La sconfitta del 1870 travolse il Secondo Impero, portando alla lacerazione della nazione con la Comune e l’annessione dell’Alsazia-Mosella. Oggi gli storici, meno influenzati dalla propaganda repubblicana, analizzano con maggiore obiettività la responsabilità di Napoleone III nel conflitto franco-prussiano, cercando di comprendere le dinamiche che lo portarono ad accettare lo scontro con la Prussia di Bismarck. La guerra del 1870 evidenzia l’incapacità dell’Imperatore di controllare il potere tra le lotte interne al governo e l’abilità strategica del cancelliere prussiano.
Ne scrive Thierry Lentz, storico e direttore della Fondation Napoléon, in un estratto dal libro “Napoléon III, Que Sais-Je?” (1995) ripreso dal sito napoleon.org.
Eccone una sintesi:
I — Un Impero forte e fragile
Nel 1870, Napoleone III, a 62 anni, era debilitato dalla calcolosi, soffrendo dolori che gestiva con l’oppio. La sua salute sollevava dubbi sulla sua capacità di governare, ma un’abdicazione in favore del principe imperiale era prevista solo per il 1874. L’Impero dipendeva dalla sua figura, arbitro tra progressisti e conservatori. Le elezioni del 1869 mostrarono l’avanzata repubblicana, soprattutto nelle città, resa più forte dall’espansione economica che aumentò il numero di operai inclini alle idee repubblicane. Le riforme erano essenziali per mantenere il consenso popolare, bilanciando progresso e stabilità. Il plebiscito del 1870, con 7,3 milioni di sì, fu un trionfo, rafforzando la legittimità di Napoleone III nonostante l’ostilità urbana. La nomina di Émile Ollivier, ex oppositore, mirava a promuovere le riforme e placare i conservatori con misure come l’arresto di Rochefort e la repressione degli scioperi. L’Impero, pur rafforzato, restava fragile per la sua dipendenza dall’Imperatore.
II — Il conflitto inevitabile
La guerra franco-prussiana era inevitabile dopo la vittoria prussiana a Sadowa (1866). La Francia voleva mantenere il primato europeo, mentre la Prussia di Bismarck mirava all’unità tedesca. Napoleone III, impopolare in Germania come erede di Napoleone I, era un bersaglio ideale per Bismarck, che alimentava il risentimento anti-francese, sfruttando la politica francese dei “compensi” per accusarla di ambizioni sul Reno. Bismarck definì la guerra una “necessità” per l’unità tedesca, isolando la Francia diplomaticamente. Gli errori di Napoleone III, come le pretese territoriali e l’instabilità dei ministri degli Esteri (otto in dieci anni), facilitarono questo isolamento. Nel 1868, il maresciallo Niel propose una riforma dell’esercito, con una guardia mobile e un servizio militare ridotto, ma il progetto fu ostacolato dal Corpo legislativo e abbandonato dopo la morte di Niel (1869). L’esercito francese restò poco modernizzato, simile a quello del Primo Impero.
III — La marcia verso la guerra
Il plebiscito del 1870 rafforzò Napoleone III, irritando Bismarck, che cercava un casus belli. La candidatura di Leopoldo di Hohenzollern al trono spagnolo (3 luglio 1870) scatenò l’indignazione a Parigi, temendo un accerchiamento germanico. Sebbene Leopoldo ritirasse la candidatura il 12 luglio, il duca di Gramont, nuovo ministro degli Esteri e anti-prussiano, chiese una garanzia solenne di rinuncia da Guglielmo I. Il rifiuto, reso pubblico da Bismarck con la manipolata “depêche d’Ems” (13 luglio), fu percepito come un affronto. La stampa e i conservatori spinsero per la guerra, votata il 15 luglio con i crediti militari. Il 19 luglio, la Francia dichiarò guerra, isolandosi come aggressore. Émile Ollivier, pacifista, difese la guerra come “subita”, ma la sua frase “a cuore leggero” fu fraintesa e criticata.
IV — Napoleone III voleva la guerra?
Napoleone III non desiderava il conflitto, consapevole della superiorità prussiana e delle carenze del suo esercito, come riferito dal colonnello Stoffel. Sconvolto dalle battaglie in Italia e indebolito dalla malattia, rifiutò un’operazione rischiosa. Tuttavia, l’imperatrice Eugenia, i bonapartisti autoritari (Rouher, Cassagnac, ecc.) e l’opinione pubblica lo spinsero alla guerra. I conservatori vedevano nel conflitto un modo per rafforzare il regime e rimuovere Ollivier, troppo liberale. Gramont, cedendo ai “mamelucchi” del Corpo legislativo, pretese un impegno formale da Guglielmo I. La depêche d’Ems, amplificata dalla stampa, fu considerata un insulto. Durante il consiglio dei ministri del 15 luglio, Napoleone si oppose inizialmente, ma cedette a Gramont, Eugenia e ai militari. La stampa, salvo eccezioni, alimentò l’orgoglio nazionale con appelli bellicosi, e la folla parigina gridava “A Berlino!”. La salute precaria e la volontà indebolita di Napoleone lo resero vulnerabile all’astuzia di Bismarck.
V — La disfatta
La guerra fu breve e disastrosa. Napoleone III, fisicamente incapace, assunse il comando dell’esercito, partendo il 28 luglio 1870 con il principe imperiale. Non poté dirigere le operazioni né controllare gli eventi parigini. Il ministero Ollivier fu rovesciato il 9 agosto, sostituito da Cousin-Montauban e bonapartisti autoritari, incapaci di coinvolgere altre potenze. L’esercito francese subì sconfitte in Alsazia e Lorena (Spicheren, Woerth, ecc.). A Sedan, il 1° settembre, fu accerchiato; Napoleone si arrese con 84.000 uomini per evitare ulteriori perdite. Il 3 settembre, la capitolazione fu annunciata a Parigi; il 4 settembre, la folla invase il Palais-Bourbon, l’imperatrice fuggì e la Repubblica fu proclamata da Gambetta e Trochu.
VI — L’esilio e la morte di Napoleone III
Dopo Sedan, Napoleone III fu detenuto con onori a Wilhemshôhe per sei mesi, sperando in un ritorno con il sostegno popolare. La disfatta, la pace di Francoforte e la Comune dissolsero le sue illusioni. La Prussia propose la pace in cambio di cessioni territoriali, ma Napoleone rifiutò di anteporre la dinastia alla patria. Nel marzo 1871, si trasferì a Chislehurst, Inghilterra, con Eugenia e il principe imperiale, ricreando una piccola corte. La regina Vittoria garantì loro conforto e rispetto. Napoleone continuò a scrivere e ricevere sostenitori, sperando in una restaurazione. In Francia, l’armistizio fu firmato il 28 gennaio 1871; le elezioni di febbraio videro pochi deputati bonapartisti, penalizzati dalle astensioni. La decadenza di Napoleone fu votata il 1° marzo. Egli propose un plebiscito, ma i bonapartisti persero terreno, mentre monarchici e repubblicani si contendevano il potere. Thiers represse la Comune e, nel 1872, dichiarò la sua preferenza per la Repubblica. La salute di Napoleone peggiorò; operato per calcolosi il 2 e 6 gennaio 1873, morì il 9 gennaio in coma. I suoi funerali attirarono migliaia di francesi. Nel 1888, il suo corpo fu trasferito a Farnborough, accanto a quello del principe imperiale (morto nel 1879) e, successivamente, di Eugenia (1920). Le divisioni bonapartiste e il trionfo della Repubblica resero impossibile una restaurazione.