Da un saggio sull’azione dei servizi segreti inglesi in Italia tra il 1943 e il 1945 la ricostruzione di come Leo Valiani, ai vertici del movimento partigiano, operò al servizio degli interessi di Londra. Reclutato da un altro agente, Max Salvatori, Valiani fu tra i protagonisti del 25 aprile 1945 e fu tra coloro che decisero la morte di Mussolini. Senza consultare il resto del CLNAI e contravvenendo ai patti siglati dal governo italiano. Da “Secret”, per gentile concessione dell’autore e dell’editore Macchione, pubblichiamo la storia segreta dell’agente Weiczen-Valiani
di Roberto Festorazzi da Storia in Rete 141-142
Conviene qui spendere qualche parola sul passaggio al SOE di Leo Valiani, il quale non ha ritenuto di farne cenno nelle sue memorie. Il che costituisce senza dubbio un’omissione gravissima, perché ci ha impedito, per molti decenni, di formarci un’idea della capacità di infiltrazione, ai vertici supremi della Resistenza, da parte degli inglesi. Un conto, infatti, è stabilire che quel tal personaggio avesse rapporti più o meno stretti con i britannici, tutt’altra cosa risulta invece accertare che un membro degli organi centrali del movimento di Liberazione nazionale, diciamo uno dei dieci-dodici personaggi chiave della direzione politico-strategica della Resistenza, nella sua accezione di forza militarmente organizzata, fosse uomo disciplinarmente inquadrato nella linea di comando operativa degli apparati informativi di una potenza, cobelligerante sì, ma in ogni caso straniera. Cito ancora una volta a tale proposito Canali: «Valiani cercò sempre di nascondere i suoi legami con i servizi segreti inglesi, spiegandoli come un semplice aiuto per consentirgli di attraversare le linee nemiche, e quindi facendo implicitamente intendere, nelle sue testimonianze, che i loro rapporti erano cessati più o meno nell’ottobre del 1943, quando, attraversata la linea Gustav, egli aveva raggiunto, a piedi, Roma occupata, prendendo contatto con il gruppo dirigente clandestino del Partito d’azione. Ma a smentire questa versione dei suoi rapporti con il SOE , ci sono, le testimonianze dei documenti inglesi, riassunte infine in una nota “Riservata” del SOE al Consolato generale inglese a Roma, in data 24 agosto 1945, relativamente a Leo Valiani, in cui si può leggere: “Il menzionato italiano ha fornito preziosi servizi in collegamento con il SOE nel territorio occupato dal nemico ed è divenuto uno dei leader del movimento di Resistenza italiano”».
Inoltre, lo stesso Valiani, alla fine della guerra, compilava una dichiarazione del seguente tenore: «Io, Leo Valiani, qui dichiaro e certifico che dal 25 luglio 1945 la mia associazione con N.1 Special Force è ufficialmente cessata e che io non ho richieste finanziarie o di altra natura da sollevare nei confronti di N.1 Special Force in Italia o altrove. 26 luglio 1945. Firmato Leo Valiani». Ricostruiamo ora i passi dell’attività di Valiani, nel suo triplice ruolo di esponente di spicco del Partito d’azione, di agente del SOE , nonché di membro del cosiddetto Comitato insurrezionale, il triumvirato che accentrò i poteri relativi all’insorgenza del 25 aprile che si concluse con la fucilazione di Mussolini. […] Alla luce dell’accertata appartenenza di Valiani al SOE , vanno lette sotto una diversa luce le sue partecipazioni ai vertici con gli inglesi, svoltisi in Svizzera e in Francia. Evidentemente, non vi prendeva parte soltanto in qualità di membro azionista del CLNAI, ma anche quale cinghia di trasmissione della volontà britannica dentro il cuore della Resistenza italiana. In particolare, di grande rilevanza furono i colloqui svoltisi, a Berna, nell’ottobre del 1944, tra il presidente del CLNAI, Alfredo Pizzoni, Valiani e il colonnello Cecil Roseberry, referente specialista per l’area italiana (dipartimento J) del SOE , presso il War Office di Londra. […] Il 28 febbraio 1945, Valiani giunse una seconda volta a Berna accompagnato dal generale Raffaele Cadorna, comandante del Cvl e dunque numero 1 del vertice strategico militare della Resistenza. Valiani e Cadorna incontrarono McCaffery, poi furono trasportati a Lione, per colloqui con Roseberry. Risulta del tutto chiaro, a questo punto, che Leo Weiczen [nome originale di Valiani prima della sua italianizzazione NdR] rappresentasse l’elemento di raccordo tra gli inglesi e i vertici della Resistenza. Ne fornisce una conferma plastica lo stesso oggetto degli incontri con Roseberry dell’ottobre del 1944. Quando i due emissari del CLNAI, Valiani e Pizzoni, furono al cospetto del colonnello britannico, si sentirono domandare se «nell’ipotesi d’uno sfondamento alleato del fronte tedesco in Italia e della marcia delle divisioni anglo-americane, attraverso il Veneto, sull’Austria, il CLNAI sarebbe stato in grado di assumere i poteri politici e amministrativi nelle regioni nord-occidentali». Quello che premeva agli inglesi era di saggiare il reale grado di affidabilità dei supremi comandanti della macchina da guerra della Resistenza, in funzione di supporto all’avanzata delle forze alleate verso Nord.
