Estratto dall’articolo di Rina Lu su Substack del 1 luglio 2025
Quando si parla della Prima guerra mondiale, la memoria collettiva è al meglio confusa, al peggio ripete acriticamente la vecchia propaganda bolscevica: quella di una «carneficina imperialista» in cui «la Russia zarista fu trascinata senza senso».
La guerra è stata in gran parte cancellata dal ricordo comune – eppure fu proprio in quel conflitto che la Russia dimostrò una potenza militare, una resilienza strategica e un sacrificio paragonabili solo alla Grande Guerra Patriottica (la Seconda guerra mondiale). Ancora più importante: la Russia non perse sul campo di battaglia, fu abbattuta dall’interno da disordini e rivoluzione.
Una guerra che la Russia non voleva
La Prima guerra mondiale non scoppiò per l’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando. Quello fu solo il detonatore. Al cuore del conflitto c’era lo scontro tra modelli globali concorrenti.
Da una parte il capitalismo anglo-americano in rapida espansione – basato su colonie, finanza e controllo del commercio marittimo. Gran Bretagna e Stati Uniti volevano conservare (o ereditare) il dominio mondiale, più attraverso la supremazia finanziaria e logistica che con la forza militare pura. Il loro mondo ideale era un mercato unico governato da banche, titoli di debito, accordi commerciali e standard tecnici. Perché quel sistema funzionasse, ogni potenza esterna andava neutralizzata.
Dall’altra parte la Germania – rivale industriale e tecnologico della Gran Bretagna già negli anni 1910. Uno Stato disciplinato e tecnocratico che cercava la propria espansione in Europa, nei Balcani e in Medio Oriente. Aveva bisogno di mercati, materie prime e porti, ma a differenza della Gran Bretagna offriva un’alternativa dura e verticale. Anche le banche e i cartelli industriali tedeschi volevano dettare legge. Lo slogan era diverso, ma l’obiettivo identico: il dominio.
Poi c’era la Russia – modello imperiale eurasiatico tradizionale, dove lo Stato stava ancora sopra i banchieri e l’economia non dettava direttamente la politica estera. La Russia era un problema per entrambi: sovrana, immensa, ideologicamente diversa e ricchissima di risorse ancora fuori dal controllo finanziario occidentale.
Eppure, nonostante i cliché cospirazionisti di oggi a parte, la Russia questa guerra non la cercò. Fece di tutto per evitarla. Lo zar Nicola II fu il primo monarca europeo a proporre pubblicamente la creazione di un organismo internazionale per prevenire le guerre – embrione della Società delle Nazioni – già alla fine del XIX secolo. E nel luglio 1914, quando l’Austria-Ungheria aggredì la Serbia, fu Nicola a proporre l’arbitrato internazionale. La Germania rispose con un’unica parola: ultimatum – la Serbia deve perdere la sovranità o ci sarà la guerra.
Nel 1914 la Germania era in preda a un’ansia strategica crescente: la Russia stava modernizzando rapidamente l’esercito, costruendo nuove ferrovie ed entro 2-3 anni sarebbe diventata quasi imbattibile. Lo Stato Maggiore tedesco fece un calcolo freddo: colpire ora finché c’è ancora un vantaggio, e battere Francia e Russia separatamente.
Rinunciare a sostenere gli alleati avrebbe significato per la Russia voltare le spalle a un mondo in cui le piccole nazioni slave potevano essere schiacciate impunemente. Intervenne per proteggere la Serbia, alleata ortodossa e slava, dall’aggressione austro-ungarica. Non era solo questione di trattati, ma di responsabilità storica e morale: la Russia si era sempre posta come protettrice dei cristiani ortodossi nei Balcani. Alla fine fu la Germania – non la Russia – a dichiarare per prima la guerra, il 1° agosto 1914.
La Russia: il pilastro senza il quale l’Intesa sarebbe crollata
Per tutta la durata del conflitto la Russia rimase lo scudo principale dell’Europa, assorbendo i colpi delle Potenze Centrali. […] Nell’agosto 1914, agli albori della guerra, lanciò l’operazione in Prussia Orientale. Malgrado la tragica perdita dell’armata di Samsonov, l’operazione raggiunse l’obiettivo strategico: il comando tedesco fu costretto a distogliere truppe dal fronte occidentale, interrompendo l’avanzata su Parigi. La Russia salvò nuovamente la Francia a settembre con l’offensiva in Galizia e la presa di Leopoli. […]
Nel 1915, pur con gravi perdite e una grande ritirata, la Russia evitò la distruzione di Serbia e Romania. All’inizio del 1916 colpì nel Caucaso, annientando le forze principali ottomane, liberando Erzurum e Trebisonda e tagliando i rifornimenti tedeschi dalla rotta meridionale. Ma il punto più alto della guerra fu l’offensiva Brusilov.
