A distanza di poche ore dalla scomparsa di Anna Mattei, ci lascia un’altra donna – forse meno nota ai contemporanei – la cui vita è intrecciata in modo altrettanto indissolubile con le pagine più dolorose della nostra storia. E’ morta il 3 luglio sera a Bergamo Maria Pasquinelli, la professoressa d’origini toscane che esplose tre colpi mortali al generale De Winton, comandante della guarnigione britannica di Pola. Era il 10 febbraio 1947 e nel capoluogo istriano si stava svolgendo il cerimoniale di consegna di quei territori all’autorità jugoslava, come disposto dalla Conferenza di Pace siglata in quelle stesse ore a Parigi.
di Elena Barlozzari da Il Barbadillo del 5 luglio 2013
Quel giorno Maria indossava un cappotto rosso, chissà se quel colore lo scelse appositamente, a voler ribadire con quanta consapevolezza avesse scelto d’andare incontro al suo martirio. Fatto sta che, dopo l’accadimento, nelle sue tasche venne rinvenuto un biglietto scritto di suo pugno: “Mi ribello, col fermo proposito di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentarli, ai Quattro Grandi i quali, alla Conferenza di Parigi, in oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, hanno deciso di strappare ancora una volta dal grembo materno le terre più sacre d’Italia, condannandole o agli esperimenti di una novella Danzica o con la più fredda consapevolezza, che è correità, al giogo jugoslavo, sinonimo per la nostra gente indomabilmente italiana, di morte in foiba, di deportazioni, di esilio.”
Di fronte alla Corte Militare Alleata di Trieste, la Pasquinelli si dichiarò colpevole della condotta addebitatale ed alla facoltà di opporsi entro trenta giorni alla sentenza di condanna a morte rispose: “Ringrazio la Corte per le cortesie usatemi, ma fin d’ora dichiaro che mai firmerò la domanda di grazia agli oppressori della mia terra.” Alla notizia della sentenza di morte, manifestini tricolore con su scritto: “Dal pantano d’Italia è nato un fiore, Maria Pasquinelli” apparvero in ogni via di Trieste.
Il 21 maggio 1947 la pena capitale è commutata in ergastolo e la Pasquinelli viene trasferita nel penitenziario di Perugia dove trascorre diciotto anni. Torna libera nel 1974, in seguito all’ottenimento della grazia concessa dal Presidente della Repubblica. Lo scorso maggio aveva festeggiato il traguardo dei cent’anni, circondata dall’affetto di quanti non hanno dimenticato il suo gesto.