Scrive Mauro Canali: «A partire dal dicembre 1944, i servizi segreti inglesi cominciano a impegnarsi per inviare nel Nord Italia occupato dai tedeschi un loro uomo che rappresentasse un collegamento fra i comandi alleati e il CLNAI. Notizie al riguardo di tale missione le troviamo in un cifrato in data 26 dicembre 1944, con il quale il SOE di Londra avverte che si cercherà d’inviare il più presto possibile nell’Italia settentrionale Max, che dovrà svolgere nei confronti del CLNAI il ruolo del “cane da guardia politico (political watchdog)”. In definitiva Max sarebbe stato il controllore (watchdog) dei vertici del movimento partigiano. Per una serie di contrattempi dovuti alla difficoltà a fargli attraversare la frontiera italiana dalla parte svizzera, Max Salvadori, come precisa egli stesso in una memoria scritta per Renzo De Felice, toccò il suolo, lanciato con paracadute, solo il 4 febbraio 1945, portandosi subito a Milano per prendere contatti con i capi del CLNAI». In un tale quadro, sono destinate ad assumere una rilevanza speciale le richieste, avanzate dalla centrale londinese del SOE alla sua “filiale” newyorkese, e volte a raccogliere informazioni sul grado di affidabilità politica di Valiani, di cui era noto il passato comunista, fino al 1939. Da parte britannica, infatti, si teme l’eccesso di influenza che il Pci pare aver conquistato all’interno del fronte resistenziale: uno strapotere che potrebbe ipotecare gli equilibri futuri, riducendo la capacità degli inglesi di contare negli assetti postbellici. Da New York perviene tuttavia una risposta tranquillizzante: Leo Weiczen è elemento su cui poter riporre assoluta fiducia, dato che assunse, fin dai tempi della sua permanenza in Messico, tratti identitari anticomunisti. Giunto dunque a Milano, Max Salvadori lavora in stretto raccordo operativo con il suo uomo dentro quel vertice clandestino del CLNAI che si prepara ad assumere, seppure in via provvisoria, un potere istituzionale, o semi-istituzionale. Nonostante le ambiguità di forma, un documento appare cruciale, nell’attribuzione a Valiani e Salvadori di un ruolo decisivo nel condurre la partita dell’epilogo di Mussolini al suo esito cruento.
Nella già citata memoria scritta per Renzo De Felice, Salvadori mise a fuoco il peso determinante dell’influenza britannica. Colpisce, anzitutto, il tono sprezzante della testimonianza, per ciò che si riferisce al Duce, il quale viene descritto con poche espressioni liquidatorie, non soltanto del suo residuo prestigio morale, ma anche della sua reale capacità di presa sulla società della Rsi. Descrivendo infatti il dittatore come un uomo del tutto avulso dalla realtà, Salvadori così afferma: «Mussolini semplicemente non interessava il Comando alleato. Non disponeva di forze armate, né regolari né irregolari: non esisteva una forza politica sulla quale avrebbe potuto fare affidamento; non aveva seguito nella popolazione». Giudizi assai confutabili, perché il regime di Salò si fondò su forze militari e su di un partito politico che non erano spettri evanescenti. Ciò che assume una rilevanza determinante, ai nostri fini, è il lungo passo della memoria che si riferisce, in certo senso, al disimpegno calcolato dei britannici rispetto alla scelta italiana – deliberata unitariamente da tutte le forze del CLNAI, non soltanto dai partiti di sinistra: anche se saranno poi questi ultimi a difenderla e a rivendicarla con più tenacia – di procedere alla esecuzione sommaria del Duce. In tale ottica, si comprende la ragione dell’affermazione precedentemente riferita, riguardo all’inconsistenza di Mussolini. Con un corollario di tutta evidenza: siccome il dittatore rappresenta il nulla, in quanto non vi è niente nella sua persona che possa muoverci a una qualche forma di scrupolo o di preoccupazione estrema circa la sua sorte, siano gli italiani a occuparsene. Questo singolare agnosticismo inglese, che si può riassumere con la formula pilatesca del “lavarsi le mani”, del “chiamarsi fuori”, nasconde in realtà titoli di responsabilità ben precisi. Se ci si fida delle apparenze, potrebbe sembrare che, essendo perfettamente a conoscenza del fatto che nel CLNAI e nel Cvl si stia determinando una spinta a procedere all’eliminazione sommaria di Mussolini, i britannici abbiano avuto buon gioco nel dichiararsi estranei a quella decisione, limitandosi ad assecondarla. In realtà, noi sappiamo che non fu così. Avvenne cioè il contrario, e cioè la determinazione unanime degli organi di direzione strategica della Resistenza di ammazzare il Duce senza processo fu il risultato dell’azione infiltrante degli inglesi nel vertice stesso del CLNAI e del Cvl, attuata grazie allo stretto raccordo operativo Valiani-Salvadori. Non, dunque, un colpo di mano, ma il naturale esito di un pervicace lavoro svolto sotterraneamente.