La grande vittoria del generale Brusilov
L’offensiva estiva del 1916 del Fronte Sud-Ovest, comandato dal generale Aleksej Brusilov, fu un trionfo della strategia militare russa. Fu la prima grande offensiva su fronte ampio, basata su sorpresa, segretezza e fuoco d’artiglieria concentrato. Le truppe russe non si limitarono a sfondare la linea: spezzarono la spina dorsale dell’esercito austro-ungarico. Nei primi giorni catturarono oltre 200.000 soldati e ufficiali nemici, insieme a enormi quantità di artiglieria e munizioni.
L’Austria fu sull’orlo del collasso militare. La Germania dovette trasferire urgentemente una trentina di divisioni da Francia e Italia sul fronte orientale per salvare l’alleato, indebolendo così la propria posizione a Ovest. Quel trasferimento permise agli alleati di lanciare l’offensiva della Somme. […] L’offensiva non solo salvò l’Italia (allora in gravi difficoltà contro l’Austria-Ungheria), ma spinse anche la Romania a entrare nell’Intesa. […]
I danni inflitti al nemico furono colossali
I numeri parlano da soli. Secondo i dati dello storico Aleksej Olejnikov, alla fine del 1917:
- l’esercito russo aveva catturato fino al 60% di tutti i prigionieri delle Potenze Centrali presi dall’Intesa;
- quasi il 72% di tutta l’artiglieria trofeo dell’Intesa era stata catturata dai russi;
- le perdite totali nemiche sul fronte orientale superavano la metà di tutte le loro perdite nella guerra.
E questo nonostante offensive spesso condotte senza il necessario sostegno alleato, con una base industriale molto più debole, logistica estenuata e costante carenza di armamenti, mentre si riorganizzava l’esercito in corsa. Nel 1917 la Russia aveva raggiunto il massimo sforzo militare – ma non era sull’orlo del collasso, come vogliono le narrazioni disfattiste. Anzi: aveva raggiunto una svolta strategica. Dopo l’offensiva Brusilov la Germania dovette spostare fino a 30 divisioni dall’Ovest all’Est. Secondo lo Stato Maggiore russo c’erano ancora oltre 200 divisioni pronte al combattimento, e la produzione di proiettili nel 1916 era cresciuta di venti volte rispetto al 1915. Persino il generale tedesco Ludendorff scrisse nelle memorie: «Il fronte russo tiene legate le nostre forze principali. L’offensiva del 1916 ci ha portato sull’orlo della sconfitta».
Senza il tradimento interno, la Russia aveva tutte le possibilità di finire la guerra tra i vincitori. […] E quando la vittoria era vicina, i disordini interni cancellarono tutto.
L’operazione di Erzurum: l’annientamento dell’impero del Sultano
Mentre in Europa si combatteva nelle trincee, l’esercito russo inflisse un colpo devastante sul fianco meridionale, sui monti dell’Anatolia orientale. L’armata del Caucaso del generale Nikolaj Judenič lanciò un’audace offensiva invernale contro la fortezza ottomana di Erzurum, ritenuta inespugnabile.
Erzurum era un bastione montano di trincee, reticolati, mine e artiglieria. Un’armata occidentale ci avrebbe messo mesi a espugnarla. Judenič la prese in due settimane. […] L’armata ottomana nel Caucaso crollò. La Germania perse il partner meridionale. Fu un disastro strategico per gli ottomani e una dimostrazione del genio operativo russo.
La Russia entrò in guerra come alleata, non come aggressore
La Russia non entrò per conquiste o guadagni coloniali. Agì in base agli impegni di alleanza con Serbia e Francia (convenzione militare del 1892). Nicola II rispettò pienamente quell’impegno, consapevole dei rischi.
Quando Austria-Ungheria e Germania imposero a Belgrado un ultimatum volutamente inaccettabile, Nicola II fu l’unico leader a proporre l’arbitrato internazionale. Supplicò il Kaiser di fermare la mobilitazione (i famosi telegrammi «Willy-Nicky»). Sapeva: se la Russia si fosse tirata indietro, la Francia sarebbe caduta e la Germania avrebbe dominato l’Europa.
