Margherita di Savoia: i lati sconosciuti della “regina” per antonomasia

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di Laura Pitzalis da Thriller Storici e Dintorni del 18 agosto 2025

Margherita di Savoia, patrocinatrice e spendacciona, intrepida e rigorosa, la leggendaria regina a cui venne dedicata una pizza, quella che a lungo nell’immaginario collettivo rimase “La Regina” per antonomasia, colei che godeva della generale ammirazione. Giosuè Carducci le dedicò versi appassionati:

“Onde venisti? Quali a noi secoli/sì mite e bella ti tramandarono?/ Fulgida e bionda …”

Margherita era raffinata, aggiornata su tutto, non indossava mai un abito più di una volta, riscuoteva grande adorazione: una fashion blogger ante litteram.

Seppe sempre esaltare benissimo la sua bellezza compensando con semplici accorgimenti i difetti fisici, il naso aquilino, le gambe un po’ tozze e fianchi un po’ troppo robusti, come facendosi ritrarre nelle foto ufficiali sempre seduta e con un imponente guardaroba “intelligente”, abiti sfarzosi dotati di gonne che nascondevano scarpe con zeppe abbastanza alte e acconciature grandiose che ne slanciavano la figura.

Non era, quindi, una bellissima donna, ma con un sorriso dolcissimo, occhi vivaci e un carattere molto forte determinò il suo stile fin dagli inizi. Famoso era il suo grande amore per le perle, tanto che fu chiamata la Regina delle perle. Non per nulla il nome Margherita deriva dal termine greco “margarítes” (μαργαρίτης) il cui significato è “perla. Per questo la sovrana considerava le perle il suo gioiello portafortuna.

Negli anni ’80 del XIX secolo, grazie a diversi scrittori e letterati, nacque proprio il culto di Margherita, che possiamo chiamare “margheritismo”: a lei s’ispiravano i giornali di moda, i cappelli, la pizza, gli abiti, le torte. Era diventata un simbolo da imitare.

Insomma, piaceva a tutti. Era la donna che Vittorio Emanuele II aveva visto come la moglie ideale per il figlio, Umberto di Savoia, dopo che la sua fidanzata, l’Arciduchessa Matilde d’Asburgo, era scomparsa in circostanze tragiche: nel castello di Hetzendorf a Matilde, che per prendere parte a un ballo aveva indossato un abito di broccato verde con una sontuosa crinolina di velo, sfuggì di mano la sigaretta che stava fumando. Il fuoco incendiò la crinolina e in pochi secondi l’ avvolse uccidendola.

E così Margherita nel 1868 sposò il principe Umberto di Savoia, suo cugino. Aveva solo diciassette anni e non sapeva che lui, già da cinque, aveva un’amante più vecchia alla quale sarebbe rimasto legato per tutta la vita. Si trattava della duchessa Eugenia Bolognini, chiamata la “Bolognina” o la “Litta”, moglie dell’ambizioso e corrotto Giulio Litta Visconti. Questi, in cambio delle agevolazioni che riceveva per i suoi commerci, era ben contento di dividerla con l’erede al trono, il quale non si faceva scrupolo di portarla nella Villa Reale di Monza sotto gli occhi della consorte.

Sembra che proprio qui Margherita lo scoprì in atteggiamenti intimi con la duchessa, e che furiosa gli gridò: “D’ora in avanti sarò solamente principessa, mai più moglie”. per poi scappare a Torino. Il suocero però la convinse a tornare per ricoprire il suo ruolo di regina, e d’allora Margherita portò avanti con Umberto un matrimonio in bianco, decidendo di rimanergli accanto, ma non considerandolo più suo marito ma soltanto il suo sovrano.

L’erede, che diventerà Vittorio Emanuele III, era già arrivato, nacque nel novembre 1869, un anno prima che i sovrani si stabilissero a Roma.

Dissero che, a poco a poco, la regina si rassegnò a convivere con la rivale fino ad ammetterla, il 29 luglio 1900, a vegliare il corpo del marito assassinato a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci.

La realtà è diversa. Fra le due i rapporti furono sempre tempestosi, e vi fu addirittura un giallo rimasto irrisolto. Una sera Margherita, munita di pistola, affrontò nei giardini del Quirinale la rivale che stava salendo sulla carrozza di Umberto. Partirono due colpi, diretti a chi? Alla Bolognina o al re? Lo scandalo fu enorme. Per soffocarlo, un portavoce di corte disse alla stampa che un “cospiratore” era penetrato nei giardini.

Margherita ed Umberto continuarono a condurre ognuno la propria vita privata, ma furono anche dei sovrani collaborativi in diverse occasioni.

