Una ricerca internazionale ha appurato la natura italica degli Etruschi, escludendo un loro arrivo “recente” dalle regioni orientali. Resta però il mistero della lingua che non ha matrice indoeuropea.
Redazione Agorà sabato 25 settembre 2021
Gli etruschi un popolo misterioso, dalle origini incerte e dalla lingua incomprensibile? Non più. Se sulla lingua ormai le conoscenze sono molto avanzate, un recentissimo studio internazionale ha demolito anche l’ultimo mito etrusco, ossia la provenienza da Oriente. Attraverso infatti l’esame del Dna antico è stato dimostrato che gli Etruschi condividevano il profilo genetico dei Latini e che gran parte del loro genoma derivava da antenati provenienti dalla steppa Eurasiatica durante l’età del bronzo.
Lo studio pubblicato su “Science Advances” è stato coordinato dalle Università di Firenze, Jena e Tubinga ed ha coinvolto ricercatori provenienti da Italia (oltre all’Ateneo fiorentino, Università di Siena, Università di Ferrara, Museo della Civiltà di Roma), Germania, Stati Uniti, Danimarca e Regno Unito. La ricerca fa luce sull’origine e sull’eredità degli Etruschi grazie all’analisi sul genoma di 82 individui dell’Etruria e dell’Italia meridionale, vissuti tra l’800 a.C. e il 1000 d.C..
Sebbene gli archeologi ritengano già da tempo che gli Etruschi abbiano avuto un’origine locale ed alcune ricerche sul Dna antico, in passato, abbiano anche suffragato questa ipotesi solo con questo nuovo studio, che indaga per la prima volta genomi completi, si sono potute dare risposte definitive sull’origine di questa popolazione. Le informazioni genomiche derivate da un campionamento esteso su un arco temporale di quasi duemila anni e dodici siti archeologici, esclude quindi un recente movimento di popolazioni dall’Anatolia.
Lo studio sul Dna però, paradossalmente, complica la questione della lingua degli Etruschi. Considerando che i gruppi legati alla steppa furono probabilmente responsabili della diffusione delle lingue indoeuropee, la persistenza di una lingua etrusca non indoeuropea in Etruria, spiegano i ricercatori nell’articolo su “Science Advances”, è un fenomeno che richiederà un’ulteriore indagine archeologica, storica, linguistica e genetica: “Questa persistenza linguistica, combinata con un ricambio genetico, sfida la tesi che i geni siano uguali alle lingue – afferma David Caramelli, docente di Antropologia all’Università di Firenze – e suggerisce uno scenario più complesso che potrebbe aver coinvolto l’assimilazione dei primi popoli italici da parte della comunità linguistica etrusca, forse durante un periodo prolungato di mescolanza nel secondo millennio a.C.”.
A cavallo tra l’età del ferro e il periodo di Roma repubblicana, il patrimonio genetico etrusco è rimasto lo stesso per almeno 800 anni. Lo studio sul patrimonio genetico si è esteso sotto il profilo cronologico rilevando che durante il successivo periodo imperiale romano, l’Italia centrale ha subito un cambiamento genetico su larga scala, derivante dalla commistione con le popolazioni del Mediterraneo orientale, che probabilmente includevano schiavi e soldati trasferiti attraverso l’Impero Romano.
Guardando al più recente Alto Medioevo, i ricercatori hanno invece identificato antenati dell’Europa settentrionale che si sono diffusi in tutta la penisola italiana in seguito al crollo dell’Impero Romano d’Occidente. Questi risultati suggeriscono che i
migranti germanici, compresi individui associati al Regno Longobardo di nuova costituzione, potrebbero aver lasciato un impatto rintracciabile sul paesaggio genetico dell’Italia centrale.
Nelle regioni della Toscana, del Lazio e della Basilicata c’è continuità nel patrimonio genetico della popolazione tra l’Alto Medioevo e oggi. Questo dato lascia intendere che il principale pool genetico delle persone attuali dell’Italia centrale e meridionale si sia in gran parte formato almeno 1000 anni fa. Sebbene sia necessario ottenere ulteriori dati di Dna antico da tutta Italia per supportare questa ipotesi, i cambiamenti di discendenza in Toscana e nel Lazio settentrionale simili a quelli riportati per la città di Roma e i suoi dintorni suggeriscono che gli eventi storici durante il primo millennio d.C. abbiano avuto un impatto importante sulle trasformazioni genetiche in gran parte della penisola italiana.