Mostro sacro della moda francese, considerata tra le donne più influenti della storia, venne accusata non solo di collaborazionismo ma d’aver compiuto atti spionaggio a favore del nemico. La scia di profumo che collega Chanel ai servizi segreti nazisti rimane un mistero
di Davide Bartoccini da Il Giornale del 7 gennaio 2024
Gabrielle Bonheur Chanel, icona indiscussa di classe e stile, leggendaria stilista e ispirazione adorata da ogni femme fatale, era una spia dei nazisti secondo il barone Louis Piscatory de Vaufreland.
Sebbene la grande stilista abbia sempre liquidato le storie raccontate dal barone – acquisite durante i duri interrogatori cui venne sottoposto dopo il termine del conflitto – come le semplici “fantasie” di un vecchio amico che aveva servito un nemico che lei non mai disprezzato nella lunga occupazione della Francia; divenuta fedele al Governo di Vichy e infedele ma “vittoriosa” attraverso la strenua resistenza dei partigiani, degli agenti entrati a far parte del Soe, dei commando e degli aviatori della Francia Libera guidata dal generale de Gaulle in esilio; gli atti giudiziari maneggiati dalla Corte di giustizia francese, basati sulla maniacale attenzione prestata dalla nuova zelante polizia di Parigi che andava a caccia di criminali di guerra, nazisti imboscati, collaborazionisti e delatori, raccontano una storia diversa.
Mentre i maquisard combattevano come e dove potevano quei tedeschi che avevano invaso, sconfitto e occupato la Francia in pochi mesi, nell’estate del 1941 Coco Chanel, nata nella valle della Loira nel 1883, ormai navigata imprenditrice e stilista della moda più sofisticata del suo tempo, venne reclutata come spia dall’Abwehr: il servizio segreto e d’intelligence della Germania nazista. All’epoca aveva 58 anni. Alle sue spalle, una storia di vita travagliata quanto affascinante, costellata di successi, di amanti importanti, amici influenti e umili se non umilissime origini. Un romanzo di Dickens con un sottofondo cantato da Edith Piaf.
Cinquanta pagine redatte con minuziosa precisione dalla polizia francese descrivono nel dettaglio come Gabrielle Chanel, più nota con lo pseudonimo di “Coco”, adottato quando era cantante di cabaret (“donna mantenuta” nel gergo francese, ndr), e l’agente dell’Abwehr siglato come F-7117, il barone Louis de Vaufreland, nome in codice “V-Mann”, vennero reclutati dai servizi segreti del Reich dopo aver stretto solide amicizie, e nel caso di Chanel anche fugaci amori, all’Hotel Ritz di Parigi. Dove l’audace stilista aveva trovato il suo nuovo indirizzo dal 1939.
Scelto come quartier generale della Luftwaffe, l’aeronautica tedesca cui venne affidata la fallimentare pianificazione dell’invasione dell’Inghilterra, il Ritz fu per Chanel luogo d’incontri amichevoli prima, e amorosi poi. Proprio lì conobbe un ufficiale della polizia segreta nazista, la Gestapo. Anche lui barone, Hans Günther von Dincklage, oltre ad essere amico dell’Ammiraglio Wilhelm Canaris, era in stretto contatto – come consuetudine – con l’intelligence del Terzo Reich (da agente dell’Abwehr venne designato F-8680) ma non sarebbe direttamente “collegato” al reclutamento, operato invece dal vecchio amico di Coco, il suddetto barone de Vaufreland, agente “doppio” di fede nazista e d’origine francese che servì Berlino e altri, all’occorrenza.
Nome in codice “Westminster”
La missione del barone, che agiva insieme all’agente tedesco Hermann Niebuhr, alias “Dr. Henri”, era quella di “identificare uomini e donne che potevano essere reclutati, o costretti, a spiare per la Germania nazista” in Francia prima e in Spagna poi; e Coco Chanel, simpatizzante nazista con un amante nella Gestapo e una “questione” di carattere economico da chiarire intorno alla diffusione del suo noto profumo Chanel N.5, era evidentemente un profilo congruo con tale ricerca. Su lei e sul fascino di donna famosa e apprezzata si sarebbero incentrati molti abboccamenti. Ma non solo.
Amica di Sir Hoare, l’ambasciatore britannico nella Spagna neutrale – noto crocevia di spie – e vecchia amante del duca di Westminster, attraverso le sue conoscenze poteva permettere al gruppo di ottenere o scambiare informazioni importanti in una fase delicata del conflitto che comprendeva, tra le ipotesi, la ricerca di un possibile “armistizio” con la Corona inglese e il governo presieduto dal primo ministro Winston Churchill: che odiava i bolscevichi almeno quanto odiava i nazisti.
L’operazione era stata chiamata “Modellhut”, in onore dei cappellini che avevano lanciato la giovane Chanel nell’attraente mondo della moda. Divenne così l’agente F-7124, e le venne attribuito, secondo alcuni, il nome in codice eccessivamente esplicito di “Westminster”. Per il conte Joseph von Ledebur-Wicheln, agente dell’Abwehr e disertore concessosi al servizio dell’MI6 britannico nel 1944, quella non sarebbe stata l’unica operazione di spionaggio a cui Chanel prese parte. La stilista francese avrebbe intrapreso anche una “seconda missione” dopo un breve viaggio a Berlino, quella volta per conto del generale Walter Schellenberg, capo dell’intelligence delle Ss di Himmler, e sostenitore dell’idea di una “pace separata” da trovare con gli americani.
Tra Churchill e la Gestapo
I dossier messi agli atti e le dichiarazioni degli agenti doppiogiochisti che passarono al nemico, o che da imboscati vennero torchiati dalle autorità francesi, dichiarano quanto detto. Secondo ricercatori storici e giornalisti che hanno raccontato in numerosi libri e articoli ai fatti, il “misterioso” collegamento tra Chanel e la rete di spionaggio tedesca nella Seconda guerra mondiale, gli inquirenti non hanno mai svelato realmente “la profondità della collaborazione di Chanel con i nazisti nella Parigi occupata”.
È noto del resto come quelle che sono state bollate dalla Maison e dai sostenitori della stilista come semplici “infamie” da attribuire a una donna che aveva avuto un amante nazista – come molte altre francesi al tempo dell’occupazione che non avevano condiviso la sua stessa fortuna nella caccia alle streghe che fu l’épuration post liberazione – sono state rese in gran parte note solo dopo la morte della stilista.
Denunciata dai partigiani come “collaborazionista orizzontale” e “amante dei Boche” (tedeschi in gergo francese, ndr) Chanel venne arrestata e interrogata non appena Parigi fu liberata dagli Alleati; ma anche rilasciata nel giro di poche ore per ordine di Winston Churchill, che intervenne attraverso l’ambasciatore britannico presso il governo provvisorio francese di de Gaulle. Quella breve esperienza spronò Madame Chanel a rifugiarsi, appena pochi giorni dopo, a Losanna, nella Svizzera neutrale.
Il barone von Dincklage, il suo amante conosciuto all’inizio dell’occupazione di Parigi al Ritz, ufficiale della Gestapo e agente dell’Abwher, forse “doppio” come gli altri, la raggiunse poco tempo dopo.