Lei era un vero genio delle pubbliche relazioni, rivelò subito delle grandi doti d’intuito politico e seppe accattivarsi l’entusiasmo popolare. In un’epoca, quella liberale, nella quale la politica era per pochi e lontana dal popolo, si rese conto che, nell’interesse dinastico e per il prestigio della Corona, era necessario ottenere il consenso delle masse popolari e dei ceti borghesi oltre che degli ambienti colti. Per questo intraprese con il marito Umberto, prima da principi e poi da sovrani, numerosi viaggi lungo la penisola, soprattutto al sud, che si dimostrarono dei veri bagni di folla. Margherita, infatti, sia da principessa sia da regina, ebbe sempre molto successo, sicuramente più del marito, anche grazie alle sue bizzarre abitudini poco “monarco-compatibili” come, per esempio, indossare i costumi locali, fumare sigarette, le passeggiate nei boschi, le scalate al Monte Rosa, Gran Paradiso, che “saliva” in parte a dorso di mulo e in parte a piedi. Ore e ore di cammino, notti in rifugio, ristori all’aperto a base di polenta. Le sue imprese furono raccontate da riviste italiane e straniere, tanto da essere nominata presidente onorario del gruppo femminile del Club Alpino inglese.

“Anche la regina Margherita mangia il pollo con le dita”. È questa la frase che divenne famosa dopo il viaggio della regina a Napoli nel 1889 quando, durante una cena ufficiale, le viene offerta una coscia di pollo: infrangendo l’etichetta, lo prende e lo spolpa con le mani. La violazione della rigida etichetta nobiliare traumatizza i cortigiani ma si accaparra le simpatie del popolo che la sentiva vicina.

Un altro aneddoto racconta che la Regina Margherita, durante lo svolgimento di un fastoso pranzo ufficiale al Quirinale, avendo il consuocero Nicola I in difficoltà a mangiare il pollo servendosi di coltello e forchetta, lo tolse con disinvoltura dall’imbarazzo afferrando il pollo con le mani e facendo in modo che anche gli altri commensali la seguissero a ruota.

E sapete che fu lei a coniare il famoso motto “Sempre avanti Savoia”, poi diventato “Avanti Savoia”?

In occasione di un viaggio in nave dei sovrani per la Sicilia, l’allora ministro della marina, Ferdinando Acton, consigliò loro di rimandare l’imbarco causa le condizioni metereologiche avverse. La regina però volle intraprendere lo stesso la traversata dicendo la famosa frase “Sempre avanti Savoia!” che poi diventò il grido di battaglia con il quale il Regio Esercito si lanciava all’assalto delle truppe avversarie.

E non posso non citare la leggenda più nota che riguarda la pizza Margherita: perché si chiama così?

La risposta che quasi sempre viene data è che il cuoco partenopeo Raffaele Esposito inventò un piatto con i colori della bandiera italiana per servirlo alla Regina Margherita che era in visita a Napoli. Esposito sembra dunque essere quello che ha inventato la nostra tanto amata pizza!

In effetti la storia è leggermente diversa, perché Raffaele Esposito non l’inventò ex novo in onore della regina Margherita ma diede il nome “Margherita” ad una pizza già esistente, che in quel momento richiamava i colori della bandiera italiana con pomodoro, mozzarella e basilico.

L’assassinio di Umberto il 29 luglio 1900 fu sicuramente per Margherita un motivo di grande dolore, ma seppe anche in quella circostanza rinsaldare il suo mito, comportandosi perfettamente da vedova addolorata come il popolo si aspettava di vederla. Non volle uscire di scena ma continuò ad avere molto successo fra i sudditi aumentando i suoi viaggi in giro per il mondo e le sue opere pie.

Quando i rapporti con il figlio Vittorio Emanuele III e la moglie si deteriorarono ancora di più, iniziò a trascorrere molto più tempo a Bordighera e Gressoney, luoghi a lei cari, ma in ogni caso mantenendo una grande presenza nella vita sociale.

Morì il 4 gennaio del 1926 a Bordighera e il 10 gennaio 1926 la salma venne portata a Roma, dove fu tumulata il giorno dopo nelle tombe reali del Pantheon, dove si trova tuttora.

Il convoglio funebre si fermava per breve tempo a ogni stazione per permettere a chi l’aveva amata di porgere un ultimo saluto e in questa occasione si dimostrò quanto era grande l’affetto popolare: una folla commossa ostacolava e rallentava l’andamento del convoglio ferroviario per potersi avvicinare e gettare fiori.

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