Ma ecco la testimonianza di Max-Sylvester: «Avevo partecipato alle riunioni del CLNAI che avevano avuto luogo dopo il mio arrivo a Milano ma solo come osservatore, senza mai prendere la parola. L’unica eccezione fu durante una riunione tenuta dopo il 25 aprile quando venne annunciato che Mussolini era stato arrestato dai partigiani nella zona del lago di Como. Come scrissi in “Resistenza ed Azione” (p. 297) in quell’occasione presi la parola. Avevo preparato mesi prima la prima bozza dell’accordo poi firmato a Caserta; ero a conoscenza del testo finale: per il Comando alleato, il CLNAI era il delegato del governo italiano in territorio occupato dal nemico e come tale esercitava funzioni governative; venendo a cessare l’occupazione nemica, il CLNAI esercitava funzioni di governo fino al momento dell’instaurazione dell’Allied military government (Non bastava che vi fosse in giro qualche ufficiale dell’AMG, occorreva – per subentrare al Cln – che l’AMG fosse installato formalmente). Al CLNAI, dotato di poteri governativi, spettava di decidere cosa fare con Mussolini; se Mussolini si trovava in carcere al momento in cui entrava in funzione l’AMG, la giurisdizione del CLNAI veniva a cessare e subentrava quella dell’AMG. La situazione dei giorni che precedettero l’arrivo delle truppe alleate e degli ufficiali dell’AMG corrispondeva ad una situazione di stato d’assedio quando il governo viene investito di poteri straordinari. La fucilazione di Mussolini e di altri gerarchi rientrava nel quadro di quella situazione». Dunque, la regia attenta degli inglesi fece in modo, che nella vacanza di poteri, o meglio nell’intervallo tra l’inizio dell’insurrezione e l’arrivo degli Alleati con l’instaurazione dell’AMG, potesse compiersi l’epilogo auspicato, sotto la responsabilità del CLNAI che era il legittimo rappresentante al Nord del governo monarchico di Roma. Altre possibili interpretazioni non vi sono, o se sussistono, sono fuorvianti. Max Salvadori nel dopoguerra fu decorato dagli inglesi con la Military Cross e il Distinguished Services Order. Dal 1945 al 1973, insegnò Storia e Politica, allo Smith College, a Northampton (Massachusetts, Usa), con alcune interruzioni per incarichi all’Unesco, a Parigi, e alla Nato. Scomparve a Northampton, il 6 agosto 1992. Quanto a Leo Valiani, tra le firme più prestigiose del «Corriere della Sera», fu nominato senatore a vita dal presidente Sandro Pertini, nel gennaio del 1980. Il socialista Pertini era stato tra i più strenui sostenitori dell’opzione cruenta, riguardo alla sorte ultima di Mussolini, sostenendo, in un famoso discorso radiofonico del 27 aprile 1945, che questi meritasse di essere ammazzato «come un cane tignoso». La nomina di Valiani al laticlavio costituisce la prova più evidente della linea di solidarietà che, attraverso i molti silenzi, legò tra loro i protagonisti della fine del dittatore. L’ex agente del SOE morì novantenne il 18 settembre 1999.
[Per gentile concessione di Macchione Editore]