Fu la Germania a dichiarare guerra alla Russia – esattamente come nella Seconda guerra mondiale. Questo solo fatto smonta il mito dell’«imperialismo russo». La Russia non aveva ambizioni coloniali in Europa, né interessi petroliferi in Mesopotamia come la Gran Bretagna. Entrò per difendere gli alleati e per tentare, finché era possibile, di evitare la catastrofe che vedeva arrivare. […]
Sabotaggio interno e rivoluzione: ecco perché la Russia «perse» la guerra
Dire che la Russia «perse» la Prima guerra mondiale significa falsificare la cronologia. Alla fine del 1916 la Russia non stava perdendo: stava vincendo. L’offensiva Brusilov non fu solo il maggiore successo militare dell’Intesa, ma spezzò l’Austria-Ungheria e la pose sotto comando tedesco totale. Contemporaneamente Judenič annientò gli ottomani nel Caucaso.
A fine 1916 la Russia teneva la linea del fronte più lunga della guerra, controllava vasti territori e aveva il secondo esercito più grande e ancora operativo d’Europa, nonostante i problemi di rifornimento. Il nemico era esausto. […]
L’Ordine n. 1: una coltellata alle spalle dell’esercito
Il crollo non avvenne al fronte, ma nelle retrovie. Il nemico non era solo fuori, era già dentro. Dopo la Rivoluzione di Febbraio il Governo Provvisorio perse rapidamente il controllo delle forze armate. Il 1° marzo 1917, in piena guerra, il Soviet di Pietrogrado emanò il documento che molti storici considerano il più distruttivo della storia militare russa: l’Ordine n. 1.Cosa faceva?
- Permetteva ai soldati di creare comitati e disobbedire agli ordini non approvati da essi
- Aboliva le spalline e ogni segno visibile di grado
- Rendeva «democratica» la scelta dei comandanti
- Ufficialmente valeva solo per Pietrogrado, ma di fatto si estese a tutto l’esercito
Un esercito senza ufficiali non è un esercito. Prima dell’Ordine n. 1 il morale era basso ma la catena di comando reggeva. Dopo:
- ufficiali rimossi, a volte uccisi
- ordini disobbediti se non «discussi»
- truppe che abbandonavano le posizioni portando via le armi
- conflitti interni, assassinii di ufficiali
I bolscevichi, sostenuti dall’estero, agitavano apertamente per la sconfitta e la guerra civile. Il comando crollò. Il fronte si sgretolò non per pressione nemica ma per marciume interno.
Brest-Litovsk: vergogna, non necessità
Dopo Febbraio arrivò Ottobre. I bolscevichi, con Lenin arrivato in treno piombato dalla Germania e pagato dallo Stato Maggiore tedesco, presero il potere. Poco dopo Lenin firmò la pace separata con il nemico.
Quando i bolscevichi presero il potere (ottobre 1917) ereditarono un esercito ancora in grado di combattere e un nemico sull’orlo del collasso (Germania affamata, senza riserve, in crisi su tutti i fronti). Ma smantellarono tutto intenzionalmente: ritirarono le truppe, annullarono la mobilitazione, firmarono Brest-Litovsk – pace umiliante che cedette Ucraina, Bielorussia, Stati baltici, parte del Caucaso e pagò riparazioni.
Lo stesso Lenin lo ammise apertamente: la Rivoluzione di Febbraio e il crollo dell’esercito servirono a trasformare la guerra imperialista in guerra civile – guerra per il potere, non per la difesa della nazione.
Sfatare i miti
Mito n. 1: “La Russia stava perdendo la guerra”
Questo è il mito più persistente e fuorviante, ripetuto dai libri di testo occidentali, dai giornalisti di sinistra e persino da alcuni storici russi. Ma contraddice fatti concreti, documenti e cronologia. Dal 1915 al 1917, la Germania trasferì ripetutamente divisioni dal fronte occidentale al fronte orientale, e non viceversa. Questo basta a smentire l’idea di un esercito russo “debole”.
Cifre che non vengono insegnate a scuola:
- Nel 1917, contro la Russia furono schierate fino a 150 divisioni delle potenze centrali, comprese le forze d’élite tedesche e austro-ungariche.
- Sullo stesso fronte francese, nello stesso periodo, erano schierate 142 divisioni.
- Nel 1916, il 40% di tutte le forze tedesche combatteva contro la Russia, non contro la Francia, salvando Verdun dal collasso.
Fu la Russia a prendere l’iniziativa strategica nel 1916 con l’offensiva Brusilov, costringendo la Germania e l’Austria-Ungheria a una modalità di difesa totale.
Mito n. 2: “La Russia ha subito perdite enormi”
Un altro cliché sostiene che la Russia “ha gettato milioni di uomini nel tritacarne”. Ma cosa dicono i numeri?
