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L'Insolita Storia

“M – Il figlio del secolo” & Marinetti, nel di lui caso

Tra le tutte le considerazioni che si possono fare sullo sceneggiato M – Il figlio del secolo, tratto dall’omonimo volume di Scurati due scaturiscono immediate. Il “film” è meglio del libro. Mentre per inquadrare la prospettiva storica scelta nella finzione televisiva la chiave migliore è il ritratto che fa di Filippo Tommaso Marinetti.

A rendere M – Il figlio del secolo un “film” meglio del libro è sicuramente la regia del britannico Joe Wright, eclettico specialista del film storico. Suo anche il Churchill de L’ora più buia, 2017, (Churchill e Mussolini uniti dal regista e non dal carteggio per una volta), ma soprattutto Wright è uno specialista dei film in costume sopra le righe come l’Anna Karenina del 2012 e il Cyrano girato a Noto del 2020.

Meglio rompere le quarta parete che altro

Il Mussolini (un po’ generale Catenacci di Giorgio Bracardi) che rompe continuamente la quarta parete rivolgendosi allo spettatore come il Deadpool di Ryan Reynolds, contribuisce a rendere il M – Il Figlio del secolo molto più coinvolgente dell’opera scuratiana da cui è tratto.

Sul piano della trama, in M – Il figlio del secolo si potrebbero fare innumerevoli considerazioni sul piano storico e sul taglio scelto per la narrazione di fatti reali. Ma una in particolare consente di sviscerare facilmente il taglio dell’operazione ed è quella in merito allo spazio che ha nel racconto Filippo Tommaso Marinetti, figura di primo piano nella genesi del primo fascismo di marca sansepolcrista, che nel dramma televisivo diventa una sorta di parodia di sé stesso.

Marinetti in estasi mentre declama le parole di Zang Tumb Tumb nel salotto della Sarfatti (M. Il figlio del Secolo – Sky Studios)

Marinetti in M – Il figlio del secolo

La riflessione su Marinetti proietta anche ulteriori spunti. Sia in rapporto a come viene raccontato nello sceneggiato di Wright l’altro grande poeta precursore di quegli anni, ovvero il Gabriele D’Annunzio fiumano che giganteggia come un’eroe senza tempo (nonostante nel libro Scurati lo trattasse piuttosto male (Ne parliamo qui)).

E sul “rapporto” complicato tra la stagione futurista e la cultura italiana esemplificato dalla vicenda della mostra Il Tempo del futurismo alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

Marinetti nel salotto della Sarfatti (M. Il figlio del Secolo – Sky Studios)

M – Il Figlio del secolo e l'”omissione” iniziale di Marinetti

La figura di Marinetti è volutamente omessa nel primo episodio. Marinetti era alla fondazione dei Fasci di Combattimento il 23 marzo 1919. Era presente all’assalto all’Avanti del 15 aprile 1919. Marinetti non poteva mancare tra i candidati del blocco fascista alle elezioni del novembre 1919 (assieme a un insospettabile Arturo Toscanini, anch’egli prudentemente fatto sparire dagli sceneggiatori, per non stonare col teorema ideologico di fondo). E Marinetti sarebbe stato arrestato, come Mussolini con la stessa accusa di detenzione di armi da fuoco, nell’immediato clima post-elettorale. Eppure di tutto questo non interessa, il fascismo sansepolcrista, che pure in questa fase iniziale avrebbe affascinato anche un Toscanini, si riduce nell’affresco televisivo alla banda del futuro delitto Matteotti: Cesare Rossi (che nella finzione televisiva assume anche il ruolo amministrativo a Il Popolo d’Italia che spettava ad Arnaldo Mussolini), Amerigo Dumini e Albino Volpi. Mussolini come un (pavido) capobanda insomma.

