di Luca Gallesi – 30 dicembre 2020
E’ morto il 27 dicembre, nel suo buen retiro di Camogli, il decano dei politologi italiani, Giorgio Galli, che avrebbe compiuto 93 anni il prossimo 10 febbraio. A lungo docente di Storia delle dottrine politiche all’Università degli Studi di Milano, diventò celebre anche per aver coniato il termine “bipartitismo imperfetto”, titolo di un saggio del 1966 dedicato al sistema politico italiano, ingessato dall’impossibilità del PCI filosovietico di andare al governo e dalla conseguente inamovibilità del potere democristiano. Autore prolifico, scrisse migliaia di articoli e più di un centinaio di libri dedicati alla politica, occupandosi anche, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, dei rapporti tra potere e magia, argomento questo che, se lo premiò dal punto di vista editoriale grazie a best-seller come Hitler e il nazismo magico (Rizzoli 1989) e La politica e i maghi (Rizzoli 1995), fece storcere il naso all’accademia, che non vedeva di buon occhio l’indipendenza intraprendente di un professore che firmava una rubrica di note politiche per “Panorama”, e un’altra dedicata all’esoterismo sul mensile “Astra”.
Questa assoluta mancanza di pregiudizi politici, unita a una disponibilità totale sul piano umano, hanno fatto di Giorgio Galli un’eccezione in un ambiente, quello del cosiddetto ceto intellettuale italiano, spesso chiuso, spocchioso e molto geloso delle proprie prerogative di chierici del potere. Dichiaratamente di sinistra, Galli non rifiutò però mai il confronto con nessuno, nemmeno con quelli che, a partire dagli anni Settanta, erano considerati degli intoccabili paria: i giovani di destra. E’ del 1986 la sua introduzione a un saggio scritto da una – allora – giovane militante missina, Monica Zucchinali, autrice di A destra in Italia oggi, (SugarCo), l’inizio di una lunga frequentazione con quella che veniva considerata “la metà oscura”, frequentazione che si è mantenuta, intensificandosi, fino alla fine, creando un po’ di imbarazzo a molti moralisti di sinistra, che ritenevano scandaloso e ammorbante il solo contatto con chi non accettava il dogma antifascista, figuriamoci, poi, sdoganare come pensatore politico addirittura Julius Evola, da Galli inserito nel suo Manuale di storia delle dottrine politiche e fatto oggetto di approfondimento nei suoi corsi universitari.
Per una di quelle “coincidenze significative” da lui apprezzate e approfondite, nell’immediato dopoguerra fu studente di Giurisprudenza alla Statale di Milano negli stessi anni in cui la frequentavano anche Giano Accame e Mirko Tremaglia, coi quali si ritrovò a incrociare il cammino alla fine del secolo scorso, quando il figlio di Mirko, Marzio, dette una delle poche prove ammirabili di destra di governo come Assessore alla Cultura in Regione Lombardia. Nel turbinio di iniziative che resero quegli anni davvero “indimenticabili” e appassionanti, Galli fu sempre disponibile a partecipare a qualsiasi incontro o convegno, occasioni che gli permisero di riallacciare i rapporti con Accame, rapporti che erano sempre comunque stati di reciproca stima. A questo proposito, vale la pena di rileggere la prefazione che Galli scrisse per l’ultimo libro, uscito postumo per Mursia, di Accame, La morte dei fascisti, dove manifesta quella curiosità per l’anticapitalismo di destra, argomento che anni dopo diventerà oggetto di un libro e di molti articoli e interventi a conferenze e convegni.
Pochi anni fa, provò a suggerire il superamento degli steccati, in un pamphlet significativamente intitolato Oltre l’antifascismo? Scritto a quattro mani con F. Bochicchio (Biblion edizioni), venne ignorato, quando non apertamente criticato dalla sinistra, accoglienza che però non scoraggiò affatto Galli dal continuare la sua esplorazione del continente proibito, mantenendo le proprie idee, ma senza rinunciare al confronto, spesso proficuo, con “l’altro da sé”, come dimostra uno dei suoi ultimi libri, il già citato L’anticapitalismo di destra, (OAKS 2019), dove analizza autori del calibro di Ezra Pound, J.Evola, O.Spengler e tanti altri scrittori proibiti, scoperti o riavvicinati con un occhio diverso. L’attenzione e il rispetto dell’ambiente “anticonformista” furono ricambiati da un libro che volli curare come omaggio per il suo 91° compleanno di Galli, Giorgio Galli, il “mago” della politica, edito da OAKS, che raccoglie una serie di contributi di autori vari, tra cui Piero Visani, Francesco Ingravalle, Fabio Mini e Sergio Romano, che analizza e riconosce l’importanza della sua opera.
Con la fine della guerra fredda e il dominio planetario della cosiddetta liberaldemocrazia, il vero nemico dell’uomo si è mostrato: quello che Pound denunciava come Usura, ossia il dominio avido e spietato del profitto, è diventato il vero Potere, superiore alle nazioni e incarnato nelle invincibili multinazionali. Intendiamoci: nessun cedimento a deliri complottisti, ma solida e argomentata analisi politica esposta lucidamente nei volumi Scacco alla super-class e Arricchirsi impoverendo (entrambi Mimesis).
Curioso, generoso, entusiasta, Giorgio Galli era sempre disponibile a scrivere una prefazione, a partecipare a una cena o a presiedere una conferenza, compiti che prendeva ugualmente sul serio, mettendo a proprio agio gli ospiti, che trattava con la stessa amabile affabilità sia che fossero ministri o studenti. Per una curiosa “coincidenza significativa”, l’ultimo suo libro riprende, e chiude, il ciclo iniziato con Hitler e il nazismo magico: si tratta di un saggio intitolato Hitler e l’esoterismo (OAKS), nel quale conferma e approfondisce i rapporti tra potere e magia, testimoniando così la profondità del suo interesse verso una dimensione diversa da quella semplicemente materiale, una dimensione che ora, con la sua insaziabile curiosità, sta esplorando di persona.