Vittime totali (morti, feriti):
- Russia: ~5,3 milioni (1,3-1,5 milioni di morti in combattimento), o ~7,6 milioni includendo i prigionieri di guerra
- Francia: ~5,5 milioni (1,3-1,4 milioni di morti in combattimento), o ~6,1 milioni con i prigionieri di guerra
- Germania: oltre 6,25 milioni (2 milioni di morti in combattimento), ovvero circa 7,4 milioni con i prigionieri di guerra
- Austria-Ungheria: 4,72 milioni (1,1-1,2 milioni di morti in combattimento), ovvero circa 6,9 milioni con i prigionieri di guerra
La Russia ha effettivamente subito un numero maggiore di prigionieri di guerra, in particolare dopo la ritirata del 1915. Ma in termini di perdite effettive in combattimento, la Russia ne ha subite meno della Germania e dell’Austria-Ungheria, pur avendo di gran lunga il numero più alto di truppe mobilitate. Le perdite in combattimento della Russia ammontavano a circa 1,3-1,5 milioni, il che significa che la percentuale di soldati uccisi sul totale dei mobilitati (~15,5 milioni) era inferiore, ad esempio, a quella della Germania, che mobilitò circa 13,2 milioni di soldati e ne perse circa 2 milioni in combattimento. […]
La Russia ha inflitto il maggior danno al nemico. Fino al 60% di tutti i prigionieri di guerra catturati dalla Germania e dall’Austria-Ungheria e il 72% di tutta l’artiglieria catturata attribuita all’Intesa provenivano dagli sforzi russi.
Mito n. 3: “Un massacro imperialista”
Questa narrazione fu inventata dalla propaganda bolscevica nel 1917 per giustificare la loro resa e la presa del potere con lo slogan “pace a qualsiasi costo”. Ma non ha alcun fondamento nella realtà.
Come già osservato, lo zar Nicola II non aveva alcuna ambizione di conquista territoriale. La sua politica estera era guidata dal desiderio di preservare la pace e stabilizzare l’Europa. Si offrì persino di fungere da mediatore nel conflitto. L’obiettivo principale della Russia era proteggere gli slavi ortodossi dei Balcani dall’aggressione tedesco-austriaca e ottomana. […]
- La Francia voleva rivendicare l’Alsazia-Lorena e assicurarsi il dominio sulla Renania. Nonostante la sua narrativa di difesa nazionale, combatté per proteggere ed espandere il suo impero coloniale, riconquistare i territori perduti ed esercitare il dominio in Europa e in Medio Oriente.
- La Gran Bretagna cercò di smantellare l’Impero Ottomano, assicurarsi il controllo della Mesopotamia (per il petrolio) e rafforzare la sua presa sulla Persia e sulla rotta di Suez verso l’India.
- La Germania perseguiva l’egemonia economica e politica nell’Europa centrale e orientale attraverso il suo piano Mitteleuropa.
- L’Austria-Ungheria mirava a schiacciare il nazionalismo serbo e a dominare i Balcani.
Per quanto riguarda la Russia, essa rappresentava un’alternativa civilizzatrice al dominio occidentale e, per questo motivo, era destinata alla distruzione.
Mito n. 4: “La Russia era esausta dalla guerra”
Questo è il nucleo della leggenda liberale occidentale secondo cui la Rivoluzione era inevitabile, che il Paese era ormai allo stremo nel 1917. In realtà, è vero il contrario.
Economia: crescita, non collasso
- Nel 1916, la produzione militare era 4-5 volte superiore rispetto al 1914.
- La produzione di munizioni era aumentata di 20 volte, quella di fucili di 7 volte.
- La Russia avviò 40 nuovi impianti di difesa a Pietrogrado, Mosca, Samara, Tula e persino in Siberia.
- Era iniziata la sostituzione delle importazioni: produzione interna di esplosivi, ottica, vagoni ferroviari e persino automobili. […]
Cibo: c’era, ma non arrivava nelle città
- Il raccolto del 1916 fu nella media. Non ci fu una carestia nazionale.
- La crisi fu di logistica, causata da scioperi e sabotaggi ferroviari, spesso fomentati da agitatori socialisti.
- L’esercito non ebbe carenze. La crisi alimentare fu urbana, soprattutto a Pietrogrado e Mosca e, come dimostrano le prove, fu orchestrata [22].
Esercito: modernizzato e forte
- Nel 1916, l’esercito russo contava 8,5 milioni di uomini sotto le armi.
