Di redazione due da Faro di Roma del 09 agosto 2016
Agli inizi del ‘900 non si parlava ancora di diaconato femminile o di mancanza di quote rosa nella Chiesa, ma il Vaticano mostrava di essere avanti scegliendo per la Specola Vaticana, l’osservatorio astronomico e centro di ricerca scientifica della Chiesa cattolica, che fa capo al Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, quattro religiose originarie della Lombardia provenienti dall’Istituto Suore di Maria Bambina, la cui casa generalizia si trova ancora oggi nel centro di Milano.
Si tratta di Emilia Ponzoni, Regina Colombo, Concetta Finardi e Luigia Panceri che tra il 1910 e il 1922 scoprirono 40omila astri. I loro nomi sono stati riportati alla luce a seguito di una scoperta fatta nel mese di giugno da padre Sabino Maffeo, che lavora per l’Osservatorio Vaticano. Grazie a lui e alla giornalista Carol Glatz del sito Vatican News, l’identità delle quattro suore misuratrici, finora chiaramente anonime, è stata resa pubblica e le loro storie potranno essere studiate.
Tutto ebbe inizio fra il 1897 e il 1899 quando gli astronomi più famosi del mondo si riunirono in vari incontri a Parigi per provare a catalogare le stelle attraverso l’opera denominata Catalogo Astrografico (Catalogo AC o Carte du ciel). Obiettivo dei convegni che si seguirono era quello di disegnare una mappa del cielo e indicare il più precisamente possibile la posizione degli astri. Grazie a quella serie di eventi si ebbe la prima mappatura dell’universo che diede poi il via all’astronomia moderna e alle successive scoperte nello spazio. Agli incontri parteciparono esperti da ogni parte del mondo e anche il Vaticano, grazie alla lungimiranza di Papa Leone XIII, decise di inviare un proprio studioso. Il pontefice era convinto che in questo modo si sarebbe fatto sapere al mondo come la Chiesa cattolica fosse interessata alla scienza e non unicamente preoccupata su questioni teologiche e religiose.
L’esperto scelto dal Vaticano fu il sacerdote Francesco Denza, che passò poi la mano al gesuita John Hagen fatto arrivare appositamente da Washington. Per compiere al meglio i suoi studi, l’astronomo americano fece richiesta per avere alcuni aiutanti per scrivere e riportare diligentemente le coordinate delle stelle. Furono scelte così le quattro suore, che con il tempo diventarono sempre più capaci finché non furono in grado non solo di scrivere i dati, ma anche di usare l’enorme telescopio per scrutare il cielo.
«Questa storia era conosciuta nel mondo ecclesiastico, ma nessuno aveva mai trovato il nome di quelle assistenti», spiega Glatz, «Le quattro sorelle provenivano dall’Istituto Suore di Maria Bambina, la cui casa generalizia si trova tuttora nel centro di Milano». Il loro apporto per l’astronomia moderna fu enorme, tanto che il Vaticano fu uno degli Stati che contribuì maggiormente a compilare una delle prime mappe del cielo. «Una volta che alle suore fu spiegato come fare, diventarono da subito molto brave», ha detto padre Maffeo, autore della scoperta, «tanto che vennero soprannominate “le donne calcolatrici” per la loro capacità di calcolare le coordinate e le formule da riportare sui fogli».
Il loro coinvolgimento fu del tutto casuale, dato che Hagen scelse le suore di quel convento solo perché era il più vicino al telescopio e quindi le donne avrebbero potuto recarsi all’osservatorio più velocemente. Il progetto internazionale per la mappatura dello spazio cominciato a fine Ottocento andò avanti fino al 1966 permettendo di catalogare quasi 5 milioni di stelle. Se alcune di queste furono scoperte e studiate da scienziati esperti, si può dire che una parte della nostra conoscenza del cielo è da attribuire anche a quattro suore italiane, che ora potranno godere della giusta gratitudine attesa per più di un secolo. (AN)