Futurismo, Fascismo e Comma 22

Omissione che si potrebbe anche accettare. Sono le stesse omissioni che compaiono nel “micro-documentario” dedicato a Marinetti di History Channel che accompagna la serie. D’altronde sul padre del Futurismo e sul Futurismo stesso vige da anni un atteggiamento ambiguo, ben esemplificato dal Comma 22 applicato alla citata mostra inaugurata a Roma a fine 2024. Da un lato il fatto che non si possa appiattire un movimento artistico come il Futurismo sul Fascismo, e, contemporaneamente, che la mostra non contestualizzi a sufficienza l’apporto determinante del Futurismo nel successo del Fascismo. Puro paradosso del Comma 22: «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo».

Ma d’altronde che il Comma 22 sia ormai la chiave per poter apprezzare l’arte dell’esecrato periodo lo ricorda anche un libero battitore come Vittorio Sgarbi che nel volumetto che accompagna la mostra Arte e Fascismo al MART di Rovereto, titola “Nell’arte non c’è Fascismo. E nel Fascismo non c’è arte“.

Ma non c’è solo il paradosso del Comma 22 che diventa paradigma per l’arte del periodo. C’è anche il tentativo di far passare i temporanei abbandoni che Marinetti fece del fascismo come una sorta di abbandono tout court del fenomeno politico e sociale. Questo l’effetto di un’intervista dello scorso anno a Pablo Echaurren per Il Venerdì ripresa anche da Dagospia. Si parla di quella che diventerà la futura mostra e i virgolettati come «Il futurismo di destra? Ma per favore. Non scherziamo» «Marinetti nel 1920 si allontanò dal fascismo, accusandolo di guardare al passato» lasciano il lettore generalista col dubbio che quello marinettiano sia stato solo un interesse passeggero per il Fascio. Magari come quello di Toscanini.

Marinetti in Russia (da FTMarinetti.it https://ftmarinetti.it/seconda-guerra-mondiale/)

E invece Marinetti fu così convintamente lontano dal regime che partì volontario per l’Etiopia a sessant’anni suonati (altro dettaglio che sfugge al cortometraggio-documentario documentario citato) e per la Russia a sessantasei. Così così convintamente antifascista da aderire a Salò, e dedicare ancora nel maggio 1944, pochi mesi prima della morte, un aeropoema agli aviatori giapponesi e un celebre Quarto d’ora di poesia alla Xa Mas poco prima di morire. Elemento che sarà sicuramente sfuggito ai lettori di quell’articolo.

Il Marinetti del secondo episodio di M – Il Figlio del secolo

Insomma, tornando a M – Il Figlio del secolo, motivi per offuscare la figura di Marinetti da quel primo episodio non mancherebbero. Il problema, semmai, è come viene introdotto nel secondo episodio nel salotto della mefistofelica Margherita Sarfatti. “Musa mussoliniana” modellata tra lo stereotipo ottecentesco della belle juive e un personaggio appena uscito dai classici vampireschi di Anne Rice. Salotto che si riduce al solo Marinetti e un enfant prodige del violino. I vari Bontempelli & Co. non pervenuti.

Quello che compare è uno stereotipo Marinettiano che ancora declama Zang Tumb Tumb del 1914. Vero che il verso parolibero dopo un po’ stufa e che Marinetti si sia ripetuto negli anni, però siamo alla macchietta.

Il volume di Guido Andrea Pautasso Moda Futurista

E ci sarebbe da dire anche della mise scelta per Marinetti. In uno sceneggiato che di scenografia e costumi fa uno dei suoi punti di forza il look scelto per FTM appare poco marinettiano e poco futurista. Il taglio non è quello di una giacca di Futurballa o di un vestito antineutrale. E non è nemmeno una tuta alla Thayat. E lo stesso motivo geometrico è ben lontano dei panciotti futuristi.

Ma il rapporto tra la moda futurista e il cinema è complicato. Non andò meglio con le camicie e bombette fluo, i panciotti floreali e i pizzetti da “ras di periferia anni ’90” visti nel Vincere di Bellocchio del 2009.

I futuristi nel 1917 secondo Vincere di Marco Bellocchio, 2009 (Vincere – Rai Cinema)

Marinetti colonna sonora, se non mandante morale delle violenze

Il problema è però un altro. La problematizzazione del Fascismo in M – Il Figlio del secolo è ridotta a un unico elemento. Una violenza parossistica che travalica volentieri il genere dello sceneggiato televisivo per sfociare nello slasher e nel gore. Le azioni degli squadristi sembrano dirette più da Eli Roth che da Wright.

