare gli ABC della Storia.