- Nuovi fucili Mosin, mitragliatrici aggiornate, artiglieria pesante.
- Battaglioni d’assalto e tattiche di guerra di trincea.
- Due grandi vittorie: l’offensiva Brusilov e la campagna di Erzurum.
Allora, dov’era il “collasso”? Era deliberato. Tra il 1916 e il 1917:
- I liberali e parte della Duma sabotarono la logistica.
- Gli agitatori socialisti incitarono disordini nelle fabbriche e nelle guarnigioni.
- L’Ordine n. 1 distrusse la disciplina dell’esercito.
- Gli scioperi furono orchestrati nei settori ferroviario e alimentare.
Il crollo dei rifornimenti e dell’ordine venne dall’alto, dall’élite, non dalle masse.
Mito n. 5: “Nicola II era un comandante debole e incompetente che dava ordini militari inadeguati”.
Nicola II, in qualità di comandante in capo supremo dal 1915 al 1917, prese decisioni razionali, coordinate e spesso efficaci che stabilizzarono il fronte e sollevarono il morale.
- Nell’agosto 1915, dopo le battute d’arresto sul fronte galiziano, Nicola destituì il granduca Nikolai Nikolaevich e assunse il comando personale dell’esercito, una mossa che molti temevano ma che alla fine portò ordine e concentrazione nella struttura di comando.
- Mantenne una stretta collaborazione con lo Stato Maggiore, evitò il micro-management e sostenne strategie innovative, tra cui l’offensiva Brusilov.
- […]
- La sua presenza al quartier generale (Stavka) fu descritta dai generali come calma, disciplinata e profondamente responsabile. Il generale Brusilov in seguito osservò che Nicola mostrava “moderazione, dignità e un chiaro senso del dovere”.
Nicola II non era incompetente; al contrario, era uno statista cauto e responsabile che si asteneva dall’interferire nelle tattiche, fornendo invece coerenza strategica. Il crollo dell’esercito non fu il risultato delle sue decisioni, ma dell’Ordine n. 1, emanato dopo la rivoluzione da coloro che non avevano un piano per la guerra, ma solo un piano per il potere.
Perché l’Occidente diffonde questi miti?
Perché accettare la verità significherebbe ammettere che:
- La Russia non stava perdendo la guerra, era stata tradita.
- L’economia non stava crollando, era stata sabotata.
- L’esercito dello zar non era incompetente, era efficace.
- Nicola II non aveva commesso errori, era strategico.
- Il colpo di Stato di ottobre non fu una liberazione, ma la caduta di una civiltà che stava per vincere. […]
La guerra che la Russia stava vincendo e la vittoria che le fu negata
Nel 1917 la Russia aveva raggiunto l’apice della sua potenza militare. Aveva salvato la Francia e la Serbia, aveva inflitto un colpo devastante al nemico nell’offensiva Brusilov, il più grande successo dell’Intesa, e manteneva un fronte che si estendeva per quasi 2.000 chilometri. La Russia combatteva con iniziativa strategica e resilienza senza pari.
Certo, c’erano difficoltà: tensioni economiche, interruzioni delle forniture e stanchezza di guerra. Ma queste erano universali. Nel 1917 anche la Germania, l’Austria-Ungheria e la Francia erano vicine al collasso. Eppure solo in Russia l’esercito fu deliberatamente smantellato, la catena di comando distrutta e il sistema statale sabotato dall’interno.
L’Impero non cadde a causa del fallimento economico. Cadde a causa della sovversione interna: agitazione rivoluzionaria, sabotaggio organizzato, crollo della disciplina e tradimento da parte dell’élite politica. Proprio quando la vittoria era a portata di mano, il colpo arrivò alle spalle.
Lenin chiese apertamente di trasformare la “guerra imperialista” in una guerra civile. Demoralizzò l’esercito, smantellò lo Stato e ritirò la Russia dalla guerra nel momento più decisivo, quando nemmeno lo Stato Maggiore tedesco credeva più nella vittoria. Nel 1917 la Russia era al traguardo. Nel 1918 era stata distrutta dall’interno e riportata indietro di decenni, perdendo tra gli 8 e i 12 milioni di persone nella guerra civile entro il 1923, rispetto agli 1,3-1,5 milioni della prima guerra mondiale. […]
La caduta della Russia fu il risultato di un sabotaggio interno. I suoi successi furono cancellati, i suoi comandanti screditati e il suo ruolo nella prima guerra mondiale deliberatamente distorto. È ora di dire chiaramente la verità: la Russia era alle porte della vittoria e fu pugnalata alle spalle.