Citiamo slasher e gore non a caso (scena del 2° episodio) (M. Il figlio del Secolo – Sky Studios)

E al culmine delle violenze raccontate nel secondo episodio cosa diventa l’accompagnamento? Ma l’ineffabile Zang Tumb Tumb declamato da Marinetti in un’ennesima estasi da berserker.

Il montaggio di Marinetti che declama Zang Tumb Tumb alternato alle violenze squadriste. (M. Il figlio del Secolo – Sky Studios)

Insomma, Marinetti è ancora il caro e vecchio cattivo maestro. Forse sarebbe stato più interessante vederlo declamare versi paroliberi carichi di violenza nell’assalto a L’Avanti, invece di limitarsi alla sola viuuulentissima coppia Dumini & Volpi. Scelta di regia e di sceneggiatura si dirà. Ma fa ancora più sorridere vedere l’addio di Marinetti, nemmeno cinque minuti dopo, al secondo congresso, quando all’evocazione della parola “imbecille” capisce che è riferita a lui (sarebbe stato meglio cretino, dal “cretino fosforescente” di dannunziana memoria), e dopo la battuta del Mussolini-Catenacci sulla Reazione e Marinetti che rivendica la Rivoluzione sembra chiudersi la vicenda di Marinetti in M – Il Figlio del secolo.

Marinetti che abbandona il secondo congresso (M. Il figlio del Secolo – Sky Studios)

Come faranno gli squadristi senza la colonna sonora futurista nei prossimi episodi? Battute a parte, e le inevitabili scelte di regia e/o sceneggiatura, si comprende bene come l’aver derubricato la figura di Marinetti in queste tre sequenze dove passa da guitto, a cattivo maestro/DJ delle violenze, e farlo abbandonare il congresso un paio di scene dopo, non si limiti a ridicolizzarne la figura storica. Ma rinunci volutamente a qualunque comprensione del fenomeno storico del fascismo e dei suoi precursori.

Anticipazione: un D’Annunzio titanico?

Soprattutto alla luce di come venga trattato l’altro precursore (o prefascista per dirla con l’omonima collana dei tipi de l’Augustea del 1928). D’Annunzio e la sua Reggenza del Carnaro che assumono una dimensione epica e titanica, nonostante nel volume di Scurati fosse trattato peggio persino di Marinetti. Ma questa è un’altra storia, arrivederci alla prossima “puntata”.

Aggiornamento – Due spigolature su Marinetti, Futurismo e Fascismo

Da segnale due notizie perfettamente contradditorie in merito a Marinetti, il Futurismo e il Fascismo. Innanzitutto il tweet del critico e saggista Luca Beatrice in merito al trattamento riservato nella serie Sky a Filippo Tommaso Marinetti nel thread di Libero:

«Che c’entra Marinetti con la violenza squadrista? Sembra l’ennesimo tentativo – vedi mostra alla Galleria Nazionale di Roma – di fascistizzare il Futurismo, quando semmai i rapporti più stretti arriveranno da fine anni ’20 con l’aeropittura #OssessioneDuce».

Di segno completamente opposto Jonathan Jones, critico d’arte del The Guardian che nel presentare la mostra Breaking Lines dalle pagine del quotidiano, oltre a lanciarsi in azzardati paragoni tra Musk e Marinetti va ben oltre. E Jones chiude un paragrafo commentando: «Forse il fascismo è un’opera d’arte futurista.»1

Gioco. Partita. Incontro.

Note

1- Ecco il passaggio completo di Jones: «È facile sminuire il rapporto del futurismo con il fascismo, soffermarsi sul suo difficile rapporto con Mussolini o sul posto minore che il futurismo ebbe nell’Italia fascista. Il fatto è che il manifesto di Marinetti è la prima espressione, da brivido, dell’amore per la guerra e del culto irrazionale del nazionalismo che guidarono il fascismo. Forse il fascismo è un’opera d’arte futurista.»

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